L- Joe R. Lansdale: L’ultima caccia
Texas, 1933; in città imperversa la grande depressione, ma per i braccianti della zona paludosa del fiume Sabine la vita non è più dura del solito. Richard “Ricky” Harold Dale, quindicenne primogenito di una famiglia di contadini, coltiva ( con poche speranze) il sogno di diventare scrittore;intanto, impegnatosi con il padre (che, ha momentaneamente abbandonato la famiglia per unirsi, in qulità di lottatore da fiera, ad una compagnia di artisti itineranti) a vegliare sulla madre incinta e sul fratello minore, insegue la maturità dando la caccia al “Vecchio Satana”, il più grande e crudele cinghiale che abbia mai attraversato la zona del Sabine.
“L’ultima caccia” di Joe R. Lansdale si pone sulla linea immaginaria che collega Twain a Faulkner ed Hemingway, a Salinger, a John Fante e al Bukowski di Ham on rye passando attraverso i racconti di London e quelli western di Crane, reclamando l'appartenenza alla grande tradizione del bildungsroman all’americana.
Pensato come omaggio o personale rilettura della vena giovanilistica e vitalista che attraversa, da Whitman in avanti, la storia della letteratura statunitense in maniera trasversale, scritto con un gusto tutto postmoderno per il tocco “vintage” nella scelta degli oggetti (il catalogo “Sears & Roebucks”, le riviste “Dime detective”, “Black Mask”, “Weird Tales” e “Doc Savage” (1)ecc), ma anche del linguaggio, “L’ultima caccia” è un romanzo piacevole, popolato da personaggi ben tratteggiati e credibili, giustamente stoici, irrimediabimente sognatori, onestamente allegri (nonostante la situazione esterna spesso disastrosa), e lontanissimi dall’artefatto, simulato, mediocre pensiero positivo tanto in voga negli ultimi tempi...
Non molto originale nella meccanica (anche perché l’autore gioca con i clichés tipici della letteratura e del cinema sulla grande depressione...) “L’ultima caccia” compensa pienamente con l’impagabile naturalezza delle opere realmente sentite.
Indimenticabile il colloquio nel quale il protagonista confessa a suo padre (ed a se stesso) di voler essere scrittore.
Un Lansdale ispirato e pienamente a suo agio, che non cade negli sporadici (ma spesso fastidiosi) esempi di immaturità stilistica che punteggiano il resto della sua produzione (si pensi a titolo d' esempio all’incipit di “L’anno dell’uragano”); unica nota discordante: come ogni texano antirazzista e progressista che si rispetti, l’autore tiene troppo a mostrarci i di essere politically correct, rischiando di convincerci del contrario…
L’ultima caccia di Joe R. Lansdale è edito da Fanucci.
(1) Le riviste citate, tra le più note nel loro genere, hanno contribuito alla nascita ed alla diffusione della letteratura commerciale americana alla quale Lansdale (e con lui ogni autore di genere) si richiama; accanto a "Black Mask" (che ha ospitato nomi di spicco dell’ Hard-boiled classico quali Dashiell Hammet, Raymond Chandler etc.), l'autore cita “Weird Tales” che pubblicava storie di genere Horror e Science Fiction (sulle pagine di Weird Tales apparvero, tra le altre, le opere di H.P. Lovecraft).
Joe Lansdale ha ampiamente testimoniato il suo amore per Horror e fantascienza nei due romanzi raccolti nel volume “La notte del drive-in”.
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