Tuesday, October 28, 2008

L- Léo Malet: Pandemonio a Rue des Rosiers

 “I miei occhi riconoscenti si attardano sulla graziosa figura che osservo dal basso verso l’alto. È un regalo, un piacevole riposo per loro. È giovane, graziosa. Assomiglia all’attrice Gaby Bruyère. I capelli dai riflessi di rame le ricadono sciolti sulle spalle. La sua vestaglia si apre. La camicia da notte di nylon rosa, dal generoso scollo, la sveste più di quanto non la vesta. Molto gradevole. Simpatico. Riposante. Ciò che lo è meno è che mi punta addosso un revolver di grosso calibro.”(1)

 

 

Île Saint-Louis: il pittore Fred Baget, risvegliatosi ancora sbronzo dopo un movimentato festino, si ritrova in casa il cadavere di una giovane sconosciuta avvolto in un’impermeabile dal taglio maschile. Candidato per la “Legion d’Onore” e dunque interessato a discolparsi evitando lo scandalo, l'uomo convoca l’amico Nestor Burma, titolare dell’agenzia investigativa “Fiat Lux”.

Disposto a collaborare con la polizia (ma non senza la consueta reticenza), Burma interroga il giornalista Ditvrai, amico del pittore e proprietario dell’impermeabile divenuto insolito sudario, identificando la vittima come Rachel Blum, sarta. Le indagini lo portano allora nel IV arrondissement, il quartiere ebraico nel quale regnano omertà e diffidenza nei confronti dei gentili, e le memorie dell’olocausto sono ancora estremamente vive.

Deciso, come di consueto, ad andare fino in fondo, Burma non si lascia impressionare dal solido muro di silenzio eretto da bottegai e parenti della vittima, ma un misterioso militare israeliano e una banda di maneschi macrò pronti ad ingaggiarlo per rintracciare un sopravvissuto dell’olocausto, sono sulle sue tracce, e forse, per risolvere il caso e salvare la pelle (la sua e quella della sua bella assistente Hélène), il detective sarà costretto a scendere a patti con la malavita…


La prosa di Malet è parigina quanto lo sono il Moulin Rouge, Montmartre e la Tour Eiffel. Le pagine poggiano su una conoscenza approfondita di architettura e urbanistica della Ville Lumière, e da questa traggono sostegno e alimento. In Pandemonio a Rue des Rosiers le caratteristiche cittadine non si limitano ad imporre un senso allo svolgimento della trama, ma fanno eco al carattere dei personaggi (o sono questi ultimi a personificare le caratteristiche ambientali: la facciata rispettabile dell’Île Saint-Louis rappresentata dalla rispettabilità a rischio del pittore Baget, l'imperturbabilità granitica del monumento alle vittime dell’olocausto testimoniata dal carattere inumano del vendicativo Moyes ecc.).

Le descrizioni evocative e i dialoghi incredibili, difficilmente fruibili in originale (l’ampio uso dell’argot e il forte gusto dell’autore per la citazione e la costruzione intertestuale rendono la lettura in lingua un compito piuttosto arduo) sono ben tradotti dalla bravissima Federica Angelini (alla quale la casa editrice ha saggiamente affidato la traduzione di tutto il ciclo dei Nuovi Misteri di Parigi). 

Lo stile di Malet è, come di consueto, ironico, confidenziale, ritmato, fumoso, meravigliosamente retrò, perfetto; una vera benedizione in un mondo dominato dai paperbacks.


Un romanzo impedibile per gli appassionati del polar e del buon poliziesco in generale, per amanti e nostalgici della Ville Lumière, e per chi ancora cerchi sulla pagina stampata le atmosfere, i luoghi, i fumi, le nebbie, i passaggi oscuri dei film di Carné.

 

 Il romanzo Pandemonio a Rue des Rosiers di Léo Malet è edito in Italia da Fazi.

 

 

 

(1) Léo Malet, Pandemonio a Rue des Rosiers, Fazi Editore, Roma 2003, p. 77.

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Monday, October 27, 2008

C- Woody Allen: Vicky Cristina Barcelona

Le giovane Vicky (Rebecca Hall), calma e posata studentessa americana ad un passo dal matrimonio, decide di concedersi una vacanza-studio dagli zii a Barcellona per terminare una tesi universitaria sull’identità catalana. Accompagnata dall’amica Cristina (Scarlett Johansson), un’aspirante artista impulsiva, estroversa e sempre alla ricerca del grande amore, Vicky si dedica con passione alle bellezze artistiche della città catalana. Quella che sembra destinata ad essere l’ultima estate di spensieratezza di due ragazze ormai a ridosso della trentina si trasforma però in un’esperienza ben diversa quando Vicky e Cristina incontrano il pittore Juan Antonio Gonzalo (Javier Bardem). Innamorate dello stesso uomo, le due ragazze intrecciano una relazione con Juan Antonio, ma la ex-moglie di lui (Penelope Cruz) non è pronta ad allontanarsi, e le cose precipitano fino a rasentare la tragedia…

 

L’intreccio del film, quasi inesistente, è poco interessante, poco credibile, già visto. La morale è quantomeno ambigua. Il ritmo è nullo. Le scene erotiche (occupano venti minuti buoni di pellicola), camuffate dietro inutili sfocature, “ascoltate” in fuoricampo, o interpretate da attori completamente vestiti sono insopportabili. Il doppiaggio è terribile. La recitazione è mediocre, piatta, poco credibile: fa eccezione solo Penelope Cruz, che per una volta convince, anche se forse è solo per il contrasto con un cast formato da attori costosissimi e mediocri…

Belli gli esterni spagnoli, virati sul giallo e sull’arancio, ma certo non valgono il prezzo del biglietto.

Un'opera assolutamente deludente.




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Thursday, October 23, 2008

L- Paco Ignacio Taibo II: Stessa città stessa pioggia

(Particolare da Diego Rivera, Sogno di una notte domenicale nell'Alameda, 1947).


Hector Belascoarán Shayne è tornato in vita(1). Segnato sul dorso da una ragnatela di fori di proiettile e spaventato al punto da risvegliarsi all’interno di un armadio a muro (e con le mani tremanti e sudaticce che corrono in maniera automatica alla fondina ascellare) dopo essersi addormentato su un letto, il detective messicano, vivo abbastanza per riprendere il suo lavoro, viene ingaggiato, con il pretesto di vendicare una giovane moglie vittima di violenza domestica, dalla misteriosa e avvenente Alicia. Dopo un breve pedinamento Belascoarán si rende conto che Luke Medina, cubano espatriato a Miami appena giunto a Città del Messico, è in realtà un agente CIA impegnato nella organizzazione di un losco traffico d’armi e di stupefacenti (reso possibile dall’appoggio di alcuni alti papaveri della polizia messicana).

Deciso a chiarire la situazione, e far luce sui suoi datori di lavoro, oltre che su Medina(2), Belascoarán è pronto a rischiare nuovamente la vita. Alla fine, per cavarsi d’impaccio, avrà bisogno dell’aiuto di una banda di improbabili mariachis(3)...

 

Paco Ignacio Taibo II non si limita a parodiare, a sovvertire i clichés del romanzo Hard Boiled(4):  la sua prosa ironica e scorrevole, politicizzata ma fortunatamente priva di demagogia, attraversata da una forte vena populista  costringe il lettore a riflettere. Lo stile è fresco, divertente. I personaggi, piacevolmente farseschi (ma poi anche incredibilmente umani), si muovono e parlano come folli, dal surreale incipit al chiassoso finale dell'opera. L’intreccio, complesso e strutturato come si conviene ad un giallo, è risolto in una interminabile sequenza di incidenti ed errori che diverte e avvince il lettore.

 

Il romanzo Stessa città stessa pioggia di Paco Ignacio Taibo II è edito in Italia da Marco Tropea.

 

 

 

(1)La resurrezione di Belascoarán non è certo un fatto unico nella storia del giallo: persino Sherlock Holmes, morto nel 1893 al termine del romanzo The final problem fu in seguito resuscitato da Sir Arthur Conan Doyle anche per accontentare le insistenti richieste dei lettori. Se però la resurrezione di un eroe razionalista come Holmes richiedeva una spiegazione plausibile, nel caso dello strampalato e pragmatico Belascoarán, una ironica Nota dell’autore (Paco Ignacio Taibo II, Stessa città stessa pioggia, Marco Tropea Editore, Milano 2003, pp. 7-8), dal gusto squisitamente postmoderno, è più che sufficiente per i lettori, tanto più che, come spiega l’autore (Ivi, p. 7), i responsabili della resurrezione sono proprio loro.

(2)Il naturale odio provato dal detective nei confronti di Medina è rafforzato dalle informazioni avute da alcuni anonimi “amici” (servizi segreti messicani? Gruppi rivoluzionari? Cardenisti? Bande di contras avverse a quelle in affari con il cubano?) che lo vorrebbero direttamente coinvolto nell’omicidio di Che Guevara.

(3) Nel meraviglioso finale, come in un improbabile incrocio tra L’opera da tre soldi di Brecht e Weill e Desperado di Robert Rodriguez, alcuni squattrinati e strampalati mariachis assaltano, revolver in pugno, una banda di contrabbandieri nicaraguesi ed una di poliziotti messicani corrotti.

(4) Paco Ignacio Taibo II viola tutte le regole: il suo protagonista è assolutamente pavido (l'amplificazione delle paure del detective, erede diretto di una serie di investigatori duri e imperturbabili è esagerata, utilizzata in chiave anti-realistica fino a raggiungere effetti grotteschi), è tutt'altro che infallibile, non prova un amore particolare per la detection, ecc.

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Saturday, October 18, 2008

L- Pierre Boileau e Thomas Narcejac: I diabolici

La vita regolare e monotona dell’agente di commercio Fernand Ravinel nasconde un terribile segreto: per due anni l’uomo, malato di cuore e tutt’altro che temerario, ha progettato insieme all’amante (ed ex medico curante) Lucienne Mogard, una donna che nasconde, dietro l’apparenza gentile e iper-professionale, un carattere ambizioso, autoritario e crudele, l’omicidio di sua moglie Mireille, alla quale ha fatto firmare una polizza d’assicurazione sulla vita.

Trascorso il periodo richiesto dall’assicurazione per liquidare il premio in caso di suicidio, Ravinel e Lucienne uccidono Mireille inscenando un decesso accidentale.

Assalito dai sensi di colpa nel momento stesso in cui ha dato il via al terribile piano (è stato costretto a mantenere il suo triste proposito dall’intervento della determinata Lucienne), e momentaneamente abbandonato dalla sua complice, Fernand viene turbato da alcune apparizioni della moglie defunta; decide allora di controllare, mandando all’aria tutte le precauzioni prese in precedenza, il cadavere di Mierille. Arrivato sul posto scopre però che il corpo è scomparso…

Lo stile è perfetto, buio, umido, ristretto ma efficace: sembra di vedere la luce fioca delle lampadine d’una volta, di sentire l’odore delle pareti umide, del fumo, dei liquori, di udire il rumore dei tacchi sulla ghiaia e il rombo delle vecchie automobili sulle strade periferiche.

La ricostruzione psicologica di Ravinel, sospeso tra gioia e rimorso, paura e senso di trionfo, sollievo e  dolore, è meravigliosa.

L’intreccio, per quanto noto a molti per via degli adattamenti cinematografici(2), non ha perso il suo fascino, e, grazie alla scrittura lucida e ritmata di Boileau e Narcejac, il romanzo avvince anche i lettori informati sui fatti.

Nato nel 1952 dall’incontro tra il quasi esordiente Pierre Boileau e Thomas Narcejac(3), professore di lettere, teorico del romanzo poliziesco(4) e scrittore a tempo perso, rifiutato a più riprese dalle case editrici transalpine in quanto troppo “sperimentale”, I diabolici rende perfettamente giustizia all’impegno dei due autori, intenzionati ad “umanizzare il romanzo […] conferire al poliziesco la dignità di opera letteraria”(5).

Preciso come un orologio e stilisticamente perfetto, attraversato da un'ampia vena gotica che lascia il passo, sul finale, ad uno sconfortante realismo, sostenuto da un'amara (ma lucidissima) visione del mondo e dei rapporti umani,  I diabolici è uno dei capolavori assoluti del “nero” europeo.


Il romanzo I diabolici di Boileau e Narcejac è edito in Italia da Fazi.

 

 

 

(1) Dal romanzo I diabolici di Boileau e Narcejac sono stati tratti l’omonimo film del 1954 diretto da Henri-Georges Clouzot ed interpretato da Simone Signoret e Michel Serrault, e il men che mediocre Diabolique (1996), di Jeremiah Chechick che vedeva Sharon Stone e Isabelle Adjani nei panni delle due protagoniste femminili.

 (2) In seguito il loro sodalizio avrebbe dato vita ad altre opere di pregio come il romanzo La donna che visse due volte, immediatamente acquistato da Htichcock e utilizzato come soggetto per il film Vertigo.

(3) Nel 1947 era uscito, per i tipi di Le Portulan, il saggio Esthetique du Roman Policier, di Thomas Narcejac.

(4) Cfr. Luigi Bernardi e Francesca Rimondi, Boileau e Narcejac: le risorse del male, in Boileau e Narcejac, I diabolici, Fazi Editore, Roma 2003, pp. 175-182.

(5)Come d’abitudine sono state introdotte, nel passaggio dalla cellulosa alla celluloide, una serie di modificazioni al soggetto originale, alcune delle quali, ci pare di poter affermare, servono a stemperare l’ambiguo rapporto tra le due donne…

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Wednesday, October 15, 2008

L- Joe R. Lansdale: Atto d’amore

 Anni ’80. La città di Houston è terrorizzata dal “Macellaio”, un maniaco omicida che violenta e cannibalizza le proprie vittime. Mentre i detecitve Hanson e Clark, che si occupano del caso, brancolano nel buio, un reporter senza scrupoli, spalleggiato dal proprio direttore editoriale, si serve di un contatto all’interno del dipartimento di polizia per diffondere dettagli riservati. La situazione, sempre più tesa e difficile (anche perché gli inquirenti sospettano che l’assassino possa essere un membro del dipartimento) man mano che il numero delle vittime aumenta, sembra destinata a precipitare, finché il “Macellaio” decide di prendersela con il duro Marvin Hanson e con la sua famiglia…


 Scritto nel 1979 e pubblicato nel 1981 dall’allora esordiente Joe R. Lansdale (all’epoca un trentenne dalla mentalità profondamente americana, cresciuto a forza di Hamburger, storie pulp e true crime), stilisticamente scorrevole, minimale, affilato, ma sempre ad un passo dal kitsch, debitore un po’ dei romanzi dell’87° distretto di Ed McBain e un po’, insospettabilmente(1), del saggio Anatomia della distruttività umana di Erich Fromm, costruito, almeno fino al velocissimo, travolgente finale, cercando l’effetto sorpresa (2), piuttosto che la suspence, a tratti convenzionale ma mai spiacevole o banale, Atto d’amore è l’archetipo del poliziesco letterario/cinematografico degli anni ’80.  

Incentrato sulla differenza tra legalità e giustizia, tra dovere e volere dei rappresentanti dell’ordine, tra termini di legge e bene della comunità, luogo di un confronto etico che è poi topos tanto presente nel poliziesco degli anni ’80 (con i suoi mille giustizieri, detective individualisti e pronti a inseguire vendette personali ecc.) da risultare quasi abusato, il romanzo risponde in maniera fortunatamente equilibrata, senza mostrare simpatia eccessiva per il maniaco omicida o per il giustiziere.

Meritevole la scelta di approfondire la psicologia distorta del maniaco facendo riferimento alla documentazione psicanalitica e psichiatrica.

Un promettente esordio; un tuffo nel passato di un autore di grande successo, in buona parte meritato.

Il romanzo Atto d’amore di Joe R. Lansdale è edito in Italia da Fanucci.

 

 

 

(1) Ma è l’autore stesso a confessarlo nella postfazione al volume (Cfr. Joe R. Lansdale, Atto d’amore, Fanucci, Roma 2008, pp. 263-271).

(2) Gli espedienti sono a volte troppo visibili, e i lettori più smaliziati sentiranno forse stridere il meccanismo della narrazione nei capitoli 12-15.

 

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Thursday, October 09, 2008

L- Dashiell Hammett: Un matrimonio d’amore

Il duro Alexander “Alec” Rush, ex pugile ed ex poliziotto espulso dal dipartimento di Baltimora per corruzione e riciclatosi come investigatore privato, viene ingaggiato da un uomo misterioso per seguire la giovane signora Sara Landow, (alla quale dichiara di essere legato da un semplice rapporto d’amcizia) che ritiene pedinata da un losco individuo.

Convinto da un anticipo di cinquanta dollari ad occuparsi di un caso dai contorni alquanto confusi (il cliente è tanto reticente da rifiutarsi di rivelare il proprio nome al detective), Rush segue la giovane donna ed entra in contatto con il misterioso pedinatore, che afferma di essere stato ingaggiato da due signore, entrambe ansiose di vedere la Landow morta. L’ex poliziotto decide allora di vederci chiaro, e per farlo dovrà spingersi ben oltre lo svolgimento del compito per il quale è stato pagato…

 

Nel brevissimo Un matrimonio d’amore si ritrovano tutti i temi e i personaggi principali della narrativa hammettiana (e in seguito dell’americana “Scuola dei duri”), dalle donne fatali ai clienti reticenti, dai truffatori arrivisti al detective squattrinato ed alle amanti autoritarie, dalla corruzione diffusa(1) alla detection che passa da semplice “mestiere” a compito morale svolto senza prospettiva di retribuzione.

La prosa, iper-realistica, scarsamente descrittiva, piacevolmente ironica, che impreziosisce le opere più note di Hammett(2), si adatta perfettamente anche ai romanzi brevi. I personaggi ben tracciati, la meravigliosa ambientazione retrò, i dialoghi tanto naturali da risultare impagabili fanno di Un matrimonio d’amore una piccola perla della narrativa noir rimasta malauguratamente inedita fino a tempi recenti, e tutt’ora esclusa dalla più prestigiosa e completa raccolta di scritti hammettiani (3).

Il romanzo breve Un matrimonio d’amore di Dashiell Hammett è edito in Italia da Sellerio.

 

(1) I clienti dei detective hammettiani, di ceto elevato, sono in genere corrotti tanto quanto i piccoli truffatori, i ladruncoli da quattro soldi, i ricattatori che li minacciano ecc., e meno giustificabili in quanto privi di preoccupazioni economiche.

(2) Povero di immagini rispetto a quello del contemporaneo Chandler, lo stile di Hammett è certamente uno dei punti più alti raggiunti dal realismo minimalista americano.

(3) Ci riferiamo al volume Dashiell Hammett, Romanzi e Racconti, “I Meridiani”, Mondadori, Milano 2004.

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Wednesday, October 08, 2008

L- Eric Ambler: Motivo d’allarme

(Immagine: Mario Sironi, Paesaggio urbano, 1922).


Milano, fine anni ’30: un uomo cammina cauto nella notte nebbiosa. Ogni tanto si volta per accertarsi di non essere seguito. Alza il bavero del cappotto, gira un angolo e viene travolto da una lunga automobile scura. Il passeggero smonta, controlla le condizioni della vittima, costringe l’autista a ripassare sul corpo in retromarcia, osserva soddisfatto il cadavere, risale, e la macchina si allontana. 

 Nick Marlow, giovane ingegnere inglese rimasto senza impiego in un momento di crisi economica, accetta un lavoro come rappresentante per l’Italia della macchina “Spartacus s2”, destinata alla produzione di munizioni. Separatosi di malavoglia dalla promessa sposa Claire, Marlow parte per Milano ripromettendosi di tornare a casa il prima possibile. La scoperta del coinvolgimento del suo predecessore (deceduto in seguito ad un “malaugurato incidente”) in un traffico di informazioni sulle forniture belliche, e il tentativo, da parte di un misterioso e sinistro militare jugoslavo, di reclutarlo per lo stesso pericoloso gioco, non possono che rafforzare il suo proposito, ma, prima di rendersene conto, il giovane si ritrova ricercato dalla polizia e dall’OVRA.

 

Scritto nel 1938 da Eric Ambler, vero e proprio pioniere del genere spionistico, considerato da Graham Greene “il più grande autore di thriller inglese”, Motivo d’allarme (1), che mette in scena  la forzata introduzione di un onesto e ingenuo borghese nei meccanismi criptici e perversi dello spionaggio (modulo poi divenuto classico nel genere spy-story), è tutt’ora godibile in virtù di uno stile piacevolmente stringato, ristretto (la cui efficacia è sopravvissuta indenne al passare del tempo), di una suspence e di effetti drammatici minuziosamente costruiti. Meravigliosa (e molto realistica) la ricostruzione del clima politico della Milano degli anni immediatamente precedenti alla seconda guerra mondiale, e credibilissimo l’intreccio(2).

Fin dalle prime pagine ci si rende conto di trovarsi di fronte ad un classico (3), eppure, per quanto i modelli sui quali l’intreccio è costruito possano risultare convenzionali, usati o abusati (l’agente russo che si finge alfiere della democrazia occidentale, la fuga in treno, i travestimenti ecc.), il romanzo di Ambler mantiene il lettore con il fiato sospeso fino all’epilogo, e procura un piacere che eccede il semplice gusto filologico di aver trovato il primo esemplare, l’elemento inaugurale di un filone sfruttato, in seguito, fino allo sfinimento.

 

Il romanzo Motivo d’allarme di Eric Ambler è edito in Italia da Adelphi.

 

 

(1)Scritto e ambientato negli anni compresi tra la formazione dell’asse Roma-Berlino (1936) e l’inizio della seconda guerra mondiale (1939), il romanzo ha fortunatamente perso tutta la sua attualità politica.

(2) D’altra parte molti critici e biografi danno per scontata la collaborazione di Ambler con i servizi segreti inglesi.

(3) Frasi come “Jerking round quickly, he saw it swing over towards him. The headlights grew suddenly larger, blinding him. He shouted and tried to jump clear. The next moment the car hit him.” [Voltandosi di scatto, la vide svoltare verso di lui. I fari si fecero improvvisamente più larghi, accecandolo. Gridò e cercò di saltare fuori traiettoria. Un attimo dopo la macchina lo colpì].  (Eric Ambler, Cause for alarm, Vintage Crime/Black Lizard, Random House, New York 2001, p. 6, traduzione nostra), non possono che richiamare alla mente un affollamento di linee di romanzo e sequenze cinematografiche, tutte rigorosamente successive, e direttamente o indirettamente debitrici del romanzo di Ambler.

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Thursday, October 02, 2008

C- Joel e Ethan Coen: Burn After Reading. A prova di spia

Incapace di accettare la proposta dei superiori (che intendono declassarlo, in quanto alcolizzato, da analista impegnato nell’osservazione dell’area dei Balcani a semplice agente del dipartimento di stato) l’agente CIA Osbourne Cox (John Malkovich) si dimette dal suo incarico, e inizia a scrivere una serie di memorie che ritiene “esplosive”.

Involontariamente masterizzato, in mezzo a un mucchio di documenti relativi a movimenti bancari, da una moglie infedele (la sgradevole Tilda Swinton) che ha segretamente iniziato le pratiche di divorzio(1), il file contenente le memorie di Cox viene smarrito da una segretaria distratta, e ritrovato da Linda Litzke (Frances McDormand)  e Chad Feldhemier (Brad Pitt), ingenui dipendenti della palestra “Hardbodies”.

Decisi a non voltare le spalle alla buona sorte, i due tentano di ricattare il pericoloso Cox, poi, incapaci di ottenere da questo la somma richiesta, vendono le informazioni ai russi. La  CIA è in agguato, ma, grazie a una serie di sfortunati eventi, l’“intrigo internazionale” si risolve senza l’intervento dell’agenzia.

 

Il genere comico-spionistico non è certo nuovo: in ambito letterario lo ha lanciato forse Graham Greene nel 1958, con il romanzo “Il nostro agente all’Avana”, e in ambito cinematografico, gli esempi (che vanno dallo stesso “Our man in Havana”, portato sugli schermi da Carol Reed ed interpretato da Alec Guinness nel 1959, a “True Lies” di James Cameron) sono tanti, e tanto noti, che forse non vale neppure la pena di citarli. Con Burn after reading i Coen costruiscono, riutilizzando il tema dell’“ingenuo borghese” catapultato nel mondo chiuso e “misterioso” dello spionaggio, un intreccio confuso, attuale(2), complesso, divertente, ridicolo, ma tutto sommato già visto.

Girato e montato in maniera piatta e senza particolari virtuosismi (ricorda anzi, in alcuni tratti come le brevi carrellate aere ecc., i prodotti televisivi d’alto livello tanto in voga negli ultimi anni…), affetto, per tutto il primo tempo, da una pesante mancanza di ritmo,  Burn after reading, che segna, dopo il serioso Non è un paese per vecchi, il ritorno dei Coen alla commedia, funziona soprattutto in virtù di dialoghi brillanti e di personaggi simpatici, strampalati, umani, ben interpretati da un cast di grandi professionisti.

 Un film piacevole e poco impegnativo, che non annoia, ma neppure illumina.

 

 

(1) La Swinton è pronta a lasciare il noioso (ma affidabile) Malkovich, per l’affascinante donnaiolo George Clooney, il cui personaggio è forse uno dei più riusciti del film.

(2) Il soggetto dei Coen si nutre di stereotipi assolutamente aggiornati (il trainer Chad Feldhemier, incapace di staccarsi dal suo I-pod, l’attempata Linda Litzke iscritta ad un servizio di dating sul Web, l'anziano responsabile della palestra sospettoso nei confronti della tecnologia...), e punta chiaramente il dito su alcuni discutibili aspetti della realtà contemporanea: si osservi, per esempio, che l’intera vicenda, destinata a sciogliersi da sé in seguito al rifiuto di Cox di pagare per riavere le sue memorie, si complica grazie alla determinazione di Litzke/McDormand, decisa a “re-inventare il proprio look” e dunque bisognosa di denaro.

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