Friday, June 02, 2006

L- Carlo Emilio Gadda: Quer pasticciaccio brutto de via Merulana


Il “dottor Francesco Ingravallo, comandato alla mobile”, meglio noto come “Don Ciccio”, è un giovane poliziotto “non ancora commendatore”, chiamato ad indagare su due delitti avvenuti nello stesso palazzo, “er palazzo de li pescecani”; a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro.

Il primo delitto, una banale rapina, viene prontamente risolto con la collaborazione dei carabinieri di Marino; il secondo caso, l’omicidio della ricca Liliana Balducci (già conoscente di Don Ciccio, che provava per lei una segreta passione), resterà invece irrisolto.
Ispirato ad un reale fatto di cronaca, e prendendo per riferimento letterario il “Belli” dei Sonetti, il pasticciaccio è un opera unica, che, pur approfittando dei canoni del filone “poliziesco” (tra l’altro stravolti con l’ omissione del colpevole intuito, ma non dichiarato al termine del romanzo, e con la scelta di un “detective” anomalo come Ingravallo, così estraneo alla lineare logica “giallistica”, e così attento invece ad una realtà caotica e multisfaccettata dove una moltitudine di cause concorrono alla creazione di un singolo impiccio, gnommero o pasticcio) consente all’autore un indagine politico-sociale sulla Roma del “ventennio”, oltre che un lavoro linguistico intentato ed irripetibile.
La multidialettalità (nel romanzo si sovrappongono il romanesco delle borgate, il molisano di Ingravallo ed il napoletano, ma anche veneziano, milanese ecc.) come strumento di ricerca del vero, (il vero dialogico, ma anche il vero del sentire popolare) consente all’autore un uso sciolto e anti-accademico della parola, inframmezzato da parentesi realmente barocche e ottocentesche (si pensi alla descrizione di Roma all’alba che accompagna la gita del Prestalozi in motocicletta).
La critica politica, ironica, tagliente, a tratti furiosa, riempie la pagina infiammandosi a contatto con temi caldi quali la burocrazia, l’efficienza degli organi di polizia, un certo maschilismo che si traduceva facilmente in un tollerato lassismo dei costumi (si pensi qui al Balducci), la necessaria fertilità femminile (il mal de vivre della Balducci è dettato dalla sua impossibilità di avere figli) per giungere all’apice e, quasi al turpiloquio, dove applicata alla figura di Mussolini (si pensi ad espressioni quali “il Buce e il suo bucio”).

Da “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana” è stato tratto il film “Un maledetto imbroglio” del 1959, diretto da Pietro Germi.

“Quer pasticciaccio brutto de via Merulana” è edito da Garzanti.

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