Monday, November 24, 2008

C- Clint Eastwood: Changeling


Los Angeles, California, 1928. Le concessioni fatte agli agenti dell’LAPD al solo scopo di fronteggiare il crimine organizzato hanno permesso, a individui duri e senza scrupoli quanto i gangster che hanno scacciato, di raggiungere posti di responsabilità. La città è in mano ad uno dei dipartimenti di polizia più corrotti del mondo, e i cittadini se ne stanno lentamente rendendo conto.

Christine Collins (Angelina Jolie, quasi irriconoscibile nella sua acconciatura anni ‘30) è una giovane ragazza madre impiegata alla compagnia dei telefoni; la sua vita trascorre monotona tra gli straordinari a lavoro (accettati di malavoglia, ma con la prospettiva di un’importante promozione) e il tempo trascorso con l’amatissimo figlio Walter, di nove anni. Un giorno, tornata a casa con un leggero ritardo, Christine si rende conto che il bambino è scomparso.

Il caso di Walter Collins (aperto con 24 di ritardo perché, secondo le statistiche della polizia, il 90% dei minori scomparsi si “allontana volontariamente” e torna a casa entro un giorno…), viene preso come esempio dal reverendo Briegleb (John Malkovich), impegnato in una crociata radiofonica contro la corruzione e l’inefficienza del dipartimento.

Pressati dall’attenzione della stampa e del pubblico, gli alti funzionari della polizia decidono di dare una rapida soluzione al caso, e, sotto gli occhi di tutti, riportano a casa il giovane Walter Collins ad “appena” quattro mesi dalla sua scomparsa, ma Christine è convinta che ci sia stata una sostituzione, che il bambino portatole non sia veramente suo figlio: decide allora di sposare la causa del reverendo Briegleb, testimoniando contro l’LAPD, e mettendo a rischio la sua esistenza…


In questa ultima prova Clint Eastwood si riconferma fautore di un cinema classico “intelligente”, pronto a veicolare, dietro pretestuosi intrecci da cinema di consumo, curati e messi in scena con sobrietà ed eleganza, messaggi importanti, attuali: da Changeling, oltre che un’ovvia (e doverosa) condanna della psichiatria in voga all’epoca dello svolgimento dei fatti, emerge un’interessante (anche se forse un po’ trita), americanissima riflessione sul rapporto tra potere e popolo, tra organi di polizia e cittadinanza.

L’integrità di Eastwood e la sua compassione emergono chiare e lampanti dalle poche scene di violenza del film (si pensi, per esempio, alla brillante sequenza dell’impiccagione del diabolico Hutchins, girata da un uomo chiaramente contrario alla pena di morte).

L’eleganza della messa in scena coincide con il rifiuto di qualunque “abbellimento” post-moderno: il regista si lascia un po’ andare solo nella sequenza della confessione del giovane Hutchins, nella quale, un ralenti avente per oggetto la cenere di una sigaretta, segnala chiaramente, più per qualità dell’immagine, che per scelta montaggistica, l’appartenenza del film all’era digitale.

Ottime le interpretazioni di Angelina Jolie e Michael Kelly, attore principalmente televisivo che dimostra, qui, di essere più che adatto al grande schermo.



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