Premio Scerbanenco: "Verde Napoletano", di Letizia Triches
Napoli, primi anni Ottanta, coloratissima città e altrettanto variopinto periodo; ma è con due funerali che inizia questa storia, quelli di due artisti figurativi locali. Ad assistervi, un'anima vagante, il famoso "47- morto che parla" (nella smorfia napoletana in realtà è indicato col numero 48; l'equivoca attribuzione è dovuta perlopiù al titolo di un film di Totò del 1950: "47 Morto che parla", appunto). Il fantasma non ricorda nulla del corpo appartenutogli in vita e la sensazione di avere una particolare predilezione per i colori lo spinge a pensare che una delle salme degli artisti sia la sua. Indagherà in questa direzione, seguendo però solo a latere le vicende delle due vedove, vere protagoniste del romanzo. La sua voce narrante lascia infatti la scena a quelle delle due donne, che si alternano nei capitoli successivi, raccontando l'esperienza di vita al fianco dei due artisti.
Chantal Chiusano, la prima delle due, è una pacata ma abilissima "commissaria" e vive una perfetta storia d'amore col giovanissimo marito Giovanni Aiello, bravo paesaggista, dotato di grande tecnica, specializzato in ritratti sacri, aderente appieno alla scuola napoletana classica, poco famoso ma molto stimato nell'ambiente. Sara Steno, l'altra vedova, è una psicologa romana che vive la relazione coniugale in modo molto più complicato, vede suo marito, Michele Mosti, solo nei fine settimana. Infatti, pur di conservare un po' d'indipendenza, continua a vivere a Roma e a svolgervi la professione. Mosti, a differenza del tradizionalista Aiello, ha un discreto successo, dovuto alla protezione e alla frequentazione di galleristi e critici locali; il suo lavoro è molto più sperimentale ma i suoi quadri imitano con scarsi risultati i capolavori di Burri e Fontana, insomma risulta essere decisamente sopravvalutato e ne è tristemente consapevole. Mosti è alla ricerca costante di una novità e di un'originalità che è negata all'altro.
Questi sono gli attori principali di questo giallo molto classico, ottimamente strutturato, che ha come sfondo non solo i quartieri malfamati della Sanità o quelli rinomati di Posillipo, ma anche tutto il mondo accademico, di cui
Nel caos di Napoli emergono singoli eventi che hanno una precisa ragione d'essere: si alternano passioni violente a normalissimi quadretti familiari, si dà risalto all'attaccamento di quelli che sono i trucchi del mestiere e la ritrosia a rivelarli. Ma quella che erompe con maggior forza è l'ambizione artistica che governa l'ambiente accademico, la fame di successo che spinge anche ad uccidere. L'omicidio di Mosti, su cui indaga
Ma di omicidi ce ne saranno altri, la "commissaria" giungerà ad affrettate conclusioni ma non demorderà nella ricerca della verità; i colpi di scena nel lungo finale abbonderanno.
Questo della Triches è un esordio la cui forza sta principalmente nella struttura della trama e nelle caratterizzazioni dei personaggi, soprattutto quelli femminili. Da apprezzare anche la scrittura non pretenziosa, il non cercare paroloni o termini ad effetto per descrivere un ambiente così caratteristico qual è quello artistico, insomma una lettura che intrattiene piacevolmente ma non se si cercano chiavi di lettura alte o altre. Un ultimo appunto ai tipi della rispettabilissima Pendragon: ma per un libro che così chirurgicamente descrive le differenze tra arte iconica classica e astratta, non si poteva prestare più attenzione alla veste grafica che decisamente dissuade dall'acquisto?
Il romanzo Verde Napoletano, di Letizia Triches, semifinalista al premio Scerbanenco, è edito da Pendragon.
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