L- Derek Raymond: Come vivono i morti
“La nostra chiesa, dove sono sepolti i miei genitori, è in vendita ed è puntellata di travi; quando ci vado, sento i morti che aspettano negli alti rovi dietro le tombe.”(1)
Thornhill, provincia di Londra, 1983. Il sergente della A14, sezione delitti irrisolti della polizia di Londra, abbandona la “Factory” per indagare sulla misteriosa scomparsa di Marianne Mardy, moglie di un anziano medico di campagna.
Appena arrivato sul posto, il detective si scontra, però, con la realtà del paesino di provincia: la corruzione diffusa rende impossibile la collaborazione con la polizia locale, e un muro di silenzio e omertà circonda la sorte di Marianne Mardy, ritenuta malata (ma in realtà intimamente data per morta) da tutti gli abitanti del paesino, e scomparsa da sei mesi prima che un vecchio ex-militare decidesse di denunciarne l’assenza.
Ma l’omertà, come al solito, cela interessi economici circoscritti, e il sergente, detective “empatico”, sempre pronto ad immedesimarsi con le vittime, non ha nessuna intenzione di lasciare che gli sciacalli del paese si arricchiscano alle spalle di Marianne Mardy e di suo marito, anche a costo di esporsi a sospensione e licenziamento…
Come vivono i morti è probabilmente il più chandleriano dei romanzi di Derek Raymond: tutta la prima parte dell’opera è infatti attraversata da meravigliosi, pungenti, dialoghi nei quali l’innominato protagonista riafferma la propria libertà dai vincoli economici, gerarchici e politici (il tono delle risposte del sergente è tale che non può non venire in mente il Marlowe di La signora nel lago(2)). Coinvolto nel caso, le cui implicazioni morali rappresentano, come di consueto, il fulcro della costruzione dell’intreccio, il sergente lascia però la sua riposante veste da "libero pensatore" per ritrovarsi calato nelle solite miserie esistenziali: quello in azione nel romanzo di Raymond è un Marlowe che ha perso o riposto la sua cinica corazza, e si dedica in maniera esplicita al suo compito morale, senza trarre piacere dalla "detection", e senza l'illusione di poter ristabilire la "giustizia"(3).
Lo stile incostante e frammentario(4) comunica un senso di estraniazione che è perfetto per esprimere la lacerazione del protagonista, perso nella tensione tra il suo compito istituzionale, e la volontà di comprendere le motivazioni, di accollarsi i “mali” di alcuni “colpevoli”(5), tra la necessità di contemplare in maniera distaccata la bassezza del mondo (per poter agire in maniera “professionale”), e la frustrante ricerca di qualcosa di più alto.
Un romanzo amaro e meraviglioso, che eccede, con le sue dolenti pagine sul tema della vecchiaia e della morte (che paradossalmente diviene unica e inaccettabile soluzione al male fisico e morale del mondo), tutti i canoni e i motivi del romanzo d'intrattenimento, pur mantenendo un intreccio poliziesco perfettamente funzionante.
Come vivono i morti di Derek Raymond, è il terzo dei romanzi del ciclo della Factory, tutti editi, in Italia, da Meridiano Zero.
(1) Derek Raymond, Come vivono i morti, Meridiano Zero, Padova 1999, p.20.
(2) Qui Philip Marlowe rivolgendosi a Derace Kingsley, direttore della "Gillerlain Company" -momentaneamente anche datore di lavoro- precisa che, piacciano o no, i suo modi “non sono in vendita” ("-Non mi piacciono i vostri modi- Replicò kingsley con una voce che avrebbe potuo schiacciare una nocedi cocco. -Non importa, mica sono in vendita.-"; Raymond Chandler, La signora nel lago, Feltrinelli, Milano 2001, p. 12). Il passo è generalmente considerato dalla critica come uno dei momenti fondamentali per la definizione del carattere di Marlowe. Questa insubordinazione è poi passata, in maniera più o meno forte (e più o meno manierata), a tutti i detective del noir moderno d’ispirazione classica.
(3)Mentre nelle opere di Chandler, e in tutto il noir classico, l'ingiustizia e la crudeltà diffusa nella società moderna emergono dallo sfondo, e sono "scoperte" (o ri-scoperte nel caso di detective seriali come Marlowe), chiarite, riconfermate, al termine dell'indagine, nei romanzi della Factory, queste sono piuttosto dei presupposti; per questo il sergente si dedica al suo compito con la rassegnazione di chi sa di non avere nulla da vincere o perdere.
(4)I dialoghi segnati da vocabolario spesso colloquiale (o, all’occasione, burocratico) e registro basso fanno da contrappunto alle riflessioni quasi “gotiche” e “alte”, spesso pervase da un toccante lirismo, del sergente.
(5)La vera grandezza del sergente sta nel saper riconoscere la vittima dietro il colpevole; Come vivono i morti offre un esempio perfetto nel personaggio del dottor Mardy: colpevole per la legge, il medico è in realtà vittima di una serie di approfittatori e ricattatori, ma, ancora di più, dell'amore per sua moglie (che paradossalmente diviene "movente" del delitto).
Appena arrivato sul posto, il detective si scontra, però, con la realtà del paesino di provincia: la corruzione diffusa rende impossibile la collaborazione con la polizia locale, e un muro di silenzio e omertà circonda la sorte di Marianne Mardy, ritenuta malata (ma in realtà intimamente data per morta) da tutti gli abitanti del paesino, e scomparsa da sei mesi prima che un vecchio ex-militare decidesse di denunciarne l’assenza.
Ma l’omertà, come al solito, cela interessi economici circoscritti, e il sergente, detective “empatico”, sempre pronto ad immedesimarsi con le vittime, non ha nessuna intenzione di lasciare che gli sciacalli del paese si arricchiscano alle spalle di Marianne Mardy e di suo marito, anche a costo di esporsi a sospensione e licenziamento…
Come vivono i morti è probabilmente il più chandleriano dei romanzi di Derek Raymond: tutta la prima parte dell’opera è infatti attraversata da meravigliosi, pungenti, dialoghi nei quali l’innominato protagonista riafferma la propria libertà dai vincoli economici, gerarchici e politici (il tono delle risposte del sergente è tale che non può non venire in mente il Marlowe di La signora nel lago(2)). Coinvolto nel caso, le cui implicazioni morali rappresentano, come di consueto, il fulcro della costruzione dell’intreccio, il sergente lascia però la sua riposante veste da "libero pensatore" per ritrovarsi calato nelle solite miserie esistenziali: quello in azione nel romanzo di Raymond è un Marlowe che ha perso o riposto la sua cinica corazza, e si dedica in maniera esplicita al suo compito morale, senza trarre piacere dalla "detection", e senza l'illusione di poter ristabilire la "giustizia"(3).
Lo stile incostante e frammentario(4) comunica un senso di estraniazione che è perfetto per esprimere la lacerazione del protagonista, perso nella tensione tra il suo compito istituzionale, e la volontà di comprendere le motivazioni, di accollarsi i “mali” di alcuni “colpevoli”(5), tra la necessità di contemplare in maniera distaccata la bassezza del mondo (per poter agire in maniera “professionale”), e la frustrante ricerca di qualcosa di più alto.
Un romanzo amaro e meraviglioso, che eccede, con le sue dolenti pagine sul tema della vecchiaia e della morte (che paradossalmente diviene unica e inaccettabile soluzione al male fisico e morale del mondo), tutti i canoni e i motivi del romanzo d'intrattenimento, pur mantenendo un intreccio poliziesco perfettamente funzionante.
Come vivono i morti di Derek Raymond, è il terzo dei romanzi del ciclo della Factory, tutti editi, in Italia, da Meridiano Zero.
(1) Derek Raymond, Come vivono i morti, Meridiano Zero, Padova 1999, p.20.
(2) Qui Philip Marlowe rivolgendosi a Derace Kingsley, direttore della "Gillerlain Company" -momentaneamente anche datore di lavoro- precisa che, piacciano o no, i suo modi “non sono in vendita” ("-Non mi piacciono i vostri modi- Replicò kingsley con una voce che avrebbe potuo schiacciare una nocedi cocco. -Non importa, mica sono in vendita.-"; Raymond Chandler, La signora nel lago, Feltrinelli, Milano 2001, p. 12). Il passo è generalmente considerato dalla critica come uno dei momenti fondamentali per la definizione del carattere di Marlowe. Questa insubordinazione è poi passata, in maniera più o meno forte (e più o meno manierata), a tutti i detective del noir moderno d’ispirazione classica.
(3)Mentre nelle opere di Chandler, e in tutto il noir classico, l'ingiustizia e la crudeltà diffusa nella società moderna emergono dallo sfondo, e sono "scoperte" (o ri-scoperte nel caso di detective seriali come Marlowe), chiarite, riconfermate, al termine dell'indagine, nei romanzi della Factory, queste sono piuttosto dei presupposti; per questo il sergente si dedica al suo compito con la rassegnazione di chi sa di non avere nulla da vincere o perdere.
(4)I dialoghi segnati da vocabolario spesso colloquiale (o, all’occasione, burocratico) e registro basso fanno da contrappunto alle riflessioni quasi “gotiche” e “alte”, spesso pervase da un toccante lirismo, del sergente.
(5)La vera grandezza del sergente sta nel saper riconoscere la vittima dietro il colpevole; Come vivono i morti offre un esempio perfetto nel personaggio del dottor Mardy: colpevole per la legge, il medico è in realtà vittima di una serie di approfittatori e ricattatori, ma, ancora di più, dell'amore per sua moglie (che paradossalmente diviene "movente" del delitto).
Labels: Chandler, Derek Raymond, Esistenzialismo, Factory, Letteratura, Letteratura inglese, Letteratura Noir, Londra
4 Comments:
accidenti che blog!
Ho fatto tutta una spanciata - anche se non ho letto tutto - e ti faccio i miei complimenti più vivi per la passione e per l'estrema competenza (e - spesso - per gli ottimi gusti letterari e cinematografici).
grazie mille, è un piacere vedere che ogni tanto qualche nuovo lettore finisce qui....
ciao,
fabrizio
fabriziofb@gmail.com
CA-PO-LA-VO-RO!
ogni volta che leggo/rileggo un romanzo di Raymond mi dico "questo è uno dei migliori, uno dei miei preferiti"...
ciao,
fabrizio
P.S. X Matteo & Matteo: ma quanti blog avete?
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