Sunday, October 28, 2007

L- James Crumley: L’ultimo vero bacio

Magari vieni qui, domenica, così per toglierti lo sfizio.
Metti che la tua vita sia andata a gambe all'aria.
Che l'ultimo vero bacio sia roba di anni e anni fa.T'addentri per le strade
Tracciate da dementi, passi davanti ad alberghi
Chiusi chissà da quanto, a bar che invece
Ce l'hanno fatta, ai turpi tentativi della gente del posto
Di dare all'esistenza un colpo d'acceleratore.
Di ben tenuto ci son solo le chiese.Settant'anni
Ha compiuto quest'anno la galera.L'unico prigioniero
E' sempre dentro, e non sa più cos'ha fatto...

(Richard Hugo, Sfumature di grigio a Philipsburg)



C.W. Sughrue è un reduce del Vietnam re-inventatosi barista ed investigatore privato a tempo perso. Assunto dalla ricca signora Trahearne per ritrovare il marito (un eccentrico scrittore in fuga per una lunga “sbronza itinerante”), Shugrue si ritrova bloccato nella cittadina di Sonoma, California, dove il vecchio, vittima di un malaugurato incidente, è ricoverato in ospedale.

Col permesso di Trahearne, il detective accetta allora un lavoro a breve termine, mettendosi sulle tracce di Betty Sue Flowers, la bella figlia di un’attempata barista, scomparsa da casa dieci anni prima.
Le speranze sono poche, anche perché le piste sono ormai fredde, ma Shugrue (che ben presto fa del caso una questione personale) non risparmia le sue forze(1), ed in breve si trova invischiato in un mistero tanto fitto e complesso da cogliere persino lui alla sprovvista…

Scritto nel 1978 “l’ultimo vero bacio”, secondo romanzo di James Crumley, è complesso ed articolato, pieno di ritmo, traboccante azione, stilisticamente affilatissimo (anche grazie ad una pregevole traduzione; gli scettici si dedichino pure, con animo aperto, alla lettura delle prime 3 righe), popolato da personaggi meravigliosamente tratteggiati (altro che il behaviorismo manchettiano, qui anche il tenero bulldog alcolizzato “Fireball Roberts” è dotato di un carattere perfettamente definito…).
Il protagonista C.W. Sughrue, moderno moralista, ma di chandleriana memoria (come un Marlowe in abito da cowboy privato di gran parte dei punti di riferimento), è sempre pronto a nascondere i suoi sentimenti (2) sotto un artefatto cinismo che non regge all’esame dell’occhio attento del lettore;la miscela di personaggi, ambienti, intreccio e stile è perfetta, l’effetto meraviglioso.
Segnato, da un punto di vista tematico, dalla conoscenza (forse anche dall’“assidua frequenza”) dei romanzi di Raymond Chandler da un lato (3) (ed in particolare di “il grande sonno” che è forse il punto più alto della narrativa noir del periodo classico (4)), e dalla movimentata vita dell'autore, spesa un po' nell'esercito, un po' sui resti del vecchio west, dall'altro, proposto per una pregevole trasposizione cinematografica che sarebbe stata firmata da Robert Altman (regia) e Walter Hill (Sceneggiatura), sfortunatamente naufragata, apprezzato da lettori occasionali, scrittori, cultori del genere o neofiti, “L’ultimo vero bacio” è stato spesso indicato come il più importante e rivoluzionario noir moderno.
Impedibile per tutti gli amanti del genere, consigliato anche ai semplici curiosi...

Il romanzo “L’ultimo vero bacio” di James Crumley è edito in Italia da Einaudi.

(1) Perfettamente in linea con il pragmatismo tutto americano dei detective della vecchia scuola, Sughrue descrive (nel romanzo “Una vera follia”) il suo metodo come un insieme di “balle e lavoro di piedi”; in “l’ultimo vero bacio”, comunque, le balle spettano soprattutto ai vari clienti, mentre il lavoro del detective si riduce ad un lunghissimo inseguimento in automobile attraverso molti stati…
(2) La prospettiva particolare offerta al lettore dalla narrazione in prima persona, attraverso la quale si finisce ovviamente per instaurare un rapporto privilegiato con il personaggio, permette di ridimensionare l’aria da duro del narratore-protagonista; questo, a dispetto delle suo fare da cinico dimostra un realtà un affetto forse persino immotivato per i personaggi “deboli” quali il bulldog Fireball, il vecchio Trahearne (…), e Betty Sue.
(3)Curioso, per chi abbia in mente “Il grande sonno” un confronto tra quell’ amicizia virile che sembra legare, sulle prime, Sughrue e Trahearne e quella (messa forse in risalto nella versione cinematografica Hawks-Bogart) tra Philip Marlowe ed il vecchio Sternwood… Su molte altre affinità, decisamente meno marginali, è bene tacere, al fine di non rovinare la sorpresa ai lettori…
(4) In Italia la superiorità stilistica di Chandler rispetto agli altri autori della scuola dei duri è ben testimoniata dall’edizione feltrinelli di “Il grande sonno”, nella traduzione di Oreste del Buono ( “Erano pressappoco le undici del mattino, mezzo ottobre, sole velato, e una minaccia di pioggia torrenziale sospesa nella limpidezza eccessiva là sulle colline. Portavo un completo blu polvere, con camicia blu scuro, cravatta e fazzolettino assortiti, scarpe nere e calzini di lana neri con un disegno a orologini blu scuro. Ero corretto, lindo, ben sbarbato e sobrio, e me ne sbattevo che lo si vedesse. Dalla testa ai piedi ero il figurino del privato elegante. Avevo appuntamento con quattro milioni di dollari.”); l’opera è stata poi riproposta, nel volume primo delle opere di Chandler (collana Meridiani Mondadori) in una versione che tende ad avvicinarne lo stile ricco di immagini dell’autore a quello, sempre pregevole, ma decisamente più secco e scarno, di Dashiell Hammett .

Labels: , , , ,