Wednesday, April 26, 2006

C- Louis Leterrier: Danny the dog


Danny (Jet Li) è stato addestrato come un vero e proprio cane da guardia dallo “Zio Bart” (Bob Hoskins), che fa lo strozzino a Glasgow.
Segregato, nutrito e trattato come un cane, la vita di Danny consiste nel pestare e uccidere i debitori insolventi; non c’è spazio per i sentimenti, finchè il fortuito incontro con un accordatore di pianoforti cieco (Morgan Freeman), riporterà alla mente del ragazzo un passato da tempo dimenticato…

Il film, scritto da Luc Besson, e diretto da Louis Leterrier (Transporter:Extreme), trae gran parte della sua forza dalle lunghe sequenze di combattimento, ben coreografate da Yuen Wo-Ping (già “Martial Arts supervisor” in Kill Bill e Matrix: Reloaded), ma non altrettanto ben montate (il montaggio per pezzi brevi è molto amato dal pubblico degli action movies, ma troppo diffuso e decisamente comune, e forse sarebbe ora di tentare qualche nuova soluzione) dal giovane regista; troppo ovvi i tentativi di fare presa sul sentimentalismo latente in ogni spettatore (o quasi) con la storia dell’uomo-cane violento ed ignorante che si redime attraverso la musica, e l’abbozzo di storia d’amore sul pianoforte tra Danny e Victoria.
Ottima (come c’è da aspettarsi) la recitazione di Hoskins e Freeman, convincente anche Jet Li.
Nel complesso il film è un gradevole action movie, privo di novità ma costruito su un soggetto discreto sul quale si muove a ritmo sostenuto e reso più gradevole da qualche tocco di sincero umorismo.

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Sunday, April 16, 2006

C- Thomas Vinterberg : Dear Wendy


Dick è un ragazzo insicuro e privo di interessi e ideali, tranne un piatto pacifismo di cui fa sfoggio con gli amici; dopo la morte dei genitori (il ragazzo dovrebbe avere una ventina d’anni ma ne dimostra decisamente meno) trova lavoro come commesso in un emporio.
Per una coincidenza si trova in possesso di una pistola (la Wendy del titolo) e, spinto da un giovane collega appassionato di armi (anche lui pacifista), impara a sparare.
Il possesso delle armi, ed il loro uso (sempre di nascosto ed in luoghi isolati), dà sicurezza ai due giovani che in breve decidono di coinvolgere nel loro “gioco”(il "pacifismo con le armi") gli altri ragazzi emarginati della loro cittadina; ne nasce un circolo, i cui soci, i “dandies”, contraggono matrimonio con le rispettive armi, e giurano solennemente di non estrarle mai in pubblico.
La situazione degenera (trasformando il film in una sorta di atipico western) quando la vecchia Clarabel (ex baby-sitter di Dick) uccide l’aiuto sceriffo, e i ragazzi decidono di difenderla entrando in aperto conflitto con le autorità.

Scritto da Lars Von Trier e diretto da Thomas Vinterberg, Dear Wendy è un film piacevole, ma poco credibile, che fonda su riflessioni socio-politiche poco meditate e mal sviluppate, e riduce l’interiorità dei ragazzi (che a quanto ci è dato sapere dovrebbe avere un ruolo di preminenza) alla loro insicurezza, ed al loro piatto rapporto con le pistole.
L’immagine spesso accattivante, ma decisamente troppo patinata, il ricorso ad un montaggio post-moderno (che a tratti ricorda lo stile pubblicitario, o alla meglio quello delle fiction televisive di bassa lega), l’uso malcelato di ovvi stratagemmi cinematografici, rappresentano un aperto tradimento alle “regole di castità” sottoscritte dai due registi in quella piatta e oziosa manifestazione di buona volontà che è il famoso manifesto “dogma 95”.

Che dire allora di Dear Wendy? Gran parte del piacere legato alla visione del film deriva appunto dal prendere atto del tradimento del dogma (oltre che dalla bella colonna sonora degli Zombies), per il resto c’è solo l’interiorità di persone piatte che occupa lo schermo muovendosi su un’ intreccio prevedibile e mal sviluppato, e rappresentato attraverso gli stilemi del peggior cinema contemporaneo.

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Saturday, April 15, 2006

M- Bruce Springsteen: We Shall Overcome (The Seeger Sessions)


A un anno dall'usicta del discreto "Devils and Dust" Bruce Springsteen torna a sorprenderci con il bel "We Shall Overcome", un disco di "cover"(il termine si adatta male al "traditional" che è realmente parte di un patrimonio culturale collettivo, e suscettibile di modificazioni da parte di chiunque ed in qualunque momento) di pezzi tradizionali riproposti nel segno di Pete Seeger.
I pezzi,costruiti su un gran numero di strumenti acustici (contrabbasso, banjo, pianoforte, violino, trombone, tromba, basso tuba, chitarra, sassofono, fisarmonica, percussioni), mantengono l'impronta tipica dell'arrangiamento alla Springsteen, ma non disdegnano le scivolate nel bluegrass, le brevi incursioni nel jazz ecc....
Da segnalare, all'interno dell'album, la bella "Erie Canal" che indulge volentieri ad atmosfere in stile New Orleans, "Mary don't you weep" costruita come un punto d'incrocio tra la musica balcanica, il cajun, ed il gospel, e l'ottima versione di "Froggie went-a-courtin"(in grado di reggere il confronto con la versione rilasciata da Dylan nel suo "Good as i been to you"); il punto debole dell'album è forse proprio la "title track", quella "We Shall Overcome" che suonava bene cantata dal solo Pete Seeger, ma che ricostruita, riarrangiata (sembra riarrangiata con l'aiuto del peggior Cohen) e manipolata risulta falsa, lunga e noiosa.
I vecchi fan saranno comunque contenti di notare che Springsteen ha abbandonato la terribile voce in falsetto che aveva, in parte, rovinato l'album "Devils and Dust".

We Shall Overcome (The Seeger Sessions) è prodotto da Columbia records.

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Friday, April 14, 2006

C- Wim Wenders: Nel Corso Del Tempo (Im Lauf Der Zeit)


Bruno, detto “King of the road” ripara proiettori cinematografici “a domicilio” nei vecchi cinema di paese sperduti lungo il confine tra la Germania dell’ovest e quella dell’est; Robert, detto “kamikaze” è uno psicologo del linguaggio appena separatosi dalla moglie che tenta di suicidarsi gettandosi a fiume con la sua automobile sotto gli occhi di Bruno.
Dall’incontro casuale dei due uomini soli nasce un’amicizia silenziosa ma profonda (quel genere di amicizia virile tipica dei film di Wenders che i critici hanno frettolosamente banalizzato parlando di omosessualità latente), e Robert, abbandonata la sua automobile nel fiume, si unisce a Bruno.
I due non hanno niente in comune, se non la condizione di uomini “senza donne”, e un’infanzia difficile alle spalle, eppure lungo il loro girovagare, trovano nel contatto reciproco motivazioni sufficienti per tentare di risolvere i rispettivi problemi esistenziali.
Il cinema, rappresentato nei suoi aspetti artigianali, meccanici, umili, contrapposto al cinema come merce di lusso balza fuori dalle sequenze in interno (limitate, o quasi alla descrizione del lavoro di Bruno) come un terzo protagonista.
Il tempo di cui parla il titolo è un tempo soggettivo e reversibile, il tempo del cinema e dell’interiorità, ben rappresentato dal ritorno al passato dei due protagonisti che sembra legato allo spazio fisico percorso.
Vivamente sconsigliato a chi non ami il cinema d’autore (le 2 ore e 48 di pellicola rendono la visione un’impresa per pochi spettatori ben motivati), “Nel corso del tempo” è un road movie girato letteralmente “sulla strada”, con la macchina da presa in spalla, pronta a piegarsi agli incontri occasionali, alle suggestioni del paesaggio, agli umori dei protagonisti; non giudica, ma mostra, e semmai evoca i temi ancora caldi del nazismo, della Germania divisa in due, e anche quelli non politici (ma non per questo meno impegnati e impegnativi) della solitudine, dell’amicizia, di un certo malessere esistenziale, risparmiando allo spettatore gli odiosi clichées del road movie all’americana (il viaggio è sì una “fuga”, ma anche una costrizione, un esilio volontario dei due protagonisti, ma anche luogo di una solitudine forzata che ben traspare dalle parole di Robert).
Da segnalare, oltre ai meravigliosi quadri in esterno (veri e propri capolavori di composizione, mai creati o ri-creati, ma semplicemente “scoperti” in natura), la sequenza delle ombre cinesi, ovvio omaggio del regista all’era pre-cinematografica e paleo-cinematografica.
Girato in un meraviglioso bianco e nero e ben accompagnato dalle musiche degli “Improved Sound Limited” che scandiscono gli umori dei due protagonisti, nel corso del tempo è un’opera complessa e ricca di spunti diversi, e certamente uno dei capitoli più alti della produzione del primo Wenders.

Nel corso del tempo è stato recentemente pubblicato in edizione speciale (2 dvd + un cd contenente la colonna sonora) da “Ripley Home Video”.

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Saturday, April 08, 2006

C- Jim Jarmusch: Night on Earth (Taxisti di notte)


Los Angeles, una giovane tassista raccoglie un’impresaria cinematografica all’aeroporto per portarla a casa, la donna le propone di divenire un’attrice, ma lei sogna di diventare meccanico, e rifiuta.

New York, la strana amicizia tra Yo-Yo e Helmut Grokenberger, un tedesco dell’est appena arrivato negli Stati Uniti, destinata a nascere e morire nel tempo di una corsa da tredici dollari.

Parigi, un tassista di colore trasporta una ragazza cieca per un breve percorso e, rimasto incuriosito dalla condizione della passeggera, le rivolge alcune domande indiscrete.

Roma, un tassista stralunato trasporta un prete da una parte all’altra della città e viene preso dalla voglia di confessarsi (cosa che sembra non abbia mai fatto in vita sua), ma il genere di peccati che ha commesso è un po’ troppo forte, e il passeggero, malato di cuore, ci rimette la pelle.

Helsinki, un tassista dall’aria indurita raccoglie tre ubriachi e li trasporta fino a casa, lungo il percorso avrà modo di raccontargli la sua tragica storia.


Cinque storie, cinque fatti estemporanei, amari, ironici, folli; cinque taxi come confessionali a motore lanciati nella notte.

Il film, quasi un giro del mondo che comincia a New York all’imbrunire, e termina con la luce fredda dell’ alba di Helsinki, passa dall’ironico all’amaro, dal volgare al patetico, al surreale (come nell’episodio ambientato a Roma), restando sempre vero, con una riflessione, un filtraggio minimi da parte del regista (il cui ruolo sembra ridotto all’ambito progettuale e a quello grafico e di montaggio) sulla realtà dei personaggi.
Le belle inquadrature in esterno (scure e poco leggibili come nel caso di Roma, o solcate da sirene e lampeggianti come quelle di New York) sono meravigliosamente commentate dalle musiche originali di Tom Waits.
Nel cast d’eccezione si distinguono le ottime performance di Roberto Benigni (sempre più gradevole come attore, che come regista), di Gena Rowlands e Winona Ryder.


“Taxisti di notte” è stato recentemente riproposto in DVD da Dolmen Home Video.

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Thursday, April 06, 2006

C- Wim Wenders: L’amico americano



Prendete un’uomo gravemente malato, colpito da un morbo la cui avanzata, pur producendo effetti imprevedibili, è inarrestabile; sceglietelo ateo, e preoccupato per la sorte di moglie e figlio in caso di morte; sceglietelo insospettabile, e affidategli un omicidio.

Tratto dal romanzo “Ripley’s Game” di Patricia Highsmith, l’amico americano, dimostra la sua ovvia superiorità rispetto ai successivi tentativi di portare sullo schermo il personaggio di Ripley (Il talento di Mr. Ripley, Il gioco di Ripley) nel meraviglioso linguaggio filmico, nella psicologia ben definita dei personaggi (senza la quale il soggetto risulterebbe snaturato), nella capacità di trattare argomenti quali la malattia, il senso di colpa, l’amicizia virile ecc.
Meravigliose le ampie inquadrature in esterno rette dalla profondità di campo e i complessi movimenti di macchina ottenuti con l’uso della Louma, di recente invenzione all’epoca della realizzazione del film (in seguito avrebbe trovato grande impiego nei piani sequenza complessi e movimentati di B. De Palma e molti altri).
Lo sviluppo della storia, segnato da un senso d’inevitabilità che rasenta ciò che in arte si considera “prevedibile”, riesce a dare conto dei tempi morti con l’indagine psicologica dei personaggi e con alcune meravigliose carrellate descrittive all’interno delle quali l’uomo, così poco padrone del proprio destino (anche nei momenti della scelta) è ridotto ad elemento appena visibile e anti-decorativo di fronte alla perfetta leggibilità dell’ambiente.
Le scene d’azione, mai completamente leggibili, e confuse, ad imitazione della realtà, sono brevi, ed assolutamente subordinate alla descrizione dei personaggi.

Da segnalare la presenza del regista Nicholas Ray nel ruolo del pittore Derwatt (che si finge morto vivendo da recluso per conferire maggiore valore alla sua opera).

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