Monday, April 28, 2008

L- Boris Vian: Sputerò sulle vostre tombe

Lee Anderson è un “negro bianco” nell’ America degli anni ’40. Maltrattato e sfruttato, usato, fin da tenera età, più come schiavo che come servo, il ragazzo si rende conto che con la sua pelle chiara ed i capelli biondi, può forse fare qualcosa per vendicare il fratello, ucciso per aver corteggiato una donna bianca. Arrivato nella piccola cittadina di Buckton, il venticinquenne Lee trova impiego nella locale libreria, e, stretta amicizia con i rampolli delle famiglie più in vista della zona, congegna la sua vendetta: Sedurrà le due sorelle Asquith, figlie di un ricco piantatore di canna da zucchero (e dunque anche noto schiavista), per poi rivelare loro di essere nero…

Estate 1946; Boris Vian (1920-1959), ingegnere, trombettista jazz, cantautore, critico musicale, performer, ballerino, traduttore (sue le prime traduzioni europee di Chandler) e scrittore, incontra l’amico Jean D’Halluin (editore), impegnato nella ricerca di nuovi romanzi Hard Boiled americani per ampliare il catalogo della casa editrice Le Scorpion, della quale è titolare. Conscio delle regole di mercato, ma indispettito dall’ idiozia del pubblico (momentaneamente pronto a correre dietro ad un qualunque mediocre libercolo statunitense accompagnato dalla reputazione di opera violenta ed immorale), Vian propone all’amico di scrivere lui stesso un romanzo “americano”, ed in capo a quindici giorni consegna alle stampe Sputerò sulle vostre tombe.

Il romanzo, presentato come traduzione dell’opera prima dell’ immaginario “Vernon Sullivan”, un autore nero mai pubblicato negli USA per via dei suoi toni eccessivi, ottiene un successo immediato, ma nel 1947, svelato l’ escamotage, Vian viene condannato per offesa alla morale (ciononostante pubblica un altro paio di opere “di” Vernon Sullivan). Stroncato dalla critica, ma molto amato dal pubblico, adattato senza l’aiuto né il consenso dell’autore (1), Sputerò sulle vostre tombe (nell’edizione italiana il titolo è diventato Il colore della pelle) viene portato nelle sale dal quasi esordiente Michel Gast. Il 23 giugno 1959, durante una proiezione in anteprima della pellicola, Vian si alza indignato, inveisce contro regista e film, e si accascia a terra vittima di un infarto fulminante.

Il romanzo, costruito coniugando i modelli dell’ Hard-Boiled americano con quelli della letteratura razziale, che avrebbe avuto grande diffusione nei due decenni successivi in connessione con i vari movimenti (violenti e non) per i diritti dei neri, attinge ironicamente a quel repertorio di luoghi comuni, oggetti e marchi, che nel patrimonio culturale dell’europeo dell’epoca rappresentavano a pieno titolo gli Stati Uniti (dalla citazione di John Henry, protagonista della nota ballata folk, alle automobili, tutte rigorosamente americane, ai liquori, la musica jazz ecc.)(2).

Lo stile, volutamente americano, è gergale, secco, privo dei neologismi tanto amati dall’autore; le frasi, costruite in maniera anglosassone, hanno respiro più corto rispetto a quel del Vian surrealista. L’erotismo decadente che permea l’opera non è quello che nei grandi narratori degli stati del Sud assumeva, attraverso mille esagerazioni, valenze palesemente critiche(3), né quello compiaciuto e volgare di Henry Miller (il cui stile, tanto avversato da Vian, che nella prefazione lamentava tra le righe il cattivo gusto dell’autore del Tropico del Cancro, apriva in un certo senso la strada alla rivoluzione linguistica, tematica e ritmica dei beat)(4), ma semplicemente un mezzo, forse l’unico a disposizione del protagonista, per punire i buoni borghesi bianchi e bigotti, e l’autore lo affronta con cautela e senza lasciarsi andare.
Evidente l’influenza dell' opera di Cain(5), il cui assunto fondamentale (quello secondo il quale da un’incontenibile attrazione sessuale (illecita) non può che scaturire una tragedia) regola la meccanica del romanzo.

Il romanzo Sputerò sulle vostre tombe di Boris Vian è disponibile in Italia nelle due edizioni Marcos y Marcos e Mondadori, ai francofoni se ne consiglia comunque la lettura in lingua, abbordabile e, come di consueto, molto gratificante.


(1)Vian aveva richiesto che il suo nome fosse rimosso dai titoli di testa.
(2) Nell’insieme il romanzo testimonia, non senza effetti comici per il lettore informato sulla vicenda editoriale, il rapporto di amore-odio di un autore europeo per il nuovo mondo.
(3)Si pensi, a titolo d’esempio, all’eccessivo protagonista del romanzo Il bastardo di Erskine Caldwell, il quale, recatosi in un bordello, si concede un rapporto con propria madre.
(4) Ma i Beat, forti tra l’altro delle teorie dell’ eretico freudiano Wilhelm Reich, facevano affidamento su un’idea di sessualità ben diversa da quella di Miller.
(5)L’autore è citato dallo stesso Vian, ci sembra senza malizia, nel corso della breve ed ironica Prefazione.

Labels: , , , , , , ,

Sunday, April 27, 2008

L- Derek Raymond: Aprile è il più crudele dei mesi

Foto: L’autore Derek Raymond (1931- 1994).

Il cadavere di un uomo ucciso da un colpo alla testa, dissanguato, privato di denti e polpastrelli, tagliato a pezzi, bollito e sigillato in cinque buste di plastica allineate con precisione lungo un muro, viene ritrovato dal custode di un vecchio casermone della periferia di Londra. Data la scarsità di informazioni ed indizi disponibili, il caso viene affidato ad un attempato ed anonimo sergente della sezione “A14”, delitti irrisolti, stazione di polizia di Poland street. Attraverso una semplice analisi del modus operandi ed un paio di controlli incrociati sugli schedari della polizia, il sergente riconosce nel sadico disadattato Billy McGruder l’autore del delitto, ma la realtà è ben più sordida delle aspettative, e i mandanti, integrati nel sistema ed apparentemente rispettabili, fanno molta più paura degli esecutori materiali…

Frutto di una fortunata ibridazione del genere spionistico con il poliziesco, amaro e crudemente realistico, il romanzo fa della prevedibilità una pregevole cifra stilistica(1); la scoperta del colpevole, che avviene, in barba alla lunga e gloriosa tradizione del romanzo giallo (ed a quella più breve ma altrettanto gloriosa del romanzo poliziesco) in maniera piatta e del tutto priva di ogni coloritura emotiva, non chiude, ma da il via, ad una dolorosa ricerca all’interno delle pieghe di una società che per l’autore (e chissà, forse non solo per lui…) è corrotta fino al midollo.
Liquidato, da alcuni, come romanzo di scarsa originalità (2), Aprile è il più crudele dei mesi ci sembra invece un perfetto e (ahimè) raro esempio di neo-noir di classe.

Aprile è il più crudele dei mesi, di Derek Raymond, e tutti gli altri romanzi del ciclo della Factory sono editi in Italia da Meridiano Zero.


(1)Non a caso l’identità del colpevole è nota al lettore fin dalla prima pagina del romanzo.
(2)Dimenticando per un attimo l’esistenza di un credibile risvolto fantapolitico, l’ambientazione londinese, lo stile crudissimo, la ricostruzione perfetta dei traumi psicologici del personaggio del sergente (così importanti per comprendere il suo modo di fare, dal rifiuto della carriera all’assurdo idealismo dimostrato nello svolgimento delle indagini), la meticolosa definizione dello psicopatico antagonista, si potrebbe prendere Aprile è il più crudele dei mesi per il prodotto qualunque di un mediocre autore di thriller americano, ma, d’altra parte, trascurando particolari di questo calibro sarebbe possibile dichiarare l’identità di Jack Frusciante è uscito dal gruppo di Enrico Brizzi e Tonio Kroeger di Thomas Mann (infondo sono entrambi romanzi di formazione, infondo entrambi i protagonisti hanno problemi sentimentali, infondo sono entrambi insicuri, infondo sono entrambi adolescenti…).


Labels: , , , , ,

Wednesday, April 23, 2008

L- Léo Malet: Baraonda agli Champs-Elysees

Nestor Burma, titolare dell’agenzia investigativa Fiat Lux, terminato un lavoro da guardia del corpo per l’attrice americana Grace Stanford, si gode il meritato riposo in una stanza del prestigioso hotel Cosmopolitan. Invitato da Marc Covet, cronista del quotidiano Crépuscule, alla prima del film Le pain jeté aux oiseaux, il detective si sdebita accompagnando l’amico a casa della vecchia diva Lucie Ponceau, protagonista del film, tornata sugli schermi dopo una lunga assenza. Arrivati a casa di madame Ponceau, una villa uscita dritta dritta da Viale del tramonto, cronista e investigatore trovano l’anziana diva moribonda; accorsi sul luogo i poliziotti di Florimond Faroux recuperano una grande quantità di oppio, e, quando i medici stabiliscono che la donna è morta per intossicazione, il caso viene archiviato come suicidio.
Le circostanze fanno pensare al gesto di una donna insicura e incapace di accettare il passare degli anni, ma Nestor Burma vuole vederci chiaro; poi, quando alla prima vittima ne seguono altre due, entrambe collegate al mondo del cinema, anche il commissario Faroux è costretto a riaprire le indagini…


Scritto nel 1956, in un periodo di grande fioritura del cinema francese (quell’anno uscivano, tra gli altri, il notissimo Un Condamné à Mort s'est échappé di Robert Bresson e l’incredibile Le Mystère Picasso di Henri-Georges Clouzot; il teorico André Bazin era nel pieno della sua attività, e nell’aria già si faceva sentire il clima che avrebbe caratterizzato il periodo della Nouvelle Vague (1)), il romanzo si rifà ad una tradizione precedente, ricalcata sul modello della Hollywood degli anni ’40; l’autore tesse, con uno stile meravigliosamente ironico (e sfociando in vero e proprio umorismo nel rispolverare la stereotipata eccentricità dei cinematografari), un intreccio grandioso, imprevedibile, pieno di irriverenti rimandi all’ hard boiled americano della scuola dei duri, ma giustamente dotato di un fondo amaro e realistico.

Il romanzo Baraonda agli Champs-Elysées, di Léo Malet, è edito in Italia da Fazi.

(1)L’inizio della Nouvelle Vague, come movimento sviluppatosi intorno alla ormai mitica rivista Cahiers du cinéma, viene convenzionalmente fatto risalire al 1959 quando la vittoria del film “I quattrocento colpi” di Francois Truffaut e la presentazione di pellicole quali A bout de souffle di Jean-Luc Godard, Hiroshima mon amour di Alain Resnais ecc., al festival di Cannes, imposero all’attenzione del pubblico una nuova generazione di registi.


Labels: , , , , , ,

Tuesday, April 15, 2008

L- Elmore Leonard: Cat Chaser

George Moran, trentottenne ex-marine e proprietario del modesto complesso Coconut Palms Resort Apartments di Pampano Beach (Florida), decide di prendersi una vacanza e tornare a Santo Domingo, dove ha combattuto nel 1965(1), per godersi in pace i luoghi visti in tempo di guerra, e cercare la bella Luci Palma, giovane cecchina ribelle con una passione per la musica dei Beatles e di Petula Clark, che una volta, dopo averlo fatto prigioniero, gli aveva medicato le ferite.
Arrivato sull’isola l’ex-militare piazza un annuncio sul quotidiano locale sperando di ritrovare Luci, e la storia dello yankee innamorato che cerca la ribelle conosciuta quindici anni prima passa per radio e televisione. Moran diventa una celebrità locale, ma invece di ritrovare la ragazza si tira addosso il misero truffatore Rafael “Rafi” Amado. Frustrato dallo scarso successo dell’operazione, l’americano si consola iniziando una relazione (in realtà a lungo sognata) con la connazionale Mary Delaney, biondissima e splendida consorte dell’ex generale Andres DeBoya ( un tempo capo dei temibili Cascos Blancos, poi fuggito negli USA con milioni di dollari in contanti in seguito all’omicidio di Trujillo), riincontrata nella hall dell’albergo.Travolti dalla passione George e Mary cominciano a pianificare un futuro insieme, ma al ritorno negli USA dovranno affrontare un marito geloso, una coppia di truffatori da strapazzo, qualche temibile guardia del corpo ed un assassino senza scrupoli deciso ad accaparrarsi i fondi segreti di casa DeBoya…

Il romanzo, scritto in uno stile scorrevole e senza fronzoli, si apre in modo convenzionale (un uomo entra in un motel e viene ricevuto dal proprietario) per proseguire in maniera del tutto imprevedibile: i due personaggi vengono presentati nello stesso momento; per le prime cinque o sei pagine, il lettore non è in grado di decidere chi sia il protagonista della vicenda. C’è qualche scarna descrizione ambientale, ma sono i dialoghi a darci quasi tutte le informazioni. La prima parte del romanzo è un piccolo capolavoro di depistaggio: sembra che la vicenda abbia preso il via (un uomo pagato per seguire un cubano e la sua amante rintraccia i due in una stanza d’albergo…) mentre l’autore si sta prendendo tutto il tempo necessario alla presentazione dei personaggi, tanto che, quando si comincia a intuire quale sarà il vero argomento del racconto (e succede solo dopo una cinquantina di pagine), pare di conoscerli da tutta la vita. Tutto avviene nel pieno rispetto del ritmo narrativo e con un gusto tutto cinematografico per le scene d'azione.
Meravigliosi i dialoghi, credibili e curati in maniera quasi maniacale.

Elmore Leonard, nato a New Orleans nel 1925, si occupa di crime fiction dal 1967, ha scritto soggetti per il cinema, sceneggiature (es. Joe Kidd diretto da John Sturges ed interpretato da Clint Eastwood), racconti e romanzi, molti dei quali trasportati con successo sul grande schermo (Jackie Brown diretto da Quentin Tarantino, Oltre ogni rischio, tratto da Cat Chaser, diretto da Abel Ferrara, Get Shorty di Barry Sonnenfeld e Be cool di F. Gary Gray, per citare solo i più noti), ed è comunemente considerato uno dei maestri del noir contemporaneo.

Il romanzo Cat Chaser di Elmore Leonard è edito in Italia da Einaudi.



(1) I marines furono inviati sull’isola il 28 aprile del 1965 per contrastare l’avanzata dei ribelli del movimento Catorce de Junio, che si ispiravano alla rivoluzione castrista (l’episodio dello sbarco è ricordato da Phil Ochs nel brano The marines have landed on the shores of Santo Domingo, piccolo capolavoro dimenticato di uno dei maggiori rappresentanti del pacifismo americano degli anni ‘60). Il governo americano, preoccupato dalla prospettiva di trovarsi di fronte ad una “seconda Cuba”,aveva preferito sostenere l’antidemocratico governo di Ramfis Trujillo (figlio del dittatore Rafael Trujillo, salito al potere nel 1924, sempre con l’appoggio statunitense) e, fin dal 1961, la Flotta Atlantica presidiava l’isola. Poco chiaro il ruolo della CIA nell’omicidio di Trujillo padre. Le autorità, ovviamente, negano ogni coinvolgimento.


Labels: , , , , , , ,

Saturday, April 12, 2008

C- Lee Tamahori: Next

Cris Johnson, alias Frank Cadillac (Nicolas Cage che, nonostante lo scorrere del tempo, resta sempre a suo agio nei ruoli da quasi-disadattato, e anzi diventa sempre più credibile con l’età…) è un modesto prestigiatore che sbarca il lunario eseguendo trucchetti da quattro soldi in uno dei mille cabaret di Las Vegas, ma, rispetto ai suoi colleghi, ha un piccolo vantaggio: concentrandosi è in grado di prevedere con precisione ciò che gli succederà nei due minuti successivi.
Ricercato dagli agenti dell’FBI che vogliono usare le sue facoltà per sventare l’attacco nucleare di un misterioso gruppo di terroristi (chissà perché, francofoni) infiltratisi nel paese, Cris si da alla fuga in autostop, e, grazie all’aiuto della bella e giovanissima Liz Cooper (Jessica Biel, nota agli spettatori italiani soprattutto per la lunga partecipazione al telefilm Settimo cielo e per il mediocre Non aprite quella porta: the Texas chainsaw massacre) quasi riesce a seminare gli inseguitori, ma i criminali sono sempre in agguato, e alla fine, seppure per ragioni egoistiche, il protagonista decide di collaborare col governo…

La critica ha parlato di questo nuovo film di Tamahori con toni quasi apocalittici, e in effetti è bene che lo spettatore, entrando in sala, sappia di non essere in procinto di godersi il capolavoro dell’anno, ma detto questo, le proteste dei recensori sono quasi inaccettabili: le stesse persone che ora si lamentano a gran voce dimostravano, appena un anno fa, di aver apprezzato il mediocre Deja-vu, il quale, oltre ad avere una struttura molto simile a questo Next, ne condivideva la mediocrità registica. Sarà forse una magra consolazione, ma il film, pur non essendo una meraviglia d’originalità (si inserisce nell’abusata tradizione della pellicola che si riavvolge su se stessa in una serie di flashback e revisioni, che collega Femme Fatale di Brian De Palma, all’imbarazzante Irréversible di Gaspar Noé e al recente Deja vu di Tony Scott passando attraverso Ritorno al futuro e Peggy Sue got married ), offre un’ora e mezzo di sopportabile intrattenimento spingendosi quasi fino a far riflettere (merito forse del racconto di Philip K. Dick (1) che fa da soggetto) attraverso un breve dialogo (2) ed un’efficace sequenza antigovernativa (3) entrambi presto dimenticati, grazie ai toni lievi dell'opera.
Bravo (come al solito) Nicolas Cage, un po’ piatta Julianne Moore.


(1)In Italia edito da Fanucci nell’antologia Next e altri racconti , uscita in occasione dell’approdo della pellicola nelle sale, ed opportunamente corredata di locandina del film e fascetta…
(2)Quello nel quale il mago rievoca un' infanzia rovinata dagli studi scientifici relativi al suo dono.
(3)Quella nella quale Cadillac, che ha deciso di collaborare, viene inchiodato ad una sedia a rotelle, e lo si costringe, attraverso una serie di ultrascintillanti congegni meccanici, a guardare dei “telegiornali futuri”, nella speranza di localizzare in anticipo il luogo dell’esplosione nucleare.

Labels: , , , , , , , ,

Wednesday, April 09, 2008

L- Horace McCoy: Questa è dinamite

Una foto di gruppo degli autori della rivista Black Mask, Horace McCoy è il secondo da destra nella prima fila, mentre nella seconda fila si possono notare l'inconfondibile Raymond Chandler (secondo da sinistra con la pipa in bocca) e Dashiell Hammett (l'ulitmo a destra).

Usa, anni ’50. Nemo Crespi, per la legge venditore all’ingrosso di frutta e verdura, è in realtà a capo del “consorzio”, una potente organizzazione mafiosa che terrorizza l’intera città. Quando gli uomini del consorzio incendiano le riserve di carta del Morning Press e dello Star-Journal per costringere i proprietari dei due quotidiani a vendere, assicurandosi così il controllo della stampa, il governatore dello stato nomina un procuratore con poteri speciali per indagare sulle attività illegali di Crespi. Sotto consiglio del vecchio Roughead, noto giurista, le indagini vengono affidate a John Conroy, ventisettenne professore di diritto e figlio di un poliziotto.
Conroy è pronto a tutto per ripulire la città, ma, per tradurre in pratica il suo astratto concetto di giustizia e legalità, dovrà vedersela con la corruzione diffusa, l’omertà dei cittadini ed il piombo di Crespi…

Scritto nel 1950 come soggetto cinematografico, riportato alla forma romanzo e uscito in Francia nel 1953 (nella mitica Série Noire dell’editore Gallimard), Questa è dinamite, fu pubblicato postumo negli USA. Uscito in Italia nella “serie gialla” Garzanti (n. 91 del 1956), il romanzo è oggi pressoché introvabile.

Horace McCoy (1897-1955), tassista, imbianchino, ex-eroe di guerra, romanziere apprezzato dai coetanei Ernest Hemigway e Francis Scott Fitzgerald, sostenitore di un realismo radicale, autore abilissimo nella stesura dei dialoghi (non a caso, lontanissimo dal successo letterario McCoy aveva ripiegato sul lavoro di sceneggiatore e soggettista), ma anche curioso sperimentatore, scrittore di genere ma anche convinto cantore dell’America fiaccata dalla grande depressione, è uno dei maestri misconosciuti del nero americano; dal suo romanzo “Non si uccidono così anche i cavalli” è stato tratto l’omonimo film del 1969 diretto da Sidney Pollack ed interpretato da Jane Fonda e Michael Sarrazin.

Labels: , , , , , , ,

Monday, April 07, 2008

L-Loriano Macchiavelli: Fiori alla memoria

La sfortuna più grande è stata quella di venire assegnato all’ufficio dell’ispettore capo Raimondi Cesare. Tutto il resto è venuto dopo: la colite, l’inappetenza, lo stipendio sempre troppo corto, l’auto 28, l’agente Felice Cantoni, il desiderio di buttarsi dalle torri due invece che andare in servizio, le periodiche crisi sessuali, il desiderio di non sposarsi, il desiderio di sposarsi, una pistola in dotazione chiusa dentro un cassetto, sotto i fazzoletti e i calzini puliti, un caricatore ammuffito… (1)

Bologna, anni ’70. La costruzione di un monumento alla memoria per i 53 caduti del paesino di Pieve del Pino viene turbata da un incendio doloso. La popolazione, convinta che si tratti di un attentato fascista, richiede l’intervento delle forze dell’ordine. L’ispettore capo Raimondi Cesare, della questura di Bologna, invia sul posto il sergente Sarti Antonio e l’agente Felice Cantoni allo scopo di indagare sull’incendio e vigilare sul cantiere fino alla fine dei lavori; durante la prima notte di sorveglianza dei due, però, una scritta dal chiaro intento provocatorio appare sul monumento, e il giovane Giacinto Gessi, ventiseienne contadino, viene ritrovato morto in un fosso poco distante. Le circostanze fanno pensare ad un delitto politico, ma per risolvere il caso Sarti Antonio dovrà addentrarsi nella realtà, solo apparentemente piatta, del paesino, e risalire nella memoria fino alla morte dei 53 partigiani…

Narrato in terza persona da un misterioso personaggio intra-diegetico che indulge a toni vivacemente ironici nei confronti delle gerarchie (i nomi dei poliziotti vengono sempre seguiti dal loro grado, cosicché, già dopo alcune righe, i personaggi perdono ogni significato al di fuori del loro ruolo di tutori della legge…), e dimostra una bonaria, ma cronica sfiducia nei confronti degli investigatori (il caso si risolve da se’, o meglio viene sciolto grazie all’aiuto dello studente anarchico Rosas, al quale, ovviamente, la questura non può riconoscere alcun merito, e il narratore non ci tiene a nasconderlo…), tirato avanti sotto il segno di un falso disprezzo per la trama gialla, che si palesa, questa volta in ambito extra-diegetico, nell’inserimento dei titoli in testa ai capitoli (rivelano in anticipo parte degli avvenimenti, negando ogni effetto di suspence…), Fiori alla memoria è un romanzo cruciale (ma allo stesso tempo dissonante e fuori dal coro) nella storia del poliziesco italiano.
Loriano Macchiavelli, bolognese, classe 1934, creatore del fortunato personaggio di Sarti Antonio(2) , autore di tre volumi di racconti (tutti editi da Mondadori), e di una trentina di romanzi, è considerato il padre della “nuova” generazione del noir italiano. Spesso accostato a Lucarelli, per ovvie ragioni di contiguità geografica, Macchiavelli coniuga l’ironica irriverenza politica del movimento del ’77 (ma priva di ogni violenza(3)), con un gusto per l’intreccio tipico della narrativa poliziesca, confezionando così opere d' intrattenimento piacevolmente provocatorie.

Il romanzo Fiori alla memoria di Loriano Macchiavelli è edito in Italia da Einaudi.



(1)Loriano Macchiavelli, Fiori alla memoria, Einaudi, p.3
(2)Il personaggio di Sarti Antonio, protagonista di un’infinità di avventure cartacee (alcune delle quali per ragazzi), è stato portato in TV per la prima volta nel 1978 (regia di Pino Passalacqua), ed in seguito, nel 1988 in uno sceneggiato in 13 puntate diretto da Maurizio Rotondi e interpretato da Gianni Cavina.
(3)L’autore, lontanissimo dall’idoleggiamento della polizia (i suoi agenti, a partire dal protagonista, non sono certo infallibili), è pur sempre pronto a sublimare dietro la maschera comica gli amari confronti tra studenti e forze dell’ordine; il suo atteggiamento è dunque lodevolmente lontano dall’appoggio a-critico di una o l’altra delle due opposte fazioni…

Labels: , , , , , , ,

Saturday, April 05, 2008

C- James Gray: I padroni della notte

Una serie di fotografie in bianco e nero raffiguranti poliziotti del distretto di New York passano sullo schermo al ritmo lento di un brano jazz d’atmosfera; le immagini hanno un tono piacevolmente anni ’50. Dissolvenza. Stacco. New York, anni ’80, Blondie canta “Heart of Glass” (1), la musica passa attutita attraverso le pareti di un ufficio. Su un divano in velluto un uomo ed una donna in perfetta tenuta “disco” anni ottanta se ne stanno distesi. La macchina da presa percorre lentamente i corpi dei due salendo verso i visi. I due si slacciano…

Robert “Bobby” Green (Joaquin Phoenix) è una persona di successo: Gestore di una delle discoteche più alla moda di New York per conto del vecchio russo Buzhayev, che lo tratta ormai quasi come un familiare, il ragazzo ha grandi piani per l’avvenire, e poco importa se per stare dietro ad una professione redditizia ed agli amici che vivono al limite della legalità ha dovuto riprendere il cognome della madre, e nascondere a tutti la parentela che lo lega a Bert e Joe Grusinsky (rispettivamente suo padre e suo fratello), entrambi ufficiali della polizia.
Quando Joseph “Joe” Grusinsky (Mark Wahlberg) decide di fare irruzione nel locale gestito da Bobby per arrestare uno dei nipoti di Buzhayev, i rapporti già precari tra i due fratelli precipitano, ma poi, l’omicidio del padre, voluto proprio dalla mafia russa, riesce a riunirli sotto il segno della vendetta(2)…

Il film, scritto e diretto da James Gray (“Little Odessa”, “The Yards”) non brilla certo per originalità, e anzi mette in scena tutta quella serie di rassicuranti clichés che danno senso alla parola “genere”, eppure, nel suo essere intrattenimento puro e senza pretese, funziona, e anche piuttosto bene. Molto honkonghese la scelta di opporre i due fratelli, gangster uno e poliziotto l’altro, e poi “riconciliarli” in occasione dell’uccisione del padre(ricorda il primo capitolo della famosissima saga di “A Better Tomorrow”, firmato da John Woo)(3). Bella la fotografia (immagini vagamente sgranate e colori retrò), convenzionali inquadrature e montaggio.
Stanco e un po’ sottotono Wahlberg, mediocre la Mendes, a suo agio Phoenix, e meraviglioso Robert Duvall.
Un film prevedibile ma piacevole.


(1)Il brano, scelto da David Lynch per la pubblicità di una nota marca di cosmetici, ripescato dal fondo di tutti gli armadi, martoriato in svariati remixes, e poi addirittura ri-registrato in stile swing/vocal jazz anni ’40 dalle londinesi Puppini Sisters, sembra proprio tornato di moda…

(2)Qualcuno ha lamentato il recupero, sul finale, di un’etica da “era Bush”, e, certo, non si può dargli torto, in ogni caso, però, la violenza che chiude l’intreccio, appena accennata, è del tutto priva di compiacimento, e ci pare più sopportabile di tante altre brutture (si veda per esempio l’esaltazione del sacrificio di Robert Neville/Will Smith nel recente “Io sono leggenda”) del cinema americano contemporaneo…

(3) Ma i legami con il cinema di Hong Kong, a voler indagare a fondo, non si fermano qui: come dimenticare infatti la partecipazione di Mark Wahlbreg (Joe Grusinsky ne “i padroni della notte”) all’acclamato “The departed” di Martin Scorsese, anch’esso rilettura americana del primo capitolo della saga “Infernal Affairs”?

Labels: , , , , , , , , , , ,

Tuesday, April 01, 2008

L- Daniel Pennac: Diario di scuola

La scuola osservata dal punto di vista del somaro, e raccontata con l’incredibile vitalità stilistica di Daniel Pennac, ex studente problematico “salvato” da un incerto futuro grazie all’aiuto di tre o quattro bravi insegnanti.
L’autore, che non è nuovo alla forma saggio (nel fortunato Come un romanzo, del 1993, si era occupato del tema della “lettura”), rende omaggio ad un tempo alla maltrattata professione di insegnante (esercitata con dedizione per quasi 40 anni fino al recente pensionamento) ed agli studenti (in particolare quelli delle banlieues), fatti oggetto di tanti studi sociologici, psicologici ed economici ma troppo poco ascoltati. Miscelando sapientemente l’aspetto autobiografico (la scuola vista da entrambi i lati della cattedra e rivissuta tra commosse rievocazioni di studenti e buoni insegnanti, ma anche attraverso il recupero, ironico, dell’orribile memoria del senso di vuoto e di inadeguatezza del somaro, degli sguardi e le frasi di tutti quegli adulti che gli avevano predetto un destino buio… ) con brani di puro umorismo surreale, citazioni letterarie, riflessioni pedagogiche e psicologiche (1), e critiche sociologiche (2), Pennac consegna ai lettori una serie di piccole risposte al problema della scuola (sentito in tanto Francia quanto in Italia), tutte fondate sull’ impegno personale di docenti e genitori, piuttosto che su improbabili rivoluzioni istituzionali.
Consigliato ad un pubblico di insegnanti e genitori (direttamente interessati dall’argomento) Diario di scuola diverte e fa riflettere, grazie alla vivida rievocazione dell’infanzia scolastica ed alla casistica esilarante, e per merito della freschezza dello stile, anche i non addetti ai lavori.

Diario di scuola di Daniel Pennac è edito in Italia da Feltrinelli.






(1)La difesa della “fame di sapere” (solo gli insegnanti che ancora la possiedono sono in grado di risvegliarla negli allievi…), la comprensione del senso di inadeguatezza e della sofferenza connaturata al ruolo di “somaro”, il recupero della nozione di “amore”, bandita dalla moderna pedagogia.
(2)Grande rilievo assume la condanna di una scuola complice del consumismo diffuso, che permette agli studenti, in particolare quelli problematici, di restare rinchiusi nel comodo ruolo di consumatori soddisfatti.

Labels: , , , , , , , , ,