«Fermo, aspetta, rimani qui. Voglio stringerti forte.» «Ma che hai ora... piangi?».
«Ascolta, lo so che può sembrare assurdo, ma noi dobbiamo farci una promessa».
«Va bene, quale?».
«Se uno di noi dovesse morire – aspetta, lasciami finire, ti prego – deve mandare un segno all'altro».
«Cioè deve accendere la lampada?».
«In modo che sappiamo che, nonostante tutto, non siamo soli. Che ci pensiamo, anche se non possiamo vederci».(1)
Alzi la mano chi non ha mai sofferto a causa di abbandoni, perdite, rotture, lutti, sensi di colpa...
Certo, da qui a decidere di eliminare la memoria di ogni trauma, il passo è lungo, sopratutto se, per farlo, è necessario cancellare tutti i ricordi, per poi re-inserire solo quelli positivi.
È questa la questione che affligge il berlinese Marc Lucas, avvocato impegnato nel sociale, reso improvvisamente “instabile” da un terribile incidente; ma la sua indecisione non dura a lungo: giunto ad un passo dall'accettare l'offerta del folle dottor Bleibtreu, sperimentatore nel campo delle neuroscienze, Lucas lascia la clinica privata nella quale ha passato appena un paio d'ore, per trovarsi di fronte a un'inspiegabile verità: non è lui ad aver dimenticato il mondo, ma è il mondo ad aver dimenticato lui...
Ispirato alle ricerche di Mark Bear, scienziato del "Massachusets Institute of Technology"(2), “Schegge”, terzo romanzo del berlinese Sebastian Fitzek, è un solido thriller psicologico dai risvolti soprannaturali, che può contare su un intreccio volutamente e dichiaratamente surreale, complesso, ricco di depistaggi, incidenti e colpi di scena, ma abbastanza ben congegnato da permettere una perfetta ricomposizione (e ricostruzione) finale(3).
Se da un punto di vista stilistico non c'è molto da segnalare, a parte la scrittura precisa, minimale (ma, in questo caso, non scarna) e rapida (anche grazie alla bella traduzione di Claudia Crivellaro) imposta dai canoni del genere, è dal punto di vista strutturale e meta-narrativo, che il romanzo dà il massimo, a partire dalla spaesante anacronia iniziale(4), e fino al chiarificante finale, che risolve tutte le apparenti incongruenze dell'intreccio.
Ed è proprio in virtù di questa dimensione "sperimentale", che non rallenta la lettura (il lettore è avvisato: il romanzo tende a monopolizzare l'attenzione fino all'ultima pagina...), né guasta la fruizione “ingenua”, che “Schegge” si impone come uno dei migliori psyco-thriller dell'anno.Da segnalare il pioneristico sistema di marketing virale messo a punto dalla casa editrice Elliot, la quale ha voluto accompagnare l'uscita di “Schegge”, con la creazione di due "dispositivi" -un particolare sito internet e un numero telefonico dedicato(5)- che, mimando l'inserimento del lettore all'interno della diegesi e l'annullamento del confine realtà/finzione, assecondano la vocazione meta-narrativa del romanzo.
(1)Sebastian Fitzek, “Schegge”, Elliot Edizioni, Roma 2010, p. 10. Traduzione di Claudia Crivellaro.
(2)Cfr. ivi, p.352 .
(3)Le proteste di chi considera il finale del romanzo “poco credibile” suonano piuttosto sconvolgenti considerato il mondo distortamente fiabesco (casa isolata nel bosco, protagonista moribondo ecc. ecc.) evocato nelle prime pagine...
(4)Il tempo dichiarato -quell'“Oggi” che fa da sottotitolo al semplice “1” che apre il primo capitolo “reale” del romanzo- cozza con l'espressione verbale al passato remoto; la frattura del piano temporale è comunque destinata a chiarirsi, sul finale, come trascrizione stilistica di un'opposizione interno/esterno, “tempo dei corpi”/....
(5)Link e numero di telefono sono stati inseriti nel libro in posizioni altamente strategiche...
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