Barbara Baraldi: La casa di Amelia
Depressione, paura, sensi di colpa, isolamento; da quando è sopravvissuta agli attacchi di Alex e Marina, due folli omicidi conosciuti per via telematica, la giovane Amelia, ragazza un tempo assetata di vita, si è ridotta ad un volontario esilio all’interno della casa della nonna da poco scomparsa.
Per superare dolore e rimorso(1) e scacciare gli incubi, ha organizzato la sua nuova vita secondo una serie di stretti rituali; eppure l’orrore che la perseguita è riuscito a scavare un varco all’interno della cornice familiare e “rassicurante” del suo appartamento di Trieste: è cominciato tutto con la scomparsa dell’unico amico rimasto, il gatto Stitch, che ha improvvisamente rivelato la sua natura di traditore; poi i consueti incubi si sono intensificati, le telefonate anonime sono diventate sempre più frequenti e minacciose, e una misteriosa lettera cifrata ha definitivamente incrinato la precaria “tranquillità” della ragazza... E proprio nel momento in cui madre e cugina, ormai al colmo della preoccupazione, erano sul punto di trascinarla fuori dal suo isolamento ai limiti del patologico.
Tra oscuri presentimenti e segni palpabili, Amelia si rende conto che i mostri che tornano dal passato sono molto più reali di quanto lei stessa non fosse, in un primo momento, disposta a credere, e che non le basterà cambiare abitudini, look e appartamento per crearsi una nuova vita: per riconquistare la normalità, dovrà tornare nella casa dell’orrore -la villa immersa nelle campagne di Ferrara all’interno della quale ha già rischiato la morte- e affrontare i suoi fantasmi in maniera definitiva…
Concepito come seguito di La collezionista di sogni infranti (ma leggibile, con un leggero sforzo iniziale, come opera a se stante), La casa di Amelia è un romanzo di forte impatto “visivo”, che gioca con una cornice da “fiaba nera” per rinnovare modi di confine tra il thriller letterario e l’horror-thriller cinematografico “all’italiana”. La vicenda, narrata tra prima e terza persona in un montaggio che alterna soggettive, descrizioni ambientali e auto-riflessione(2), e con ricorso ad un registro misto, fatto di termini volutamente “gotici” e assolutamente quotidiani(3), scorre “liscia” (dal punto di vista del lettore, s’intende), tra premonizioni, immagini mniacciose e rovesci reali, curiose citazioni cinematografiche(4) (usate anche come materiale metanarrativo “utile” allo scioglimento dell’intreccio), atmosfere surreali e vero orrore, descrizioni equilibrate, trovate fantasiose e risvolti soprannaturali che, come nei migliori esempi del genere, si appianano sul finale riportando in primo piano, attraverso piccoli, perfetti colpi di scena, sequenze d’inseguimento, colluttazioni, inganni e depistaggi, la pura e semplice malvagità umana.
Il romanzo La casa di Amelia di Barbara Baraldi è edito da Perdisa.
(1)Già, perché per liberarsi dei suoi assalitori Amelia si è data un bel po’ da fare, tanto da lasciarsi alle spalle due cadaveri…
(2)Così mi sembra si possano interpretare molti dei passaggi in terza persona…
(3)Questa scelta linguistica, che da un lato rispecchia il gusto di Amelia (che, in quanto “ballerina vestita di un nero tutu di pizzo e texani in cuoio” [Barbara Baraldi, La casa di Amelia, Perdisa, Bologna 2009, p. 58], pare uscita dritta dritta da Il cielo sopra Berlino), rende, d'altra parte, perfettamente, l’irrompere dell’orrore nella vita quotidiana.
(4)Tutto mi sarei aspettato di incrociare, tra le pagine di La casa di Amelia, meno che i nani da giardino di Il favoloso mondo di Amélie, eppure la citazione si rivela, sul lungo termine, non solo azzeccata, ma funzionale allo scioglimento della trama.
Per superare dolore e rimorso(1) e scacciare gli incubi, ha organizzato la sua nuova vita secondo una serie di stretti rituali; eppure l’orrore che la perseguita è riuscito a scavare un varco all’interno della cornice familiare e “rassicurante” del suo appartamento di Trieste: è cominciato tutto con la scomparsa dell’unico amico rimasto, il gatto Stitch, che ha improvvisamente rivelato la sua natura di traditore; poi i consueti incubi si sono intensificati, le telefonate anonime sono diventate sempre più frequenti e minacciose, e una misteriosa lettera cifrata ha definitivamente incrinato la precaria “tranquillità” della ragazza... E proprio nel momento in cui madre e cugina, ormai al colmo della preoccupazione, erano sul punto di trascinarla fuori dal suo isolamento ai limiti del patologico.
Tra oscuri presentimenti e segni palpabili, Amelia si rende conto che i mostri che tornano dal passato sono molto più reali di quanto lei stessa non fosse, in un primo momento, disposta a credere, e che non le basterà cambiare abitudini, look e appartamento per crearsi una nuova vita: per riconquistare la normalità, dovrà tornare nella casa dell’orrore -la villa immersa nelle campagne di Ferrara all’interno della quale ha già rischiato la morte- e affrontare i suoi fantasmi in maniera definitiva…
Concepito come seguito di La collezionista di sogni infranti (ma leggibile, con un leggero sforzo iniziale, come opera a se stante), La casa di Amelia è un romanzo di forte impatto “visivo”, che gioca con una cornice da “fiaba nera” per rinnovare modi di confine tra il thriller letterario e l’horror-thriller cinematografico “all’italiana”. La vicenda, narrata tra prima e terza persona in un montaggio che alterna soggettive, descrizioni ambientali e auto-riflessione(2), e con ricorso ad un registro misto, fatto di termini volutamente “gotici” e assolutamente quotidiani(3), scorre “liscia” (dal punto di vista del lettore, s’intende), tra premonizioni, immagini mniacciose e rovesci reali, curiose citazioni cinematografiche(4) (usate anche come materiale metanarrativo “utile” allo scioglimento dell’intreccio), atmosfere surreali e vero orrore, descrizioni equilibrate, trovate fantasiose e risvolti soprannaturali che, come nei migliori esempi del genere, si appianano sul finale riportando in primo piano, attraverso piccoli, perfetti colpi di scena, sequenze d’inseguimento, colluttazioni, inganni e depistaggi, la pura e semplice malvagità umana.
Il romanzo La casa di Amelia di Barbara Baraldi è edito da Perdisa.
(1)Già, perché per liberarsi dei suoi assalitori Amelia si è data un bel po’ da fare, tanto da lasciarsi alle spalle due cadaveri…
(2)Così mi sembra si possano interpretare molti dei passaggi in terza persona…
(3)Questa scelta linguistica, che da un lato rispecchia il gusto di Amelia (che, in quanto “ballerina vestita di un nero tutu di pizzo e texani in cuoio” [Barbara Baraldi, La casa di Amelia, Perdisa, Bologna 2009, p. 58], pare uscita dritta dritta da Il cielo sopra Berlino), rende, d'altra parte, perfettamente, l’irrompere dell’orrore nella vita quotidiana.
(4)Tutto mi sarei aspettato di incrociare, tra le pagine di La casa di Amelia, meno che i nani da giardino di Il favoloso mondo di Amélie, eppure la citazione si rivela, sul lungo termine, non solo azzeccata, ma funzionale allo scioglimento della trama.
Labels: Amelia, Barbara Baraldi, Cinema di Genere B/Z, Cinema Italiano, Ferrara, Horror, Letteratura, Letteratura Italiana, Thriller, Trieste
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