Saturday, August 26, 2006

C- Alfred Hitchcock: Il sipario strappato

Il dottor Armstrong (Paul Newman), è un brillante fisico americano deluso dalla chiusura di un progetto scientifico del quale era responsabile. Durante un convegno scientifico a Stoccolma si allontana da Miss Sherman (Julie Andrews nei panni della fidanzata e assistente di Newman), e si reca a Berlino Est, apparentemente deciso a mettere le sue conoscenze a disposizione dei russi; giunto a destinazione si renderà conto di essere stato seguito dalla curiosa e gelosa assistente-fidanzata.
I giornali di tutto il mondo riportano notizia del tradimento di Armstrong, ma lo scienziato ha altro per la testa, e per scoprire la soluzione al problema che ha causato il naufragio del suo progetto è disposto a tutto, anche a rischiare la vita trasformandosi in una spia…

Più complesso e articolato della media dei film di Hitchcock, “Il sipario strappato” è uno splendido esempio di spy story, che, nonostante l’immaturità del genere (il film è del 1966), già si diverte a giocare con i suoi clichés.
La narrazione (per comodità la si può suddividere con minima approssimazione in un movimento di “andata” e “ritorno”), che si mantiene meravigliosamente in bilico tra suggerimento e dichiarazione delle intenzioni di Armstrong nella prima parte, passa rapidamente, e in maniera impercettibile, a effetti suspence molto intensi(Per la definizione di “Suspence” e il rapporto suspence/sorpresa si rimanda al volume di François Truffaut “Il cinema secondo Hitchcock” ).
Meravigliosa la sequenza dell’omicidio di Gromeck, (culminante con l’ottima inquadratura in plongé sulla stufa a gas) lunga, lenta, silenziosissima, e forse anche per questo tanto più violenta e crudele.

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Thursday, August 10, 2006

L- Daniel Pennac: La lunga notte del dottor Galvan

Il dottor Galvan, giovane medico impiegato nella clinica Postel-Couperain aspira ad una conoscenza “totale” della medcicina, ma è privo di sentimento, il suo sogno non è infatti quello di curare, ma di “saper curare” qualunque patologia, distinguendosi così da tutti gli altri medici; è un biglietto da visita recante la dicitura “medicina interna”, l’unico movente dell’ agire di Galvan, finchè, di turno al pronto soccorso, il giovane medico si imbatte nel “malato totale”, un uomo affetto da tutte le patologie, un paziente che in una sola notte riesce a instillare in lui il vero “sentimento della medicina”…

Addormentatosi nella stanza del paziente che avrebbe voluto vegliare, Galvan si risveglia solo…
Ma cosa è successo al malato dei malati?

Un racconto brevissimo e molto ironico, privo di intreccio ma stilisticamente molto godibile, tutto costruito sulla frattura tra ciò che si è e ciò che si vorrebbe essere…
“La lunga notte del dottor Galvan” è edito da Feltrinelli.

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Wednesday, August 09, 2006

L- Stephen Crane: Racconti del West

Stephen Crane, autore classico e tanto influente nella formazione di quello “stoicismo americano” sopravvissuto e ingigantito dalla “lost generation”, filtrato attraverso i beat e tutt’ora centrale nella letteratura americana, offre una serie di brevi affreschi persi tra Messico, Texas, Nebraska…Una serie di piccoli racconti western antecedenti alla nascita del genere, già segnati da tematiche quali l’eroismo forzato (sotto il quale si nasconde la paura degli “umanissimi” protagonisti non più in condizione di tirarsi fuori da situazioni che percepiscono come pericolossissime), l’erranza, il contatto con un “altro” considerato selvaggio e incontrollabile, e già alludono (si pensi a racconti quali “l’arrivo della sposa a Yellow Sky”, “Mezzogiorno” e “Chiaro di luna sulla neve”) alla “fine della frontiera”.

I personaggi che popolano questi brevi racconti sono uomini comuni, che, costretti a mettersi in gioco per le ragioni più disparate (dall’onore, centrale in “l’albergo azzurro” alla semplice ubriachezza dei ragazzi de “I cinque topi bianchi” ecc.), si riscoprono umani di fronte alla paura, e poco importa se poi di fatto non succede niente (come nel già citato “i cinque topi bianchi” che si chiude infatti con le parole “Non era successo niente”).
Questi racconti, che sembrano già contenere un abbozzo di ogni possibile sviluppo del western (l’influenza dell’ambiente sui personaggi, l’omologazione con la east coast intesa come terra morale/civile ovvero “paurosa”, la fine del banditismo, la sfiducia nell’onore…), si sottraggono ai facili stereotipi del genere, proprio inquanto incentrati su singoli individui, tanto più reali quanto più si ritrovano esitanti e insicuri di fronte all’eventualità della morte.

I “Racconti Western” di Stephen Crane sono editi da Sellerio.

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Tuesday, August 08, 2006

C- Jean Pierre Melville: Frank Costello faccia d’angelo (Le Samouraï)

Jeff (Frank solo nell’edizione italiana) Costello (Alain Delon) è un killer professionista, molto affidabile, molto caro.Un mandante sconosciuto gli commissiona, servendosi di un intermediario, l’omicidio del gestore di un night club.Il killer porta a termine la sua missione, ma, durante la fuga, si imbatte nella pianista del locale, che ha modo di vederlo chiaramente in viso.Portato in questura a seguito di una retata la sera stessa dell’omicidio, Jeff Costello viene posto di fronte ai testimoni, tutti piuttosto incerti, tranne la pianista, la quale, pur avendolo riconosciuto in lui il killer, decide di scagionarlo…Il commissario, non convinto dalla dichiarazione della testimone, e dalla precisione dell’alibi di Costello (in effetti fabbricato ad arte) decide di tenere d’occhio il killer; intanto gli uomini che hanno ingaggiato Jeff si mettono sulle sue tracce, decisi ad ucciderlo.Il samurai si ritrova preso in una morsa, e forse, l’unico modo che ha per uscirne è eliminare lo sconosciuto mandante…
Chi è il misterioso mandante? Perché la testimone ha deciso di scagionare Jeff? C’è forse qualche rapporto tra la pianista e l’uomo che ha ingaggiato il samurai?

Jean Pierre Melville, autore di culto del cinema polar porta sulla scena un Alain Delon virtualmente svuotato da ogni espressione e sentimento (almeno fino all’ultimo incontro con la bella Jane Lagrange/Nathalie Delon), tutto teso verso il compimento del suo compito, come un vero samurai (o piuttosto un ronin).
Tratto dal racconto “The Ronin” di Joan McLeod, le Samurai, ormai grande classico della cinematografia “noir” anni 60/70 è un film costruito sul montaggio ellittico (con l’uso di tendine) e poco ritmanto, un film silenziosissimo (la prima battuta viene pronunciata dopo quasi 10 minuti di pellicola) e lento (persino nella strana scena dell'inseguimento in metropolitana), come a voler sottolineare che non c’è motivo di agitarsi, chè tanto il destino non si cambia…

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C- Wisit Sasanatieng: Le lacrime della tigre nera

L’impossibile storia d’amore tra Dum, giovane bandito noto come la “Tigre Nera” e Rampoey, figlia del prefetto locale, e promessa sposa del capitano Kumjorn della polizia Tailandese.

Ambientato in una Tailandia che ricorda da vicino il messico di Peckinpah, “le lacrime della tigre nera” dimostra, fin dalla presentazione del protagonista maschile, tutta la sua esuberanza, l’appartenenza a quel modo iper-simbolico di fare cinema tipicamente orientale; se infatti, nella foto lasciata cadere da Rampoey, Dum ha l’aspetto sognante dell’innamorato, nell’inquadratura successiva (il passaggio è rafforzato in maniera sonora dal tuono che accompagna lo stacco di montaggio) abbiamo sotto i nostri occhi il feroce bandito noto come la“tigre nera”.
Le “due anime” del protagonista (trasformato in bandito dalla sete di vendetta), così diverse, risultano tanto più definite grazie al loro accostamento (l’aria dura della “tigre nera” sembra tanto più dura perché accostata al volto da bravo ragazzo di Dum).
I colori semplicemente abbaglianti richiamano i fondali ricolorati del western classico (uno su tutti “Duello al sole” di King Vidor), le scene di duello, costruite alla scuola di Sergio Leone, poggiano sul montaggio alternato di particolari di volti, mani, occhi ( con la macchina da presa in avvicinamento progressivo sui duellanti), l’assalto al campo dei banditi strizza l’occhio a “il mucchio selvaggio” senza limitarsi all’ uso del rallenty, ma avvalendosi di un abbozzo di montaggio addizionale; le mille tendine e gli spargimenti di sangue sono l’ovvio tributo del regista ai b-movies degli anni ’60 e ’70.
Un film postmoderno nell’ accezione migliore del termine, ricco di citazioni ed esuberante, ma mai didascalico, che affascina per la sua diversità (principalmente fotografica e tematica data l’infinità di citazioni linguistiche tratte dal cinema occidentale…), per la sua stranezza, per il suo aspetto retrò, per la capacità di miscelare diversi generi (che spaziano dal melò alla commedia, dal western, al film d’avventura, dal musical al pulp…) riuniti sotto l’unico, tanto criticato (ingiustamente criticato) intreccio.

Presentato al festival di Cannes nel 2001, “Le lacrime della tigre nera” è il primo film tailandese distribuito in Italia.

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Sunday, August 06, 2006

L- Jerome Charyn: Chiamatemi Malaussène

Albert, un duro afroamericano e Antonia, la sua creola compagna, devono occuparsi di un ometto svitato che tende ad identificarsi con i personaggi dei suoi libri; portati a Parigi dal caso (almeno apparentemente), i tre si trovano in lotta, per motivi incomprensibili, con una banda di gangster del posto.Per complicare la situazione, il pazzo, che si crede “Isaac Sidel” (protagonista del noto ciclo di romanzi di J.Charyn), ha trovato in un libro (si tratta del romanzo breve “Cristianos y moros”* anche se il titolo non compare)la traccia della sua parentela con la famiglia Malaussène, ed deciso a ricongiungersi con i parenti…

Breve e mal sviluppato, il libro di Charyn ha poco in comune con le opere di Pennac; l’ironia eccezionale che caratterizzava la saga familiare dei Malaussène lascia il posto alla tiepida comicità di questa sfilata di personaggi mal disegnati e poco approfonditi.
Lo stile piatto e sboccato della narrazione e dei dialoghi non è minimamente paragonabile alla scrittura ribollente di Pennac.
L’ apprezzabile gioco di citazioni letterarie esterne (si intrecciano con quelle inserite da Pennac in “Ultime notizie dalla famiglia”) e “interne” (interessante il meccanismo di autocitazione) di gusto postmoderno non è sufficiente a giustificare un’opera di per se’ mediocre.

“Chiamatemi Malaussène” è edito da “il saggiatore”.

*si veda il post relativo a Daniel Pennac, “Ultime notizie dalla famiglia”.

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Saturday, August 05, 2006

L- Daniel Pennac: Ultime notizie dalla famiglia

Preoccupante fin dal titolo per chi abbia seguito l'intera saga della nota famiglia di Belleville, “Ultime notizie dalla famiglia” raccoglie in un unico volume l’adattamento teatrale di “Il signor Malaussène” e il romanzo breve “Cristianos Y Moros”.

Per quanto riguarda l’adattamento “signor Malaussène a teatro”, il lettore non troverà niente di più che la resa teatrale, in forma prevalentemente monologica, del ben noto quarto capitolo della saga dei Malaussène; diverso il discorso per il romanzo breve “Cristianos y Moros” che, benché quasi completamente proiettato verso il passato (vi si racconta la strana storia del padre del piccolo, che, forse in seguito a lesioni, è arrivato ad identificarsi con il protagonista di un ciclo di romanzi di Jerome Charin), ci offre le “ultime notizie dalla famiglia”.
Quasi consolante, nonostante l’ovvio senso di tristezza connesso ai circoli che si chiudono, il fatto che la nota (e ormai amata) famiglia si congedi come si è presentata, piena di vita, di bambini, di fatti e di racconti; quasi consolante il fatto che gli anni e le tragedie (“Quel che ti aspetta, in realtà, è più un ecatombe che una famiglia.” Dichiara Benjamin al piccolo Signor Malaussène) non siano riusciti a toccare i personaggi, immutabili e fermi sulle loro posizioni, liberi e vitali in una Belville in fermento e meravigliosamente multietnica.

Data la varietà e la profondità dei temi trattati non è dato formulare giudizi di massima sicuramente destinati a ridurre e banalizzare in una serie di leggi generali tutta la saga familiare dei Malaussène; si può semmai spezzare una lancia a favore della traduttrice Yasmina Melouah (mai ricordata nelle recensioni dei capitoli precedenti), che è riuscita a rendere nel migliore dei modi un linguaggio complesso e contaminato, uno stile ironico e colorito che investe e sovverte le regole della scrittura in tutte le sue forme, senza risparmiare il segno grafico, e lo ha fatto rispettandone la dimensione ampiamente metanarrativa.

Congedandoci da Benjamin Malaussène, non ci resta quindi che augurarci che la sua “sfiducia negli uomini e fiducia nell’umanità”, quell’amore per la gente, per la diversità, per la vita (per carità, nascosti sotto un cinismo mal simulato, dietro la poco credibile visione tragica del futuro e la tendenza a cadere nel melò) abbiano lasciato qualche piccolo segno in ognuno di noi, convinti che (parafrasando un pensiero del Commissario Rabdomant) “se ci fossero più Malaussène, e meno Legendre, forse il mondo sarebbe migliore”…

“Ultime notizie dalla famiglia” è edito da Feltrinelli.

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L-Juan Madrid: Conti in sospeso

Toni Romano, ex poliziotto in rovina accetta un lavoro misterioso dal signor Ventura, rispettato ex commissario della polizia politica.La consegna di una valigetta colma di “Finanziamenti” destinati ad un uomo politico dovrebbe fruttargli duecentomila pesetas, ma, al suo ritorno, Ventura si rifiuta di pagarlo.
Toni è deciso ad ottenere quello che gli spetta, ma dietro la facciata dell’ onore (non è certo uno dei tratti distintivi dell’ex poliziotto, che arriva a chiedere in prestito dei soldi alle tre vicine di casa) si nascondo un gran bisogno di verità (oltre che una palese intolleranza per la falsità e la corruzione degli ex colleghi poliziotti), e i conti in sospeso si riveleranno molto più vicini e profondi di quanto il protagonista non creda…

Juan Madrid, giornalista e scrittore, confeziona un buon noir privo di fronzoli e decisamente scorrevole, che tiene incollati alla pagina e non ammette interruzioni.
Ambientate per le strade di una Madrid piena di relitti umani, di emarginati, e di uomini violenti e corrotti, le avventure di Toni Romano sono, il risultato (tematicamente e stilisticamente) "più americano" della produzione noir iberica.
“Conti in sospeso” è edito da Frassinelli.

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Friday, August 04, 2006

L- Ross MacDonald: Stranieri in città


Ragazzini innamorati finiscono in galera accusati di omicidio, mariti gelosi si rovinano, “annegati” con i polmoni pieni di acqua potabile vengono ritrovati morti in piscina, pittori scomparsi celano dietro la loro morte il mistero di quadri rubati, donne fatali uccidono, fuggono, derubano, esperti aviatori spingono belle ragazze al suicidio…

Due sono i problemi dei racconti incentrati sulla “detection”: Per rispettare i limiti imposti (spesso i racconti erano scritti su commissione, o in vista di una vendita a giornali generalmente molto severi riguardo alla lunghezza degli elaborati), si rovina l’intreccio giungendo a conclusioni troppo facili e affrettate, o si rovesciano sulla pagina trame semplici e banali che possano, senza squilibri narrativi, essere sciolte in tempi brevi.
A questa triste legge di antieconomia narrativa, la cui infrazione segna i primi racconti di Hammet (si pensi alla raccolta “Uno sparo nel buio”), e di Chandler, non si sottraggono le "Short stories" di Ross Macdonald; proprio come Chandler e Hammet, però, Macdonald riesce a portare sulla pagina un bel campionario di personaggi, avvenimenti ed ambienti destinati a diventare, nel tempo, dei clichés del genere (le ville di Hollywood, le scazzottate con i gangster di turno, le donne fatali, i motel californiani ecc.).

Alcuni tratti della personalità di Lew Archer (e dei suoi predecessori) escono ben definiti dai nove racconti della raccolta, e, se nei primi incerti tentativi di narrazione l’autore forza troppo la mano sul “compito morale” del detective, affrontato ancora senza ironia, una migliore (e più sopportabile) caratterizzazione del personaggio procede parallelamente all’aumento di complessità (ed efficacia) degli intrecci.

L’antologia “Stranieri in città” (nonostante le indicazioni sul dorso la indichino come antologia completa, la raccolta comprende solo 9 dei 14 racconti di Ross Macdonald) è stata pubblicata in nel numero di settembre 2002 del “supergiallo mondadori”.

Immagine: locandina del film "Detective's story" con Paul Newman nei panni di "Lew Archer" (per ragioni sconosciute il nome del detective è stato cambiato in Harper)

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Tuesday, August 01, 2006

L- Daniel Pennac: La passione secondo Therèse

La giovane Therese, gelida strega della famiglia di Belleville sembra sottrarsi alla legge che costringe le donne di casa Malaussène a facili prede di amori tumultuosi e dalle conseguenze tragiche; quando le sue guance bianche e scavate assumono un po’ di colore, come un lieve arrossamento, Benjamin spera che si tratti di tubercolosi, ma poi l’annuncio arriva: Therèse è innamorata e sta per sposare “Marie-Colbert de Robertval”, consigliere referendario di primo livello alla corte dei conti (in effetti noioso e squadrato rampollo di una famiglia di antica nobiltà parigina).

Benjamin incontra sconcertato il futuro sposo, certo che la situazione non tarderà a precipitare: infatti ben presto Julius il cane, l’unico animale dotato di una coscienza politica (è stato educato da Jéremy e dal piccolo, e fa i suoi bisogni solo sui manifesti elettorali dei candidati di destra) ha una nuova crisi epilettica, la roulotte dove Therèse svolge la sua attività da fattucchiera viene trovata bruciata (con un cadavere carbonizzato all’interno) e Marie-Colbert, abbandonato dopo la prima notte di nozze viene trovato ucciso...
Therèse viene arrestata, ma la famiglia sa che non è lei la colpevole, la notte dell’omicidio era infatti con un amante.
Chi è l’assassino? E chi è il misterioso amante di Therèse?

Quinto capitolo dell’ “esalogia” della famiglia Malaussène, “la passione secondo Therèse” ne è il capitolo più breve, ma non per questo meno intenso ed efficace.
Interessante lo sviluppo del personaggio di Therèse, sempre presente, ma alquanto trascurato negli altri romanzi.
Per i lettori appassionati resta aperto l’interrogativo sul futuro di Therèse, privata delle sue doti divinatorie per essersi concessa al marito ed al “misterioso amante”…

“La passione secondo Therèse” è edito da Feltrinelli.

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