Wednesday, June 24, 2009

L- Edward Bunker: Mia è la vendetta



St. Joseph's Medical Center, Burbank,19 giugno 2005. Il settantunenne Edward Bunker, da tempo malato di cancro, perde la vita a causa di complicazioni sopraggiunte nel corso di un’operazione chirurgica; ha al suo attivo 7 importanti romanzi, partecipazioni in veste di attore e di “consulente tecnico” a una serie di film spesso pregevoli (1), e, in un cassetto, il manoscritto di un’opera incompiuta: una raccolta di racconti d’argomento carcerario, ambientati tra Folsom, San Quentin e Soledad (tutte prigioni delle quali l’autore aveva una conoscenza diretta), che, letti nell’insieme, avrebbero costituito una vera e propria storia dei rapporti razziali dentro e fuori dalle prigioni.
Da tempo preannunciata all’agente Nat Sobel, ma ferma, alla morte dell’autore, ad uno stato poco più che embrionale(2), l’opera è stata recentemente risistemata, rieditata e proposta in anteprima mondiale ai lettori italiani con il titolo di Mia è la vendetta.

Giustizia a Los Angeles, 1927: Booker Johnson, giovane nero incensurato finisce nei guai per aver “preso in prestito”(3) una Packard dall’autofficina nella quale è impiegato, ma una volta chiuso in carcere, si rende colpevole dell’aggressione di una guardia dalle ovvie tendenze razziste.

Dentro la casa di Dracula: Anni ’70, un condannato a morte raggiunge il carcere di San Quentin, dove lo aspetta “una morte lunga e lenta”(4).

Mia è la vendetta: Soledad, fine anni ’60; colpito dalla morte di un “fratello”, ammazzato dalla negligenza di una guardia, il duro George Jackson, un concentrato di muscoli, coscienza politica e orgoglio razziale, decide di vendicarsi uccidendo un secondino. Riconosciuto e denunciato da un galeotto interessato ad uno sconto di pena, Jackson viene condannato a morte; il 7 agosto 1970, durante una seduta di processo, tenta però la fuga in armi dalle sale della "Marin County Superior Court".

Morte di una spia: Il tentativo di uccisione di un "infame" fallisce per l’intervento di un’infermiera spaventata, e uno dei responsabili muore sotto i colpi di manganello delle guardie.

Fuga dal braccio della morte: Una banda di detenuti di ogni razza e colore prepara l’evasione dal braccio della morte, ma qualcosa va storto e, nel tentativo di salvare la vita ad una guardia carceraria dall’animo insolitamente gentile, un condannato a morte spara a un paio di compagni mandando tutto a monte.


I racconti inediti di Mia è la vendetta, cinque piccole gemme dure e grezze, lucide e preziose sotto la superficie "da limare", mostrano una maturità, una serietà quasi irrintracciabile nelle opere precedenti, un'intenzione fermamente morale (ma non moralistica) dettata innanzitutto dalla scelta di campo: occuparsi della questione razziale assumendo (quasi sempre) il punto di vista dei neri e ripercorrendo, tra aneddoti appresi in galera e testimonianze dirette, tra conoscenza in prima persona, avvenimenti storici e mitologia carceraria, alcuni periodi “caldi” del secolo scorso, dagli anni ’30 ai ‘70, passando per i ’50, incrociando il movimento per i diritti dell’uomo, la New Left americana, la nascita delle Pantere Nere e le gesta dei leggendari Fratelli di Soledad.
In secondo luogo, è la scelta narrativa a convincere: niente spacconerie né divagazioni, niente inutili artifici; solo un realismo distaccato ma partecipe, obbiettivo e tutt’altro che freddo, che lascia spazio, accanto ai consueti carcerati innocenti, persino a secondini onesti, e delinea alla perfezione il fallimento dell’istituzione carceraria e delle sue pretese punitive, riedcuative, di deterrenza e reinserimento(5).
Interessantissimo, per gli appassionati di letteratura di genere, il racconto di chiusura, Fuga dal braccio della morte, che porta in secondo piano la questione razziale e si impone -in quanto cronaca della redenzione(6) interrotta e impossibile di un colpevole che paga le sue colpe con il sangue- come perfetto, concentratissimo esempio di morale noir all'americana(7).

Peccato per la traduzione, che dimostra, qua e là, qualche incertezza(8), comunque insufficiente a rovinare un’opera già perfetta per quanto incompiuta e ritoccata da editor e agenti…

La raccolta Mia è la vendetta, di Edward Bunker, è edita in Italia da Einaudi.



(1)Uno su tutti Le Iene di Q. Tarantino, nel quale l’autore vestiva i panni di Mister Blue.
(2)Nella lettera a Nat Sobel ora leggibile in Edward Bunker, Mia è la vendetta, Einaudi, Torino 2009, pp.V-IX., si parla di un “grosso volume”; a noi sono arrivati, invece, solo cinque brevi racconti riguardanti un arco temporale piuttosto ristretto. Tra il materiale mai scritto sarebbe figurata anche una storia esplicitamente incentrata “sulla guerra razziale nelle prigioni”.
(3)Negli USA, il “Joyriding”, che consiste nel sottrarre un veicolo per un tempo limitato, per "fare un giro" o per il semplice piacere di guidare, è un reato ben distinto dal furto d’auto.
(4)Ivi, p. 75.
(5)La vanità di questa pretesa di funzionare da mezzo di reinserimento e deterrenza risulta particolarmente ovvia dalla lettura dei racconti di Mia è la vendetta: in almeno un paio di casi, l’accoglienza dolente da parte di guardie di buon cuore (Cfr. Dentro la casa di Dracula e Fuga dal braccio della morte) porta alla luce l’incapacità degli ex-detenuti a riadattarsi al mondo “di fuori” e a stare lontani dal cimine…
(6)La volontà di redenzione del protagonista, indotta non dalla “rieducazione” carceraria ma dal riconoscimento della solidarietà e dall’umanità dimostrate dal sergente Blair nel corso delle “permanenze” in carcere, è perfettamente testimoniata dalla tragica scelta finale...
(7)L'assunto secondo il quale "il crimine non paga", introdotto nel genere in maniera più o meno forzata con l'entrata in vigore del codice Hays, ha nel tempo assunto un valore esistenziale: come tentativo di tirarsi fuori da una condizione di miseria (reale o semplicemente avvertita), il delinquere rappresenta un modo della riscrittura del se', dell'imposizione della volontà individuale sulla natura e sulla società; in quanto unico modo possibile e tentativo inevitabilmente destinato a fallire, però, proprio il crimine decreta la sconfitta (e spesso la morte...) del protagonista, catapultando il racconto in una dimensione neo-tragica e fatalista.
(8)A pagina 61 si legge: “sarebbe morto in prigione 54 anni dopo. Nove di loro rimasero nel braccio della morte per aver colpito una guardia con un orinale” (in realtà “sarebbe morto in prigione 54 anni dopo. Nove dei quali trascorsi nel braccio della morte, per aver colpito una guardia con un orinale”); a pagina 70 si usa a sproposito il termine “trafugare” nel senso di “occultare”, introdurre illegalmente ecc. ecc.

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5 Comments:

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