Tuesday, September 16, 2008

L- Jean-Patrick Manchette: Piccolo Blues

Georges Gerfaut ha tutto: una bella moglie, due figli, un buon lavoro in un’importante società, una tranquilla vita alto-borghese faticosamente costruita a dispetto dei vecchi ideali socialisti. La sua tranquillità volge al termine quando, di ritorno da un viaggio di lavoro, soccorre un uomo che ritiene vittima di un incidente stradale, ma che rivela, allo sguardo dei medici, delle ferite d’arma da fuoco: inseguito da una coppia di killer professionisti e sospettato dalla polizia(1) Gerfaut è costretto a darsi alla fuga e preparare un contrattacco…


I tratti distintivi della narrativa di Manchette sono senza dubbio da rintracciare nella ritmica feroce e nel linguaggio tanto lucido e realistico da risultare scarno. La violenza, quella delle pellicole di Peckinpah, implicita nel modo di vita borghese, disgustosa se analizzata a freddo, ma irrinunciabile(2) funziona come vero motore del romanzo.

L’azione è tanto rapida e coinvolgente da occultare quasi completamente il carattere parabolico dell’opera (se non fosse per gli accenni in apertura(3) e in chiusura(4) al romanzo neppure i lettori più attenti vi farebbero caso).

Splendidi i dialoghi, piacevole la critica del consumismo (mai esagerata e condotta con grande ironia), ineccepibile la corrispondenza tra gusti musicali e carattere dei personaggi.


Il romanzo Piccolo Blues di Jean-Patrick Manchette, che rappresenta forse uno dei punti più alti del polar e del noir europeo in generale, è stato portato sugli schermi nel 1980, con il titolo di 3 Hommes à abbattre, per la regia di Jacques Deray e interpretato da Alain Delon e Dalila Di Lazzaro. Gli amanti del fumetto apprezzeranno di certo la bella trasposizione firmata Jacques Tardi (in Italia è edita da BD).


Piccolo Blues di Jean-Patrick Manchette è edito in Italia da Einaudi.

(1) Preso dall’impazienza di tornare a casa Gerfaut è fuggito dall’ospedale senza declinare le sue generalità…

(2) Gerfaut in Piccolo Blues come David Summer/Dustin Hoffman in Cane di paglia di Peckinpah libera la naturale inclinazione alla violenza e ricorre alle riserve di energie istintuali che, sepolte sotto il peso della civiltà, sono sempre pronte a riemergere anche nell’uomo moderno. La vita tranquilla del mito borghese, distrutta da condizioni materiali incidentali, viene ricostruita in maniera violenta, e cioè attraverso una momentanea sospensione delle regole etiche che si presume siano alla base della modernità. Si crea così un paradosso: pare infatti che, in determinati frangenti, solo l’individualismo (ma un individualismo consapevole, e compiaciuto, non vergognoso di sé e mascherato come quello vigente nel mondo degli affari) possa garantire la sopravvivenza della società.

(3) “La raison pour laquelle Georges file ainsi sur le périphérique avec de refléxes diminués et en ecoutand ce musique-là il faut la chercher surtout dans la place de Georges dans le rapports de production”. / La ragione per la quale Georges corre così sulla periferica con in i riflessi diminuiti e ascoltando quella determinata musica, è da ricercare innanzi tutto nel posto occupato da Georges nei rapporti di produzione. (J.-P. Manchette, Le Petit Bleu de la Côte Ouest, Folio Policier, Gallimard, Paris 2008, p. 8, traduzione mia).

(4) “Une fois, dans un contexte douteux, il a vécu une adventure mouvementée et saignante; et ensuite tout ce qui’il a trouvé a faire, c’est rentrer au bercail”. / Un tempo, in un contesto ambiguo, ha vissuto un avventura movimentata e sanguinosa; alla fine tutto quello che ha trovato da fare è stato rientrare all’ovile. (J.-P. Manchette, Le petit bleu de la côte ouest, Folio Policier, Gallimard, Paris 2008, p. 184, traduzione mia).

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