Premio Scerbanenco: "Un nuovo Inizio", di Vincenzo Maimone
Recensione di Biagio Spoto
Il libro di Vincenzo Maimone rispetta apparentemente gli ingredienti classici del giallo: il ritrovamento di un cadavere, l’assenza di motivazioni manifeste che possano spiegare la morte del tranquillo professor Vittorio Sapienza, pochissimi indizi a disposizione degli inquirenti. Dico solo apparentemente, perché nel corso della lettura, Un nuovo inizio, romanzo d’esordio dell’autore, offre ai lettori diverse occasioni di riflessione sulla natura umana e sui suoi lati oscuri. Come dirà il commissario Costante, uno dei protagonisti di questa storia, l’inchiesta iniziata a seguito dell’omicidio del prof. Sapienza cessa di essere una prassi di routine per divenire “un’indagine sulla solitudine”. La ricerca della verità sulla solitudine del prof. Sapienza è il filo che fa intrecciare le vicende riguardanti la sua morte con le storie personali dei due protagonisti del romanzo, il commissario Costante e il professore di filosofia Tancredi Serravalle, che in una strana ma proficua alleanza indagheranno sul caso. L’inedita coppia di inquirenti è formata da due personalità profondamente diverse ma forse per questo complementari. Tanto metodico e calmo il commissario Costante, quanto intuitivo e inquieto il prof. Serravalle. I due condividono una stessa preoccupazione che è la molla che li spinge ad appassionarsi così intensamente al caso, quella di rimanere imprigionati nei traumi del loro passato e nella solitudine che ne scaturisce, così come era capitato al professor Sapienza. Il tema dell’elaborazione della memoria e delle conseguenze che le nostre storie personali possono avere sulle nostre vite future, è dunque un altro degli argomenti principali di questo libro.
I due protagonisti cercando di ricostruire la vita della vittima, le sue solitudini, le sue disavventure, cercano di capire qual è stato il punto di rottura che ha portato l’esistenza serena del professore a divenire un appuntamento inevitabile con la morte. Indagando sulla storia personale di Sapienza, Costante e Serravalle in realtà non fanno altro che guardare alla propria vita, in una sorta di meccanismo alla sliding doors. Cosa sarebbe successo alle loro vite, se non avessero trovato la forza per reagire alle avversità? Cosa li differenzia in realtà dal povero Sapienza? La riflessione a cui l’autore del romanzo ci accompagna è che cominciare qualcosa di inedito, una nuova vita, un nuovo progetto, un nuovo inizio, è possibile soltanto se si riesce a fare i conti col proprio passato e se si perdonano gli errori commessi da noi stessi e dagli altri. Anche se l’autore, filosofo di professione, nel suo libro impiega volutamente con parsimonia gli strumenti del suo mestiere, quello che differenzia Costante e Serravalle dal prof. Sapienza è che i primi per citare Hannah Arendt sono capaci di «agire, […] prendere un’iniziativa, iniziare, mettere in movimento qualcosa»(Arendt, vita activa, p. 128), e dunque in grado di cambiare il senso della loro vita: «Il fatto che l’uomo sia capace d’azione significa che da lui ci si può attendere l’inatteso, che è in grado di compiere ciò che è infinitamente improbabile» (Arendt, vita activa, p. 129).
Sapienza, invece, non è stato capace di iniziare nulla di nuovo e di reagire di fronte ad alcuni fatti drammatici che hanno scosso la sua vita. Egli, dunque, è rimasto prigioniero di “un pensiero fisso” che lo ha condotto sino alla morte.
Nonostante lo spessore dei temi trattati, il romanzo di Maimone è di piacevole lettura. Soprattutto grazie alle dosi massicce di ironia e di humour che l’autore dispensa in diverse parti del racconto. Bersaglio principale sono i pregiudizi e i luoghi comuni di cui è intrisa la realtà del quotidiano, specialmente all’interno delle piccole comunità in cui ciascuno di noi passa gran parte del proprio tempo. Assolutamente divertenti sono i ritratti di alcune figure caratteristiche del “microcosmo” scuola in cui si sviluppa parte del romanzo: il vecchio professore logorroico, la professoressa “lecchina”, l’applicato di segreteria con le sue manie da perfetto burocrate. Tipi umani applicabili ad ogni contesto lavorativo.
Un’altra bella trovata dell’autore è far dialogare il protagonista principale Tancredi Serravalle, col proprio demone socratico. Ne vengono fuori scambi di battute divertenti e vivaci nelle quali Tancredi e il suo demone si mandano spesso e ripetutamente a quel paese, quasi fossero una vecchia coppia di amanti litigiosi e brontoloni.
La capacità di miscelare fasi comiche ad altre di riflessione più seria, è il pregio migliore di un romanzo divertente e mai banale. Un unico appunto da muovere è sulle potenzialità espressive dei personaggi di questa storia, a mio parere solo parzialmente manifestate in questo romanzo. Forse un limite, ma sicuramente un buon risultato per l’autore, se deciderà di dar seguito alle loro storie.
Il romanzo Un nuovo Inizio, di Vincenzo Maimone, semifinalista al Premio Scerbanenco, è edito da Sampognaro & Pupi.
Labels: Biagio Spoto, Hannah Arendt, Letteratura, Letteratura Italiana, Premio Scerbanenco, Vincenzo Maimone
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