Thursday, September 24, 2009

Christian Lehmann: Il seme della colpa


Laurent Scheller è stato un buon medico, un professionista preciso, attento, metodico, fino al giorno in cui la fortuita partecipazione ad un talk show televisivo (in sostituzione di un superiore troppo impegnato, o solo deciso a evitare una probabile figuraccia) gli ha aperto le porte verso un’attività allettante e ben remunerata: quella di presentatore di un programma di divulgazione medica. Vittima del successo e della propria vanità, intrappolato nel ruolo (decisamente ipocrita) di alfiere mediatico della medicina dal volto umano, e troppo impegnato a guardare il proprio matrimonio andare in pezzi, Scheller ha dimenticato gli amici di un tempo e il passato da “interno” nel piccolo ospedale di Villers, nelle Yvelines; poi, un’improvvisa, accorata, telefonata di Béatrice Ferey, ex compagna di corso oggetto d’un amore mai confessato e moglie del vecchio amico Thierry Salvaing, lo riporta bruscamente al passato. Ricomposti i pezzi della confusa richiesta d'aiuto di Béatrice, Scheller si rende conto che Salvaing è stato accusato di eutanasia, e forse lui è l’unico che possa salvarlo da un’ingiusta condanna.
Colto di sorpresa e nel bel mezzo di una profonda crisi esistenziale -alla totale mancanza di affetti seguita al divorzio si sono uniti i problemi lavorativi, il programma Alla salute è stato cancellato in seguito ad un crollo degli ascolti, e Scheller aspetta da mesi di poter esporre ai dirigenti della rete il suo nuovo progetto-, l’ex medico (e, almeno momentaneamente, ex presentatore), accetta di tornare a Villiers per aiutare l’amico in difficoltà; all’arrivo sul posto si trova però faccia a faccia con i fantasmi del suo passato e, tentato il tutto e per tutto per espiare le vecchie colpe, si rende conto che non c’è rimedio per gli errori commessi, e non esiste nessuna redenzione…

Romanzo affilatissimo, rapido, persino incalzante a dispetto dell’assoluta mancanza di scene d’azione(1), Il seme della colpa, del francese Christian Lehmann, vive nella terra di confine che separa, in un campo difficile come quello medico, la “semplice” deontologia dall’etica generale. Prendendo l'avvio da un tema di scottante attualità, come quello dell’eutanasia (e senza trascurare una giusta critica allo strapotere delle multinazionali farmaceutiche), Lehmann scava nell'animo dei suoi protagonisti portando alla luce, attraverso passaggi successivi, una serie di dinamiche psicologiche sempre più profonde, che vanno dalla semplice invidia ai tentativi di risoluzione razionale dei complessi di colpa, e ancora più in fondo, per arrestarsi solo di fronte allo sconsolante e sorprendente (per i lettori tanto quanto per il protagonista...) finale.

Tradotto da un vero intenditore (anche se lui preferisce l’etichetta di “appassionato”) del genere come Giovanni Zucca, già traduttore di Maxime Chattam, Romain Sardou, Jean-Luc Hennig ecc., collaboratore di importanti riviste del settore (www.thrillermagazine.it, www.europolar.eu...) e curatore dell’edizione italiana del Dizionario delle letterature poliziesche di Claude Mesplède(2), Il seme della colpa, uscito in Francia nel 2002, ma proposto solo oggi ai lettori italiani, è certamente uno dei noir dell’anno.

Il romanzo Il seme della colpa, di Christian Lehmann, è edito in Italia da Meridiano Zero.



(1) Non sono certo i clichés dei racconti hard-boiled o delle crime stories che da noi vanno sotto la generica etichetta di “romanzi noir”, a fondare l’appartenenza al genere di un’opera come Il seme della colpa; se il romanzo di Lehmann è un noir -e lo è, e nel senso più stretto del termine-, è per la coerenza con un certo sistema di valori, perché il noir –e i lavori inscrivibili in quel filone esistenzialista rivelato al mondo da Derek Raymond hanno contribuito non poco alla (ri)scoperta di questa verità-, è un’etica ancor prima che un’estetica, una visione quasi organica del mondo che, trasfigurata nella forma del romanzo, produce un inesplicabile senso di incompiutezza, un sentore di male metafisico, un'atmosfera profondamente malinconica dettata da una ritrovata coscienza dell’ineluttabilità del destino e della forza soverchiante del caso; insomma, una verità neo-tragica alla quale i protagonisti (e gli autori) reagiscono, o tentano di reagire, in maniera inutilmente spavalda (Philip Marlowe, ma anche i crumleyani Milodragovtich, C.W. Sughrue e persino Hap & Leonard…), fatalista (i protagonisti della Trilogia Nera di Malet, i personaggi di Héléna, l’anonimo sergente della “Factory” di Raymond, il Jack Taylor di Ken Bruen, Toni Romano di Juan Madrid ecc.) o risolutamente ironica (Nestor Burma, Hector Belascoaràn ecc.) senza peraltro incidere in nessun modo sull’inevitabile, doloroso corso naturale degli eventi.
(2) L’uscita della versione italiana del Dizionario delle letterature poliziesche, traduzione e cura di Luca Conti e Giovanni Zucca, originariamente prevista per il 18 ottobre 2008, è stata rimandata a data da destinarsi.

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4 Comments:

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