Sunday, August 02, 2009

Jospeh Wambaugh: Il campo di cipolle

9 marzo 1963; gli agenti Campbell e Hettinger del Los Angeles Police Department fermano, con il pretesto di un controllo di routine, una piccola Ford marrone, un’automobile “troppo pulita”. Sovraeccitati e pronti a tutto, i due passeggeri del veicolo, George Powell e Jimmy Smith, piccoli criminali sul punto di rapinare l’ennesimo negozio di liquori, riescono, in maniera quasi inspiegabile, a disarmare e sequestrare gli agenti.
Per i due poliziotti, costretti a salire in auto sotto la minaccia di un paio di pistole, è l’inizio di un incubo: al termine di un breve ma tortuoso e poco più che casuale percorso tra le colline di Los Angeles, i quattro uomini si ritrovano, infatti, in un desolato campo di cipolle dalle parti di Bakersfield. Qui, ignari di alcuni risvolti della “legge di Lindbergh” e convinti di essere comunque destinati, in caso d’arresto, alla sedia elettrica, Powell e Smith decidono di liberarsi degli agenti, ma le cose vanno storte ed Hettinger, testimone impotente della morte del suo collega, riesce a fuggire…

Servendosi di un filtro realista dai modi documentaristici (focalizzazione esterna integrata da aperti tentativi di interpretazione psicologica, ricostruzione biografica condotta con l’aiuto di testimonianze di amici, parenti e conoscenti, ecc.), Wambaugh ricostruisce un caso giuridico esemplare che ha sollevato, negli anni, l’interesse, le ire e le reazioni indignate di un pubblico –quello americano- sempre vagamente conservatore e spesso restio ad ammettere incertezze ed idiosincrasie dei propri organi istituzionali.
Ovviamente, nel tempo, complici la continua estensione della frontiera del narrabile (e del mostrabile) e la crescente confidenza con delitti sempre più efferati, il caso in questione ha perso un po' del suo originale impatto emotivo, e, per quanto non si possa dire che i fatti riportati non sconvolgano più, è comunque doveroso ammettere che ognuno di noi si confronta (in maniera mediatica) con verità ben peggiori, su base quasi quotidiana.

La lunga sequenza relativa alle udienze e agli stratagemmi usati per evitare la condanna a morte, concepita per suscitare l’indignazione del pubblico americano(1), stenta a far presa sul lettore italiano, un po’ per la differenza procedurale, un po’ per la diffusa e radicata sfiducia nei confronti del nostro sistema legale (per cui alle brutture altrui si assiste pure con un minimo di sollievo).
C’è poi tutta una serie di problemi legati alla traduzione (già piuttosto vecchia) e all'edizione, segnata da una lunga serie di sviste e refusi(2) che fanno si che il volume -che già in originale mostra solo a tratti l’indiscutibile talento e la prosa intelligente di Wambaugh, non rende assolutamente giustizia all’autore dell’indimenticabile I ragazzi del coro e dell’incredibile Hollywood Station(3) e non merita il confronto, pur proposto da James Ellroy nella sua introduzione, con A sangue freddo di Truman Capote- risulti lento, già letto e piuttosto noioso.
Oggetto letterario indiscutibilmente interessante (appartiene a una qualche terra di confine tra il genere “true crime” e il reportage, tra la narrativa poliziesca e il romanzo dai risvolti legali(4)), il romanzo di Wambaug risulta, nel complesso piuttosto "vecchio", vagamente "passato".

Scritto nel 1973, fatto oggetto di infinite ristampe, riedizioni e traduzioni, portato sugli schermi nel 1979 in un pregevole adattamento curato dall'autore, diretto da Harold Becker e interpretato da John Savage e James Woods, Il campo di cipolle di Joseph Wambaugh è stato recentemente riproposto ai lettori italiani da Einaudi.



(1)Tra le pagine di Wambaugh sembra di intravedere una difesa della pena capitale; ma sarà ancora valida questa scelta, o l'autore sarà arrivato, al pari di molti connazionali, a posizioni simili a quelle espresse da Clint Eastwood nel recente The Changeling?
(2)Tanto per limitarsi ad un esempio, a pagina 409 si legge «Non intendeva consegnare la macchina per scrivere, e nemmeno la mezz’ora di cantilenanti e lascive promesse di Greg su ciò che sarebbe accaduto dopo la sua evasione non riuscirono a persuaderla» [Jospeh Wambaugh, Il campo di cipolle, Einaudi, Torino 2009, p. 409].
(3)L’intelligenza e l’umanità dell'autore riemergono, però, nell’empatica ricostruzione della tragedia umana del sopravvissuto Hettinger: incapace di superare il trauma e costretto dal senso di colpa a una vera e propria discesa agli inferi; a ridosso del fatto pochi poliziotti (o ex-poliziotti come Wambaugh) hanno saputo resistere alla tentazione di incolpare l’agente di negligenza addossandogli la responsabilità della morte del suo collega...
(4)Non è lecito, in questo caso, parlare di legal thriller, perché, in effetti, le strategie legali, le tattiche scelte dagli avvocati ecc., restano in secondo piano e cedono il passo ad una serie di assurdi passaggi procedurali che costruiscono, in un clima da scacco del garantismo, un processo dall’atmosfera anti-kafkiana: i colpevoli (decisamente, dichiaratamente colpevoli) restano impuniti, anche se tempi, modi e moventi del crimine sono ben chiari, e si assiste impotenti e toccati alla corsa verso l’autodistruzione del superstite agente Hettinger.

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1 Comments:

At 11:10 AM, Anonymous Andrea said...

Intanto complimenti per il blog, lo seguo con costanza e le tue recensioni sono sempre interessanti. Mi hai un po' smontato per questo libro di Wambaugh, che ho acquistato (sfruttando il 25% di sconto su Einaudi stile Libero di questo periodo estivo) ma non ancora letto, attratto dalla fama dell'autore e dalle parole di Ellroy. Dovrò vedere se riesco a trovare gli altri titoli che hai consigliato nel tuo pezzo!

Ciao

 

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