L- Erskine Caldwell: Il predicatore vagante
(Foto tratta da "La morte corre sul fiume" di C. Laughton)
Deciso ad attendere la domenica per predicare nella scuola cittadina (non esistono chiese a McGuffin), portando così la salvezza alla popolazione, il pastore si stabilisce (senza chiedere il permesso, s’intende), nella fattoria del pigro e indolente Horey; nei cinque giorni della sua permanenza riuscirà a dimostrare un certo amore per le donne, l’alcol, e il gioco d’azzardo(oltre che una certa facilità a premere il grilletto della sua pistola).
Scritto nel 1935, ad appena due anni da “il piccolo campo” (forse il capolavoro assoluto della produzione caldwelliana), “Il predicatore vagante” è un ottimo esempio della narrativa del grande scrittore; in esso si respira la stessa aria decadente che caratterizza la “produzione maggiore” di Caldwell, quella animalità dei rapporti umani, quell’abisso di sensualità (in negativo), quelle passioni morbose, che non sembra lecito giustificare (e neppure tentare di spiegare) facendo ricorso ai motivi dell’ignoranza e della vita in campagna (2).
La figura del predicatore itinerante immorale ed approfittatore (evidentemente personaggio tutt’altro che inverosimile, visto che lo si ritrova, caratterizzato in maniera non molto differente nell’adattamento cinematografico del notissimo “la morte corre sul fiume”, solo per fare un esempio) offre lo spunto per un bell’ affresco della religione nelle zone rurali degli stati del sud; è una religione in bilico tra la spudorata superstizione, la palese ipocrisia, i tentativi veri o falsi di auto-convincimento e la conversione sentita o simulata, quella che viene fuori dall’opera di Caldwell (3).
Tra i molti momenti indimenticabili di quest’opera ricordiamo almeno la descrizione della “partita a dadi” e quella meravigliosa e quasi surreale della predicazione serale nella scuola.
“Il predicatore vagante”, attualmente non disponibile in Italia era edito da Bompiani.
(2)In Italia una via simile è stata intrapresa da Beppe Fenoglio, che, in chiusura alla sua raccolta “Un giorno di fuoco”, parlando per bocca di una donna, giustifica con l’ignoranza i fatti violenti descritti ne “i racconti del parentado”;d’altra parte i racconti inscenano il confronto tra la moralità “regolare” del ragazzo di città (il Fenoglio stesso) e i modelli etici a “tradizione orale” dei campagnoli, non è dunque impensabile che queste affermazioni siano un tentativo di giustificazione operato dalla donna ad uso del giovane (piuttosto che un misero e fallimentare tentativo dell’autore).
(3)In questo caso la prospettiva adotta da Caldwell è strettamente irrazionalistica, sembra che, nonostante tutte le brutture, la religione riesca a svolgere una funzione positiva… (Forse, nonostante la critica non ne parli, è lecito ipotizzare per Caldwell, come si fa per Faulkner, l’influenza di “Il ramo d’oro” di Frazer ).
Labels: Caldwell, Irrazionalismo, Letteratura, Letteratura Americana, Predicatore Vagante, Religione
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