Tuesday, May 26, 2009

Intervista a Simone Sarasso


Pubblicata, sul quotidiano online pagina (http://www.pagina.to.it) un'intervista a Simone Sarasso, autore dei romanzi Turkemar, Confine di Stato e Settanta. L'articolo è leggibile qui.

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L- Matteo Righetto: Savana Padana


“Fa caldo!” Disse Berto con il tono di “Non rompere i ciglioni!”. Subito dopo si passò una mano tra i capelli e fece ritorno ai suoi pensieri, accennando un rapido segno della croce.
“Appunto perché fa caldo. Si può sapere, più o meno, dove siamo? Sai com’è: non vorrei morire di caldo a bordo di un camion frigorifero”.(1)

San Vito Oltrebrenta, profondo nord-est; un paese piccolo, “una chiesa, tre condomini e qualche villetta”(2), tagliato a metà da una strada lunga e dritta sulla quale si fronteggiano gli unici due bar, il “centrale” e “lo sport”. Niente che possa giustificare la presenza di due bande criminali, eppure, “con tutti i soldi che girano in veneto”, è proprio così che vanno le cose in città: da un lato i “tosi”, fauna autoctona, cinque indigeni bizzosi, vecchiotti, scalcagnati ma ancora temibili, alle dipendenze del “Bestia”, dall’altra tre cameriere cinesi e un rispettato boss, Chen, detto “il tigre”, coinvolto in qualche losco traffico.
In paese, grazie ad un accordo d’affari stipulato tra i capibanda e allo scarso impegno del partenopeo comandante Fetente, regna la pace, ma l’equilibrio faticosamente raggiunto è messo a dura prova dall’arrivo di una compagnia di sprovveduti zingari accorsi per i festeggiamenti di Sant’Antonio e introdottisi, ignari, nella casa del Bestia …

Breve, scorrevole, piacevolmente dialettale e sboccato, costruito come un unico esilarante inseguimento posto a metà strada tra il nuovo noir americano alla Lansdale e la commedia d’azione, tra il fumetto e la versione politicamente scorretta(3) dei cartoni animati di Tex Avery(4) (il tutto condito in salsa veneta: a che servono texas hold’em e Jack Daniels quando ci si può dedicare a briscola e grappini?), Savana Padana, esordio in nero di Matteo Righetto, già autore di libri per l’infanzia, testi teatrali ecc., e cofondatore del movimento “Sugarpulp”(5), fa il suo lavoro: intrattiene, e bene, a dispetto delle lamentate carenze di editing. Viene da chiedersi che cosa spinga chi sostiene il contrario a demolire un (sia pure “quasi”) esordiente con mezzucci simili; ma poi forse tanto vale liquidare le polemiche come farebbe “il Nane”, con un’alzata di spalle e un “Ah, povera Italia. Ormai z’è ‘ndà tuto ramengo”(6), tanto chi Savana Padana lo ha letto, sa quel che vale...

Il romanzo Savana Padana di Matteo Righetto è edito in Italia da Zona.



(1) Matteo Righetto, Savana Padana, Zona, Arezzo 2009, p. 5.
(2) Ivi, p. 9.
(3) Non nel finale a sorpresa che premia uno dei pochi “veri” emarginati dell’intera narrazione…
(4) Meravigliosi i brani nei quali i personaggi, presi nel loro folle inseguimento, attraversano la scena, entrano ed escono dalla pagina quasi sfiorandosi, ma senza mai incrociarsi (almeno fino al "botto" finale), proprio come capitava nei vecchi cartoni animati della MGM.
(5) Il manifesto Sugarpulp, che propone un’interessante riforma della letteratura italiana secondo il modello dialogo-azione-dialogo-azione (tipico del nuovo pulp americano) conciliato, però, con un recupero delle realtà locali, è leggibile su http://www.sugarpulp.it.
(6) Ivi, p. 119.

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Tuesday, May 19, 2009

L- Joe R. Lansdale: Sotto un cielo cremisi


“Da un bel pezzo non mi sparava più nessuno, e negli ultimi due o tre mesi ero riuscito a conservarmi la testa tutta intera. Si trattava di una specie di record, e cominciavo già a sentirmi speciale”. (1)

LaBorde, Texas orientale. Hap Collins e Leonard Pine, ex giardinieri, lavoranti a giornata, riscossori, investigatori improvvisati, operai da piattaforma petrolifera ecc. ecc., vengono contattati dall’amico ex-poliziotto Marvin Hanson(2), per ritrovare la sventata nipotina Julia, stabilitasi nella vicina No Enterprise con il piccolo spacciatore Tanedrue e la sua banda.
Arrivati nella "ridente" cittadina (due strade, quattro case e un distributore di benzina con annesso garage), Hap e Leonard localizzano e assaltano il camper di Tanedrue e, al termine di una scazzottata coi fiocchi (completata da un paio di colpi di pistola…), riescono a sottrarre Julia agli uomini che la hanno “circuita”, per riportarla a casa dai nonni. Purtroppo, però, un’organizzazione formata da ex motociclisti vicini alla Aryan Nation e coinvolta nei traffici di Tanedrue, la temibile “Dixie Mafia”, decide di punire gli “aggressori”(3) mettendo una taglia sulle loro teste. Braccati e coinvolti in una sparatoria da far impallidire l’O.K. Corral, i due amici si trovano in manette e accusati di omicidio plurimo. Per tornare liberi non hanno che una scelta: collaborare con l'FBI per facilitare l’arresto di qualche pezzo grosso. Intanto, un killer invisibile, il misterioso “Vanilla Ride”, è già sulle loro tracce…

Arriverà mai il momento in cui le opere di Joe R. Lansdale smetteranno di convincerci, e le sue formule ci appariranno usurate, stanche, abusate? A quanto pare no: a quasi trent’anni dagli esordi (Atto d’amore, 1980) e a quasi venti (Una stagione selvaggia, 1990) dall’entrata di Hap e Leonard sulle scene, i romanzi del maestro texano non fanno che migliorare; e se la dimensione originale dei racconti sfuma dietro la ripetizione di situazioni e meccanismi ultra-collaudati(4), stile, dialoghi e senso del ritmo diventano sempre più perfetti. Hap e Leonard, invecchiati ma (fortunatamente) irredenti, i muscoli saldi e le lingue più affilate che mai, si muovono senza pace sullo sfondo western di un mondo al quale non sono in grado di adattarsi, e ormai sembrano vecchi cowboys usciti dritti dritti dal Mucchio Selvaggio(5)...

Il romanzo Sotto un cielo cremisi di Joe R. Lansdale, meravigliosamente tradotto da Luca Conti, è proposto in anteprima mondiale da Fanucci.


(1) Joe R. Lansdale, Sotto un cielo cremisi, Fanucci, Roma 2009, p. 11.
(2) I lettori abituali ricorderanno Hanson, più giovane di una ventina d’anni, nelle vesti di protagonista di Atto d’amore, romanzo d’esordio di Joe R. Lansdale, o come comprimario essenziale per lo svolgimento dell’indimenticabile Il mambo degli orsi.
(3) E bene si, è proprio questo che sembrano, ma non temano gli aficionados: prima della fine del romanzo, l’autore avrà modo di rimettere le cose a posto e riportare la questione morale in primo piano servendosi del consueto, apprezzabile, filtro della riflessione di Hap.
(4) Come si ricorderanno i lettori di Il mambo degli orsi, persino la “proposta alternativa” delle autorità, in realtà uno squallido ricatto, è cosa già vista...
(5) Il riferimento a Peckinpah è piuttosto evidente, non tanto da un punto di vista tematico (Lansdale è più un autore da versione rivista, aggiornata, ridimensionata del "cavaliere senza macchia e senza paura"...), quanto nella tecnica narrativa: in alcune sequenze di sparatoria pare di trovarsi di fronte alla versione letteraria del montaggio addizionale utilizzato dal regista del Mucchio; la lunga scena finale dell'"assedio", poi, pur essendo un classico del genere western (Lansdale stesso ha costruito una situazione analoga per sciogliere il suo Il lato oscuro dell'anima), evoca chiaramente Pat Garrett e Billy The Kid.

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Thursday, May 14, 2009

Pubblicata sul web press Milano noir, una recensione del romanzo Ultima corsa di Richard Stark.
La recensione è leggibile qui.

Tuesday, May 12, 2009

L- Stefano Di Marino: Pietrafredda



Chance Renard, “il professionista” è tornato a Parigi per vendicare la morte della bella Lana e lasciarsi finalmente il passato alle spalle, ma in città c’è una taglia su di lui, e anche ammesso che riesca ad andarsene in giro liberamente, l’uccisione del caid Mbarrek, nome di punta della nuova criminalità parigina e responsabile dell’omicidio, non è una cosa che si possa portare a termine da soli, neppure con un passato da legionario, un’etica da samurai, una mira infallibile e tutta l’esperienza del mondo. Neppure essendo “Il Professionista”. Così Renard, assunta la sua nuova identità di Pietrafredda (“pietra fredda” proprio come quella che la morte di Lana gli ha “lasciato dentro” e che, al momento della vendetta, “diventa rovente nel tempo di un respiro”(1)), raduna una serie di alti dignitari della mala parigina e un paio di agenti di polizia spinti da motivi personali e, stabilita una tregua, organizza un’imboscata nel bel mezzo del modernissimo quartiere della Défense.

Ultimo capitolo delle avventure del "professionista"(2), rapido, teso, violento, pirotecnico e ipercinetico, assolutamente privo di punti morti, traboccante esotismo, un po’ spaghetti western e un po’ film noir a là Melville(3), un po’ HK. action o Heroic Bloodshed stile John Woo(4), un po’ romanzo di Simonin(5) o Le Breton, e un po’ Peckinpah, insomma, perfetta miscela di clichés di genere, caratteri neo-pulp e riferimenti classici, Pietrafredda è un piccolo capolavoro della nuova narrativa d'azione italiana.

Il romanzo Pietrafredda di Stefano Di Marino è edito da Perdisa.



(1) Stefano Di Marino, Pietrafredda, Perdisa, Bologna 2009, p. 103.
(2) Il ciclo di avventure del "professionista" si è aperto nel 1995 con Il Professionista: raid a Kourou, (segretissimo 1279); da allora il personaggio è apparso, in veste di protagonista o comprimario, in oltre 40 avventure. Ma non si scoraggino i nuovi lettori: Pietrafredda si regge da se', e meravigliosamente...
(3)Di Marino cita esplicitamente Le Samurai, notissimo film del 1967 maldestramente proposto in Italia con il titolo di Frank Costello faccia d’angelo.
(4) I riferimenti al meraviglioso The killer, rilettura honkonghese del già citato film di Melville si sprecano, ma la lunga sparatoria finale di Pietrafredda rimanda piuttosto alla serie A better tomorrow o alla chiusura di Hard Boiled, altro capolavoro del maestro hongkonghese.
(5) Ad Albert Simonin, nome di spicco del primo polar e autore di un noto dizionario d’argot risale la popolarizzazione del termine "Grisbi" (Cfr. Albert Simonin, Touchez Pas Au Grisbi, Paris 1953, Tr. it Grisbi di Franco Salerno riveduta e aggiornata da Andrea Carlo Cappi per Sonzogno, collana “Diabolik Presenta”), usato nel testo da Titi (cfr. p. 99). Il romanzo Grisbi fu portato sugli schermi nel 1954 nell'omonimo film diretto da Jacques Becker e interpretato da Jean Gabin e René Dary.

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Wednesday, May 06, 2009

L- Justo Vasco: Guardo e aspetto


El “Zapatero”, reduce della rivoluzione ridotto su una sedia a rotelle, viene trovato morto al centro dell’Avana, ucciso con un singolo colpo di fucile. Dopo aver attraversato il torace della vittima, il proiettile ha trapassato lo schienale della sedia a rotelle rivelando un doppiofondo pieno di marijuana.
A pochi isolati di distanza, il tecnico cinematografico “Camaralenta” perde la vita sul set, ucciso con un colpo d’arma da fuoco, e nelle sue tasche la polizia trova foto molto compromettenti per un importante funzionario.
Dal lato opposto della strada una donna tranquilla e in ottimi rapporti con tutto il vicinato, la bella “tedesca”, che in vita ha catturato gli sguardi di molti uomini, viene trovata morta dietro una finestra del suo appartamento, e rivela, senza bisogno di un’autopsia, la sua natura di transessuale.
Per il tenente Cartaya, responsabile delle indagini, non ci sono dubbi: 3 omicidi in un solo quartiere, tutti commessi con lo stesso, misterioso, fucile calibro .303, non possono che essere collegati. Ma mentre la polizia vaga alla ricerca dell’invisibile nesso tra le vittime, una serie di “verità scomode” vengono minacciosamente a galla, e un misterioso assassino nascosto nell’ombra “guarda e aspetta”…

C’è una certa scioltezza sboccata nel miglior noir iberico, che si ritrova senza difficoltà in Guardo e aspetto (che si tratti di una qualche struttura espressiva, un registro particolare dello spagnolo colloquiale mantenuto nella perfetta traduzione di Sandro Ossola?), e che, accoppiata a una sensualità esuberante, spesso autoironica, onnipervasiva, sopra le righe, ma sempre naturale(1), non tarda a conquistare il lettore, forse poco convinto dall’avvio volutamente confuso. La vicenda procede in maniera curiosa e raffinatamente disordinata in un montaggio incrociato di brani narrati in terza persona secondo il punto di vista del poliziotto (o di alcuni personaggi secondari), e capitoli che assumono, in prima persona(2), la prospettiva dell’assassino.
Né strettamente picaresco, né precisamente noir(3), Guardo e aspetto è la riuscitissima metafora politica (abilmente celata dietro l’intrigante veste poliziesca), di una rivoluzione fallita in primo luogo per via della massificazione, della scarsa (se non nulla) attenzione accordata alle esigenze del singolo.

Il romanzo Guardo e aspetto di Justo Vasco è edito in Italia da Alacràn.


(1) Tipica della letteratura cubana? Per quanto ci sia permesso conoscerla dalle opere tradotte in italiano, parrebbe proprio di si; a leggere alcune pagine di Vasco, vengono in mente Pedro Juan Gutierrez e la sua indimenticabile Trilogia sporca dell’Avana
(2) La tensione tra focalizzazione esterna e focalizzazione interna multipla permette all’autore di costruire meravigliosi effetti sorpresa che funzionano in maniera perfetta e convinceranno - ne siamo certi - anche i lettori più esigenti e smaliziati.
(3) Nonostante Paco Ignacio Taibo II definisca Guardo e aspetto un “grande romanzo picaresco all’Avana” (Paco Ignacio Taibo II, Vero, Justo Vasco?, in Justo Vasco, Guardo e aspetto, Alacràn, Milano 2006, p. 241), l’opera, che pure risponde ai canoni stilistici (toni farseschi, eroicomici ecc.) del genere, se ne distacca per l'assenza della dimensione autobiografica e formativa (se si eccettua l'ultimo, brevissimo capitolo, Guardo e aspetto non ha nulla del bildungsroman; manca poi del tutto il topos, tipicamente picaresco, del viaggio come mezzo d'iniziazione del protagonista...), per l'abbandono, pur momentaneo, della “soggettiva” in favore della narrazione in terza persona; d’altra parte, considerato che in questo caso “il crimine paga”, non è neppure lecito parlare di noir (almeno non in senso stretto).

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