Sunday, June 01, 2008

L- Derek Raymond: E morì ad occhi aperti

Non facciamo altro che scrutare facce di cadaveri, passare al setaccio le loro stanze, soppesare i possibili moventi di amici, se ce ne sono, amanti e avversari. Ma, diversamente dalla maggioranza dei poliziotti, non ci lamentiamo delle carenze di organico, non ci preoccupiamo se il caso su cui indaghiamo non compare sui giornali né diventa una caccia all’uomo di rilevanza nazionale. […] Nessun omicidio è fortuito o trascurabile per noi, anche se in una città come questa avvengono omicidi uno dietro l’altro.(1)

Il corpo di un uomo brutalmente torturato ed ucciso viene ritrovato in una zona periferica di Londra.
La vittima, alla quale sono stati spezzati gli arti e sono stati inferti numerosi, dolorosissimi, colpi prima della morte, è stranamente rimasta con gli occhi aperti, come a voler controllare l’operato dei propri carnefici.
Ad indagare sul caso, considerato del tutto privo di interesse e risonanza mediatica, viene inviato un anonimo sergente della sezione A14, delitti irrisolti, stazione della Factory.
Disgustato dalla brutalità del delitto, e stretto in un rapporto empatico con la vittima (anche per via dell’ascolto ripetuto di una sorta di audio-diario inciso da Staniland nei giorni precedenti alla morte), l'investigatore si tuffa negli sporchi bassifondi londinesi bazzicati dalla vittima e ripercorre le ultime tappe di una misera esistenza…

Lo stile di Raymond è duro e secco; i personaggi sono brutali, folli, distrutti, cattivi, reali.
La critica, facendo leva sulla riflessione esistenziale che attraversa, occultata dietro il facile pretesto della letteratura di genere, le opere di Raymond, ha giustamente indicato l’influenza del Sartre narratore(2) sull’autore dei romanzi della “Factory”. Poliziesco esistenzialista, costruito con un andamento lento ma inesorabile come quello d’un orologio ed un disinteresse quasi assoluto per la detection, pieno di un senso di ingiustizia e di inutilità difficilmente rintracciabile anche tra i più amari e pregevoli romanzi di genere, E morì a occhi aperti, è uno dei romanzi essenziali all’interno del vasto e variegato (ma ahimè composto per lo più da prodotti dichiaratamente commerciali e assolutamente mediocri) panorama del noir europeo .

E morì a occhi aperti di Derek Raymond è il primo dei romanzi della Factory, tutti editi in Italia da Meridiano Zero.


(1)Derek Raymond, E morì a occhi aperti, Meridiano Zero, Padova 1998, p. 9.
(2)Questa influenza è particolarmente evidente in E morì a occhi aperti, nel quale le registrazioni della vittima (e coprotagonista) Charlie Staniland, la cui trascrizione si alterna alle indagini facendo da contrappunto alla narrazione, sembrano uscite direttamente da La nausea. Se Antoine Roquentin apriva il suo resoconto con "Le mieux serait d'écrire les événements au jour le jour. Tenir un journal pour y voir clair. [...] Il faut dire comment je vois cette table, la rue, les gens, mon paquet de tabac, puisque c'est cela qui a changé" (Jean Paul Sartre, La nausée, Gallimard, Parigi 2007 )[La cosa migliore sarebbe scrivere gli avvenimenti giorno per giorno. Tenere un diario per vederci chiaro. [...] Bisogna che dica come vedo questo tavolo, la strada, la gente, il mio pacchetto di tabacco, dato che è quello che è cambiato], Charlie Staniland, dichiarando che “l’ideale sarebbe riuscire a registrare tutto ciò che succede all’ultimo istante e dopo” (Derek Raymond, E morì a occhi aperti, Meridiano Zero, Padova 1998, p. 21), afferma la medesima necessità di tenere traccia di un cambiamento sottile ma essenziale, che lo ha portato a sostituire una serie di comode ipocrisie con una più lucida e disincantata visione del mondo.

Labels: , , , , , , ,

0 Comments:

Post a Comment

<< Home