Marco Philopat. La banda Bellini
Quartiere del Casoretto, Milano, anni ’70. Il ’68 è appena passato, ma, nelle piazze, la lotta è già durissima. Il movimento è in gran fermento e le nuove posizioni ideologiche penetrano nelle assemblee pubbliche creando le prime, sottili, spaccature.
In città i militanti dell’Universtià Statale, gli “statalini”, organizzati in un servizio d’ordine ultra-gerarchizzato, la fanno da padroni. Gli studenti medi sono divisi in due grandi gruppi, i maoisti da un lato e gli stalinisti dall’altro.
In questo clima di militarizzazione, fermento, discussioni, di grandi speranze ma anche e soprattutto d’azione, i fratelli Bellini, segnati dalla visione di Il mucchio selvaggio, riuniscono in “banda” i ragazzi del quartiere popolare del Casoretto. Rivestiti dei loro segni di riconoscimento -spolverini verdi militari lunghi sotto il ginocchio e rayban tecnici dalle lenti azzurre sottratti agli sprovveduti fascistelli pescati nella borghessissima zona di piazza San Babila- i ragazzi della “Banda Bellini” diventano, in pochi anni, il più agguerrito e affidabile servizio d’ordine del movimento.
Aspiranti eroi della strada a volto scoperto e armati di semplici bastoni, i cowboy del Casoretto si trovano però sbandati con l’avvicinarsi del ’77; definitivamente divisi da un’incomponibile frattura ideologica, alcuni imboccheranno la strada dell’autonomia e della lotta armata, altri resteranno fedeli alle scelte iniziali del gruppo (movimentismo, volti scoperti, uso di semplici bastoni), qualcuno, vittima di improbabili teorie chimiche, cadrà, infine, vittima dell’eroina…
Ispirato ai racconti orali di Andrea Bellini, a metà tra Il giovane Holden(1) e Il mucchio Selvaggio, tra il nuovo bildungsroman, il western metropolitano, il diario intimo e il resoconto storico-politico, La banda Bellini è un romanzo dai toni marcatamente epici, rapido come una cavalcata, impetuoso come un fiume in piena(2) e grammaticamente irriverente –tanto da risultare, sul principio, quasi fastidioso- che lavora su un immaginario ampio e spesso ingannevole, facendo rivivere, tra linguaggio folkloristico, anticonformismo (più o meno di maniera) e ultra-realistica spaesatezza di fronte ad un mondo che sembra cambiare troppo in fretta e che rimane, invece, invariabile e immutato, gli anni ’70 da un’inedita prospettiva interna che relega i grandi drammi storici (da Piazza Fontana a Piazza della Loggia ecc.) sullo sfondo, per concentrarsi sull’esperienza personale, onorando così il principio d'epoca (tanto in odio ad Andrea Bellini) secondo il quale " il personale è politico".
La banda Bellini di Marco Philopat è edito in Italia da Einaudi.
(1)La somiglianza è però da ricercare nello sguardo in bilico tra ingenuità e irriverenza: mancano del tutto, ne La banda bellini, gli infiniti turbamenti giovanili del protagonista salingheriano....
(2) Sarà forse la “ribelle” soppressione di tutte le virgole a dare questo senso di inarrestabilità, di inesorabilità e dinamismo incontrollato).
In città i militanti dell’Universtià Statale, gli “statalini”, organizzati in un servizio d’ordine ultra-gerarchizzato, la fanno da padroni. Gli studenti medi sono divisi in due grandi gruppi, i maoisti da un lato e gli stalinisti dall’altro.
In questo clima di militarizzazione, fermento, discussioni, di grandi speranze ma anche e soprattutto d’azione, i fratelli Bellini, segnati dalla visione di Il mucchio selvaggio, riuniscono in “banda” i ragazzi del quartiere popolare del Casoretto. Rivestiti dei loro segni di riconoscimento -spolverini verdi militari lunghi sotto il ginocchio e rayban tecnici dalle lenti azzurre sottratti agli sprovveduti fascistelli pescati nella borghessissima zona di piazza San Babila- i ragazzi della “Banda Bellini” diventano, in pochi anni, il più agguerrito e affidabile servizio d’ordine del movimento.
Aspiranti eroi della strada a volto scoperto e armati di semplici bastoni, i cowboy del Casoretto si trovano però sbandati con l’avvicinarsi del ’77; definitivamente divisi da un’incomponibile frattura ideologica, alcuni imboccheranno la strada dell’autonomia e della lotta armata, altri resteranno fedeli alle scelte iniziali del gruppo (movimentismo, volti scoperti, uso di semplici bastoni), qualcuno, vittima di improbabili teorie chimiche, cadrà, infine, vittima dell’eroina…
Ispirato ai racconti orali di Andrea Bellini, a metà tra Il giovane Holden(1) e Il mucchio Selvaggio, tra il nuovo bildungsroman, il western metropolitano, il diario intimo e il resoconto storico-politico, La banda Bellini è un romanzo dai toni marcatamente epici, rapido come una cavalcata, impetuoso come un fiume in piena(2) e grammaticamente irriverente –tanto da risultare, sul principio, quasi fastidioso- che lavora su un immaginario ampio e spesso ingannevole, facendo rivivere, tra linguaggio folkloristico, anticonformismo (più o meno di maniera) e ultra-realistica spaesatezza di fronte ad un mondo che sembra cambiare troppo in fretta e che rimane, invece, invariabile e immutato, gli anni ’70 da un’inedita prospettiva interna che relega i grandi drammi storici (da Piazza Fontana a Piazza della Loggia ecc.) sullo sfondo, per concentrarsi sull’esperienza personale, onorando così il principio d'epoca (tanto in odio ad Andrea Bellini) secondo il quale " il personale è politico".
La banda Bellini di Marco Philopat è edito in Italia da Einaudi.
(1)La somiglianza è però da ricercare nello sguardo in bilico tra ingenuità e irriverenza: mancano del tutto, ne La banda bellini, gli infiniti turbamenti giovanili del protagonista salingheriano....
(2) Sarà forse la “ribelle” soppressione di tutte le virgole a dare questo senso di inarrestabilità, di inesorabilità e dinamismo incontrollato).
Labels: Andrea Bellini, Anni '70, Banda Bellini, Letteratura, Letteratura Italiana, Milano, Movimento, Mucchio Selvaggio, New Italian Epic, Peckinpah
1 Comments:
L'ho preso dopo aver letto la recensione, un libro all'inizio un po' strano poi molto bello e e godibile. Grazie perché senza te non avrei mai letto quest'opera!
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