Monday, November 28, 2005

L- Kenneth Fearing: Il Grande Orologio


Kenneth Fearing, negli anni ‘30/‘40 già apprezzato poeta modernista, si dedica per motivi economici (e su questo i critici, che evidentemente non mangiano, non smetteranno mai di puntare il dito) alla narrativa Pulp; dobbiamo forse per questo cedere all’impulso di ignorare queste sue opere narrative, considerandole indegne in confronto alla sua produzione poetica?Naturalmente no.

Se da un punto di vista puramente stilistico non si trovano grandi virtuosismi, se le descrizioni fisiche dei personaggi (si pensi a quella iniziale della Delos) risultano talvolta eccessivamente manierate, fino a suonare parodistiche, sotto altri aspetti, “il grande orologio” è un opera impedibile per tutti gli appassionati del genere, e per chiunque abbia un qualche interesse nel campo della narratologia.

Un primo aspetto importante è quello relativo al sovvertimento della normale struttura del genere poliziesco:L’ improvvisato detective non opera qui uno svelamento dei fatti, una chiarificazione, ma anzi, si limita a dei tentativi più o meno fortunati di depistaggio ( così come nel selezionare una squadra di collaboratori sceglie quelli che ritiene meno adatti ad un qualsivoglia incarico investigativo).

Più ancora del suo eccedere e sovvertire le regole del genere, ciò che interessa qui è la dimensione narrativa, ed è secondo l’aspetto della narrazione, della pianificazione dell’opera, della creazione dell’intreccio, che “il grande orologio” si rivela per ciò che è, un piccolo capolavoro di oreficeria.

Come giustamente ci fa notare Luca Conti nell’ottimo saggio posto in appendice all’edizione Einaudi (collezione noir), la narrazione si realizza attraverso la categoria genettiana della focalizzazione interna multipla: Una serie di narratori offrono in prima persona la loro visione dei fatti; i loro pensieri, le loro aspettative e le loro intenzioni sono per così dire “trasparenti” al lettore.

La narrazione è costruita con una perizia tale da offrire al lettore, una visione completa dei fatti, cosa che è negata, se non a tutti i personaggi, alla maggior parte di essi.

Quest’opera dichiara, e dichiara tutto apertamente (in questo senso la soluzione narrativa può essere considerata antitetica rispetto a quella applicata da Woolrich nel già considerato “La donna fantasma”).

Se l’opera di Woolrich era decisamente costruita intorno all’effetto sorpresa dovuto al rovesciamento finale, nel grande orologio è la suspence a farla da padrona, la condizione privilegiata del lettore fa si che egli si carichi di aspettative e preoccupazioni nei confronti del protagonista/narratore principale, fino al rassicurante finale.

“Il grande Orologio” è stato oggetto di due trasposizioni cinematografiche (“Il tempo si è fermato” di John Farrow (1948), “Senza via di scampo” di Roger Donaldson (1987)) ed è stato ampiamente citato da Joel ed Ethan Coen nel lotro “Mister Hula-Hoop” (1994).

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