Roberto Saporito: Carenze di futuro
Finito sul lastrico dopo aver perso al gioco una discreta fortuna in beni mobili e immobili, l’unico erede di una importante famiglia alto-borghese della provincia piemontese si ritrova costretto a fuggire dai “fantasmi della sua stupida vita precedente”(1): Pacifico e la sua banda, un gruppo di temibili strozzini decisi a prenderlo, “anche solo per tagliargli tutte le dita della mano destra”(2), e dare, così, il buon esempio. Aiutato da Bruno e Cesare, gli unici veri amici rimasti, l’uomo, privo di ogni legame da quando moglie e figlia se ne sono andate, decide di lasciare Torino, gli ultimi averi -qualche migliaio di franchi in contanti- infilati in una cappelliera rigida, e nascondersi per qualche mese assumendo l’inutile(3) mansione di custode in un residence nel sud della Francia; arrivato sul posto, scopre, però, di aver fatto male i suoi calcoli: gli uomini di Pacifico sono già sulle sue tracce, e forse neppure una fuga sul fiume, a bordo della chiatta della nuova compagna di viaggio Sophie -una ragazza dall'aria incomprensibilmente triste che rifiuta di fornirgli la benché minima informazione sul suo misterioso passato- potrà sottrarlo all'ira dei suoi inseguitori e agli schiaffi del destino…
Costruito con l’alternanza di capitoli narrati in prima persona dal protagonista, (melanconicamente ritmati da una prestigiosa colonna sonora fatta di pezzi new-wave e atmosferiche torch-songs a tinte fosche; Tindersticks, Cousteau, Nick Cave e i "calmi" Einstürzende Neubauten di Sabrina, per limitarsi a qualche esempio), e brani in terza persona che rappresentano, in focalizzazione esterna, il punto di vista degli inseguitori; aperto ad una piacevole, imprevista vena giovanilistica –si fa strada, o diviene percettibile dietro la voce del personaggio, a partire dall’entrata in scena della professoressa Simone, e resta palpabile fin in fondo(d’altronde, se il protagonista si è ridotto alla condizione di “carenza di futuro” nella quale il lettore lo coglie, è proprio in quanto incapace di crescere…), conferendo al romanzo i suoi toni piacevolmente “sciolti”, colloquiali in maniera azzeccata e naturale-, Carenze di futuro, ricorda, da un punto di vista puramente esteriore(4), Piccolo Blues di Manchette(5), ma se ne allontana per questioni teoriche di importanza cruciale: se Gerfaut, indimenticato personaggio manchettiano, ritorna, al termine dell'avventura, alla sua calma e tranquilla vita borghese, il protagonista di Saporito è colto, sul finale, nel bel mezzo di un viaggio volutamente fuori dai "canali consueti", verso la Parigi mitica dei sogni tardo-adolescenziali; la città che ha ingoiato la bella e sensuale Simone, non il luogo visitato in viaggio di nozze con la ex moglie Francesca…
Lucido, ironico, rapidissimo, ben scritto e imprevedibile (6), Carenze di futuro, terzo romanzo di Roberto Saporito, già autore di Anche i lupi mannari fanno surf, Millenovecentosettantasette, fantasmi armati, e delle antologie di racconti Harley-Davidson. Racconti e H-D Harley Davidson, Deserti e nuovi vampiri, è edito da Zona.
(1)Roberto Saporito, Carenze di futuro, Arezzo 2009, p. 88.
(2)Ivi, p. 79.
(3)La storia si svolge in periodo di bassa stagione.
(4)Volendo riassumere la trama alla maniera di certo strutturalismo a buon mercato, si potrebbe fare di Carenze di futuro il racconto di un borghese improvvisamente privato di tutte le sue certezze e rituffato nel bel mezzo del mitico "stato di natura" (dai risvolti chiaramente hobbesiani...); ovviamente, questa eccessiva generalizzazione crea una classe inutile, talmente ampia da includere un po' di tutto, dal già citato Piccolo Blues a Cane di Paglia di Peckinpah e persino Robinson Crusoe di Defoe (e la cosa è curiosa, perché Saporito costringe il suo protagonista ad "adattarsi" e "vivere" -se così si può dire per una permanenza brevissima- non su un'isola, ma su una spiaggia deserta, producendo effetti di colta comicità).
(5)Anche nella sua rilettura echenoziana: con Un anno, il romanzo di Saporito ha infatti in comune la scelta “ciclistica”… (Si veda Jean Echenoz, Un anno, Einaudi, Torino 1998, recensito su queste pagine il 14 agosto 2008 http://nonsolonoir.blogspot.com/2008/08/l-jean-echenoz-un-anno.html). Manchette è, comunque, l’unico autore esplicitamente citato: a pagina 38 si legge, infatti: “Il noir è un genere morale. È la grande letteratura morale della nostra epoca, e non lo dico io, lo dice Jean-Patrick Manchette”.
(6) L’autore spende spunti narrativi “con liberalità”: nel corso di Carenze di futuro, ci si imbatte in almeno un paio di sub-plots importanti abbastanza da servire come trama per altrettanti romanzi brevi (penso, oltre che al "misterioso" -in realtà noto al lettore perché ben tracciato, con pochi, sapienti tocchi- passato di Sophie, alla disavventura vissuta al fianco di Cesare, personaggio interessantissimo, che meriterebbe di ritrovarsi al centro di un possibile seguito…), e la narrazione, perdendo il suo carattere lineare -l'intreccio è, o almeno dovrebbe essere, semplice-, ne risulta positivamente arricchita.
Costruito con l’alternanza di capitoli narrati in prima persona dal protagonista, (melanconicamente ritmati da una prestigiosa colonna sonora fatta di pezzi new-wave e atmosferiche torch-songs a tinte fosche; Tindersticks, Cousteau, Nick Cave e i "calmi" Einstürzende Neubauten di Sabrina, per limitarsi a qualche esempio), e brani in terza persona che rappresentano, in focalizzazione esterna, il punto di vista degli inseguitori; aperto ad una piacevole, imprevista vena giovanilistica –si fa strada, o diviene percettibile dietro la voce del personaggio, a partire dall’entrata in scena della professoressa Simone, e resta palpabile fin in fondo(d’altronde, se il protagonista si è ridotto alla condizione di “carenza di futuro” nella quale il lettore lo coglie, è proprio in quanto incapace di crescere…), conferendo al romanzo i suoi toni piacevolmente “sciolti”, colloquiali in maniera azzeccata e naturale-, Carenze di futuro, ricorda, da un punto di vista puramente esteriore(4), Piccolo Blues di Manchette(5), ma se ne allontana per questioni teoriche di importanza cruciale: se Gerfaut, indimenticato personaggio manchettiano, ritorna, al termine dell'avventura, alla sua calma e tranquilla vita borghese, il protagonista di Saporito è colto, sul finale, nel bel mezzo di un viaggio volutamente fuori dai "canali consueti", verso la Parigi mitica dei sogni tardo-adolescenziali; la città che ha ingoiato la bella e sensuale Simone, non il luogo visitato in viaggio di nozze con la ex moglie Francesca…
Lucido, ironico, rapidissimo, ben scritto e imprevedibile (6), Carenze di futuro, terzo romanzo di Roberto Saporito, già autore di Anche i lupi mannari fanno surf, Millenovecentosettantasette, fantasmi armati, e delle antologie di racconti Harley-Davidson. Racconti e H-D Harley Davidson, Deserti e nuovi vampiri, è edito da Zona.
(1)Roberto Saporito, Carenze di futuro, Arezzo 2009, p. 88.
(2)Ivi, p. 79.
(3)La storia si svolge in periodo di bassa stagione.
(4)Volendo riassumere la trama alla maniera di certo strutturalismo a buon mercato, si potrebbe fare di Carenze di futuro il racconto di un borghese improvvisamente privato di tutte le sue certezze e rituffato nel bel mezzo del mitico "stato di natura" (dai risvolti chiaramente hobbesiani...); ovviamente, questa eccessiva generalizzazione crea una classe inutile, talmente ampia da includere un po' di tutto, dal già citato Piccolo Blues a Cane di Paglia di Peckinpah e persino Robinson Crusoe di Defoe (e la cosa è curiosa, perché Saporito costringe il suo protagonista ad "adattarsi" e "vivere" -se così si può dire per una permanenza brevissima- non su un'isola, ma su una spiaggia deserta, producendo effetti di colta comicità).
(5)Anche nella sua rilettura echenoziana: con Un anno, il romanzo di Saporito ha infatti in comune la scelta “ciclistica”… (Si veda Jean Echenoz, Un anno, Einaudi, Torino 1998, recensito su queste pagine il 14 agosto 2008 http://nonsolonoir.blogspot.com/2008/08/l-jean-echenoz-un-anno.html). Manchette è, comunque, l’unico autore esplicitamente citato: a pagina 38 si legge, infatti: “Il noir è un genere morale. È la grande letteratura morale della nostra epoca, e non lo dico io, lo dice Jean-Patrick Manchette”.
(6) L’autore spende spunti narrativi “con liberalità”: nel corso di Carenze di futuro, ci si imbatte in almeno un paio di sub-plots importanti abbastanza da servire come trama per altrettanti romanzi brevi (penso, oltre che al "misterioso" -in realtà noto al lettore perché ben tracciato, con pochi, sapienti tocchi- passato di Sophie, alla disavventura vissuta al fianco di Cesare, personaggio interessantissimo, che meriterebbe di ritrovarsi al centro di un possibile seguito…), e la narrazione, perdendo il suo carattere lineare -l'intreccio è, o almeno dovrebbe essere, semplice-, ne risulta positivamente arricchita.
Labels: Jean Echenoz, Jean-Patrick Manchette, Letteratura, Letteratura Italiana, Letteratura Noir, Parigi, Provenza, Roberto Saporito, Torino
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