Tuesday, May 29, 2007

L-Georges Simenon: Una testa in gioco

Due del mattino nella fortezza della Santé; il prigioniero numero 11, condannato a morte per l’omicidio di una ricca vedova, evade di galera sotto lo sguardo pensieroso di un poliziotto alto e corpulento che fuma la pipa avvolto nel suo cappotto nero. Il prigioniero raccoglie un pacco nascosto da un complice sconosciuto, si cambia d’abito, e scavalca il muro di cinta; dall’altro lato della strada un paio d’agenti in borghese sono pronti a seguirlo…

Il commissario Maigret, certo di aver arrestato un innocente, decide di mettere a repentaglio la propria carriera, e, con il pretesto di arrestare un ipotetico complice, organizza l’evasione del giovane Heurtier; si troverà così coinvolto in una difficile indagine, nel corso della quale dovrà affrontare un temibile avversario: il cecoslovacco Radek, resosi colpevole più per un’insostenibile curiosità intellettuale che per i morsi della fame…

“Una testa in gioco” è un romanzo unico all’interno della sterminata produzione di Georges Simenon: Sostenuto da un Maigret fallibile ed apparentemente fuori forma (ma ancora pienamente umano e disposto a mettere a rischio tutto pur di salvare un innocente ingiustamente condannato a morte…), segnato dalla presenza dell’incredibile Radek (quasi un dostoevskjano Raskolnikov divenuto cinico col passare degli anni…), e scritto appositamente per il cinema(1), ma senza rinunciare all’interiorità dei personaggi.(2)
Un romanzo assolutamente meraviglioso…

Dal romanzo “Una testa in gioco” di Georges Simenon sono stati tratti i film “La testa di un uomo” (1933) diretto da Julien Duvivier ed interpretato da Henry Baur e “L’uomo della Torre Eiffel” (1950) diretto da Burgess Meredith ed interpretato da Frenchot Tone e Robert Hutton.(2)

“Una testa in gioco” di Georges Simenon è edito da Adelphi.


(1)Come ci informa giustamente la nota in apertura all’edizione Adelphi “Con una testa in gioco [….] si consuma il primo ed ultimo tentativo di Simenon di scrivere una storia per il cinema e di curarne lui stesso la regia.” (Simenon, G. Una testa in gioco, “Le inchieste di Maigret”, Adelphi, Pg. 3 )
(2) La psicologia dei personaggi, generalmente poco approfondita nel ciclo delle "inchieste di Maigret", ritrova qui il suo giusto spazio nello splendido resoconto conclusivo offerto dal protagonista al giudice Coméliau.
(3) Due curiosità: Nel film "L'uomo della Torre Eiffel" il regista Burgess Meredith compare nei panni di Joseph Heurtin; la parte di Maigret è invece affidata a Charles Laughton, premiato con un oscar come “miglior attore” per “Gli ammutinati del Bounty", 1935, ma anche regista del bel noir “Night of the Hunter” (recentemente rimasterizzato su DVD per la prestigiosa collana “Criterion Collection”).

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Monday, May 28, 2007

L- Léo Malet: La notte di Saint Germain-des-Prés


Foto: Boulevard Saint-Germain, angolo rue Bonaparte negli anni ’40; I due locali visibili sono il Café des deux Magots(1)(utilizzato per le riprese del film “L’uomo della Torre Eiffel” diretto da Burgess Meredith e ripreso da Malet in “La notte di Saint Germain-des-Prés” ) ed il Café Flore, all’interno del quale il romanzo si apre…



VI arrondissement; secondo dopoguerra.Un uomo si muove a disagio fra ritrovi di artisti e locali notturni, musicisti neri e poliziotti con l’aria da vedovi: E’ Nestor Burma, detective privato e titolare dell’agenzia investigativa “Fiat Lux”.
Assunto da un assicuratore per recuperare 15.000.000 di franchi in gioielli sottratti ad una vedova che la “compagnia internazionale di assicurazione” non ha nessuna intenzione di pagare, Burma fissa un incontro con Charlie McGow, un nero che dichiara di avere con se’ i preziosi; purtroppo però, al suo arrivo nella camera 42 dello squallido “hotel Diderot”, il detective si ritrova a tu per tu con un cadavere, e dei gioielli neppure l’ombra...
Comincia così una sorta di vagabondaggio alla cieca sul consueto, e meraviglioso sfondo di una Parigi notturna da tempo perduta: La città degli artisti, dei caffè, del jazz, degli esistenzialisti…(2)

Lo stile di Malet, americano di facciata, ma ironico (ed auto-ironico) in maniera squisitamente europea, si applica qui ad un’opera tutta sbilanciata sulla dimensione meta-narrativa che, timidamente insinuatasi nella prima parte del romanzo (“…tirai una sedia verso di me. Il libro che ci era poggiato sopra scivolò inavvertitamente per terra. Lo raccolsi. Era Una testa in gioco di Georges Simenon”(3) e ancora “L’uomo della Torre Eiffel , tratto da un romanzo di …Ah!E’ divertente!Per un verso o per l’altro finisco sempre per tornare a questa benedetta vicenda!L’uomo della Torre Eiffel è preso da Una testa in gioco”(4)) prende poi decisamente il sopravvento fino a fornire (al lettore informato sui fatti tanto quanto all’investigatore) la soluzione dell’enigma.
La notte di Saint Germain-des-Prés è un’altra meraviglioso saggio dell’intelligenza narrativa di un autore in grado di mistificare una storia già nota a molti (anche grazie all'adattamento cinematografico), per poi condurre il lettore verso la soluzione (anch'essa nota, ma come dimenticata) con grande maestria.

Da “la notte di Saint-Germain-des-Prés” è stato tratto l’omonimo Film diretto da Bob Swaim, ed interpretato da Daniel Auteuil e Michel Galabru.

“La notte di Saint-Germain-des-Prés” è parte del ciclo di romanzi “I nuovi misteri di Parigi”, editi in Italia da Fazi.


(1) Il caffè des deux magots, tutt’ora aperto, era un noto ritrovo di scrittori ed artisti; tra i clienti abituali da ricordare almeno André Gide, Picasso, Fernand Léger, Prévert, Hemingway, Sartre, Simone de Beauvoir, Andrè Breton e lo stesso Malet
(2)Il lettore stregato dal VI arrondissement “notturno” potrà trovare meravigliose ed ironiche descrizioni degli stessi luoghi in “la Parigi degli esistenzialisti” (Editori Riuniti, tit. or. “Manuel de St.-Germain des- Prés”) una sorta di stravagante “guida turistica” firmata Boris Vian.
(3)Pg. 81
(4)Pg.136

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Sunday, May 13, 2007

L- Jack Ritchie: Approssimativamente tuo

Mr. Walker è “presidente della giuria” in un concorso di bellezza, ma il suo compito si rivela decisamente rischioso; un giovane di buona famiglia contrae debiti troppo profondi con un biscazziere ed è costretto a inscenare una sparizione; automobilista indifferente alla notizia della presenza di autostoppista assassino a piede libero, offre un passaggio ad un ometto assolutamente corrispondente alla descrizione dell’omicida; crudele professore viene designato come “vittima dell’anno” in un gioco tradizionale degli studenti di legge, ma improvvisamente comincia a temere di essere ucciso sul serio; rapida incursione nella vita di un dinamitardo e della sua famiglia alla ricerca di un movente…; un uomo viene trovato morto su un prato: i sospettati? Caino ed Eva; due agenti di polizia si trovano coinvolti in una rapina, ma solo uno dei due tenta di reagire: Perché il collega, pluridecorato per atti di eroismo si è limitato ad alzare le mani?; medico di paese su automobile “Approssimata”(1) rimorchia bella turista; unici tre superstiti di un antico club costituito da 12 giovani di buone speranze si interrogano sulla misteriosa morte “accidentale” dei nove soci scomparsi; una rapina in banca sotto gli occhi della telecamera si trasforma in un complicato rompicapo; gestore di un paio di sale da gioco deve vedersela con dei gangsters da poco arrivati in città.

L’ironia e l’imprevedibilità di Ritchie (autore giustamente amato da Hitchcock che lo volle spesso come soggettista per la famosa serie televisiva “Alfred Hitchcock presenta”), accompagnate dal consueto stile minimale, ammicante (spesso in funzione depistante…), spiazzante e sempre suggestivo fanno di questa raccolta un piccolo capolavoro della narrativa noir.
Tra i racconti, tutti splendidi, meritano di essere segnalati almeno “Payoff at the green dollar” nel quale Ritchie si confronta con una situazione classica del genere noir e mette in scena, con la consueta ironia, uno dei pochi “duri” della sua galleria di protagonisti spesso vigliacchi e maldestri, e l’intricato “The fragrant puzzle” incredibile saggio delle capacità di depistaggio dell’autore…

Indice dei racconti contenuti:

  • Beauty is as beauty does
  • The way to do it
  • #8
  • That year’s victim
  • Put together a man
  • The investigator
  • Fragrant puzzle
  • Approximately yours
  • 9 from 12 leaves 3
  • The quite eye
  • Payoff at the green dollar

La raccolta di racconti “Approssimativamente tuo” di Jack Ritchie è edita da Marcos y Marcos.

(1) Si tratta di un assemblaggio esteticamente avvilente di pezzi di recupero presi da altre automobili…

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Wednesday, May 09, 2007

C- Quentin Tarantino, Robert Rodriguez: Grindhouse




Il termine "grindhouse", assolutamente insignificante qui da noi, richiama alla mente degli appassionati di film di genere d’oltreoceano, una serie di salette cinematografiche di infimo livello, poste in zone volutamente periferiche e dedite alla programmazione di ogni sorta di pellicole, di serie non precisata, dalla B alla Z.
La tradizione, da lungo tempo scomparsa anche negli States, voleva che gli spettatori potessero “godersi”, sborsando i soldi di un unico biglietto, almeno un paio di filmetti di poco conto, proiettati nelle peggiori condizioni possibili.

Il progetto iniziale di Tarantino- Rodriguez era quello di offrire al pubblico di tutto il mondo una “Double feature” costruita sulla falsariga dei film proiettati nelle grindhouse, con la doverosa aggiunta di una serie di trailers fittizi (nonché la pubblicità di un ristorante tex-mex) confezionati per l’occasione (tra i registi di questi spiccano Eli Roth, Rob Zombie e lo stesso Rodriguez) ed inseriti tra i due episodi allo scopo di ricostruire al meglio l’atmosfera lontana delle defunte salette.
Nascono così “Planet Terror” di Robert Rodriguez e “Death Proof” di Quentin Tarantino; purtroppo, contrariamente alle intenzioni dei registi, sembra che in Europa i due episodi del film saranno proiettati separatamente; resta dunque da chiedersi che fine faranno i pregiati finti trailers…

Robert Rodriguez’s Planet Terror: Ispirato, secondo le dichiarazioni del regista, ad “Incubo sulla città contaminata” di Umberto Lenzi, il film di Rodriguez ripropone, in versione rivista ed aggiornata, il classico intreccio del film di Zombies (con tanto di protagonisti che si barricano in un luogo chiuso per poi tentare la sortita, secondo la classica modalità utilizzata da Romero…):
Un avaro scienziato ha creato un arma biochimica destinata all’eliminazione dell’intera popolazione di un’area chiusa e circoscritta; quest’arma, impiegata in Afghanistan, ha erroneamente infettato un contingente di soldati statunitensi impegnati in operazioni militari; al ritorno in patria, i soldati, capeggiati da un ottimo Bruce Willis, non hanno che una possibilità per rimanere in vita: devono esporsi in maniera continua al gas che ha causato in loro la malattia, ma la contrattazione con lo scienziato che ne detiene le uniche scorte va storta…

Girato, come già si è indicato, con chiari riferimenti al cinema di Zombie classico da Romero a Lenzi (passando forse anche attraverso “Junk” del regista giapponese Atsushi Muroga (1), del resto più volte citato da Tarantino), ed arricchito da una buona dose di humor nero, Planet terror mette in scena la lotta di un gruppo di sopravvissuti (stranamente immuni al gas, che nel frattempo è stato liberato nell’atmosfera tanto che sembra che l’intero genere umano sia destinata ad estinguersi), contro un numero sempre maggiore di contagiati.
Apprezzabile il riemergere qua e là di un certo serpeggiante motivo politico ironicamente antimilitare ed antiamericano.
Da notare la curiosa entrata in scena di personaggi provenienti direttamente dal mondo di Kill Bill…

Quentin Tarantino’s Death Proof: Kurt Russell, è Stuntman Mike, un folle individuo che corre per le strade d’america su una vecchia auto preparata per girare scene di stunt (tanto da essere “a prova di morte”, sempre se siete seduti al posto guidatore), alla ricerca di ragazze attraenti da far fuori (servendosi solo ed unicamente dell’auto…); dopo un paio di colpi andati a segno il vecchio stuntman incapperà, però, in un trio di ragazze più dure di lui…
Decisamente povero dal punto di vista narrativo (2), Death proof si distingue per la lunghissima (ma , ahimè, discreta) sequenza di inseguimento, e per poco altro; Nonostante le citazioni verbali di film nei quali la guida svolge un ruolo predominante si riferiscano principalmente a film con protagonisti maschili(es. Vanishing Point, vero e proprio mito per le due stuntman che poi porteranno Russell/mike alla sua fine), nella seconda parte si rende palese la derivazione del film da opere quali “Faster pussycat, kill kill” di R. Meyer e simili(si tratta in effetti di tutto quel filone che, mantenendosi a ridosso della linea di demarcazione tra pellicola erotica e film di genere, mette in scena una serie di donne avvenenti e aggressive pronte a tutto per soggiogare l’uomo di turno, anche alla violenza fisica...).


Bella (anche se impraticabile dopo questo primo ed unico tentativo, pena il ricadere in un’omologazione all’inverso…(3)) la scelta di sporcare la pellicola (ma sarà poi davvero una pellicola o sarà tutto fatto in digitale?), e di inserire lunghe ellissi simulando il guasto/la mancanza di una bobina.
Un prodotto sicuramente interessante (anche se ormai questi “collage” di citazioni variamente recuperate dal cinema colto e meno colto non stupiscono più, e anche se ormai il mix di sesso, sempre suggerito e mai mostrato, e violenza non sconvolge più nessuno), che ci auguriamo di non veder rovinato dalle decisioni dei produttori.

(1)Gli appassionati ricorderanno forse il pregiato “Gun Crazy”, pregevole action movie firmato Atsushi Muroga nonché unico film del regista distribuito in Italia (con esplicito riferimento a Tarantino riportato, per motivi palesemente commerciali, sulla custodia del DVD)…

(2)Iin realtà risulta apprezzabile la falsa iterazione fondata sull’associazione delle due sequenze di “confidenze femminili in auto”, che portano, però, a conseguenze ben diverse…

(3)Questa di Tarantino/ Rodriguez rappresenta una scelta alquanto inattuale: Entrambi i registi infatti, con il passare degli anni sono passati dal cinema “artigianale” tipico di quelli che dichiarano essere i loro maestri (da Di Leo a Lenzi, da Corman a Carpenter ecc.) , ad una serie di prodotti via via più lucidi e patinati (per Rodriguez si pensi ad a “Sin City”, ma anche a “C’era una volta in Messico” e per Tarantino valga come esempio lo sbrilluccicante episodio “Grave Danger” dell’acclamatissima serie televisiva C.S.I…).

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Saturday, May 05, 2007

L- Massimo Carlotto: Il Fuggiasco

1978-1985: Un fantasma si aggira per l’Europa (e non solo), è lo spettro di Massimo Carlotto, ridotto alla clandestinità da un’indimenticabile errore della giustizia italiana… Ma andiamo con ordine:

Padova, 20 Gennaio 1976: La venticinquenne studentessa Margherita Magello viene trovata morta nel suo appartamento; qualcuno le ha rifilato 59 coltellate. Ad informare la polizia è uno studente diciannovenne, Massimo Carlotto, trovatosi per caso sulla scena del crimine.
Segue un interrogatorio di ore, al termine del quale gli inquirenti non hanno dubbi: l’assassino è proprio lui, Carlotto, e d’altra parte il ragazzo milita in “Lotta Continua”…
Massimo finisce in prigione (ci resterà fino al 5 Maggio ‘78), viene processato ed assolto per insufficienza di prove, ri-processato e condannato; deciso a non tornare in carcere, e posto di fronte all’emissione di un verdetto di colpevolezza, il giovane decide di fuggire e darsi alla latitanza.

“Il fuggiasco” è un incredibile documento di questo lungo periodo di “latitanza occasionale” (quella di chi non ha nulla di organizzato, anche perché mai e poi mai avrebbe pensato di aver guai con la legge), spesa tra Francia, Spagna, imprecisati paesi di area basca ed infine Messico.
Giunto a Città del Messico con l’intento di non nuocere ai compagni che vivono a Parigi (dove il ragazzo era stato accolto ed istruito da una serie di sudamericani ormai da tempo esperti nell’arte della latitanza…)da rifugiati e sotto mentite spoglie, Carlotto cerca di procurarsi una nuova identità, ma cade nelle mani di un truffatore (anche se qui il termine suona troppo leggero) che dopo essersi fatto consegnare una ingente somma di denaro, lo vende alla polizia.
Torturato e gettato in una cella buia per via di una somiglianza tra il suo cognome e quello di un pericoloso terrorista internazionale, il ragazzo viene rilasciato dopo alcuni giorni, e gli viene offerta la possibilità di recarsi in una località a sua scelta; provato dall’esperienza delle carceri messicane e deciso più che mai a riprendersi la sua identità, Carlotto torna in Italia per consegnarsi alla polizia.
Ironia della sorte: Tornato in patria e consegnatosi alle autorità areportuali, il ragazzo scopre che nessuno si ricorda più di lui, e il mandato di cattura, finito al fondo di un cassetto chiuso, deve essere ricercato a lungo sotto i suoi occhi increduli.
La battaglia di Carlotto finirà solo il 7 Aprile 1993, quando riceverà, a seguito di una lunga campagna mediatica (alla quale l’ormai ex-latitante non partecipa per ribadire la propria innocenza), la grazia presidenziale…

Più inquietante che ben costruito (e d’altra parte, contrariamente alle speranze di Carlotto e dei suoi amici rivoluzionari d’altri tempi, sembra tristemente difficile costruire o ri-costruire la realtà…), più vero che letterariamente appagante e tuttavia più incredibile di un romanzo, “il fuggiasco” è e resterà, un’opera unica nella sua qualità di documento dell’esperienza irripetibile (speriamo…) di un uomo posto sulla via della distruzione da un orribile errore giudiziario.

Dal romanzo “il Fuggiasco”, e come contributo aggiuntivo alla rimemorazione della orribile bruttura legale di Carlotto, è stato tratto nel 2003 l’omonimo film scritto e diretto da Andrea Manni sotto la supervisione dell’autore.

“Il fuggiasco” è edito da e/o.

Immagine: L'autore in una foto di Massimo Massa

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