Wednesday, January 21, 2009

L- Derek Raymond: Come vivono i morti



“La nostra chiesa, dove sono sepolti i miei genitori, è in vendita ed è puntellata di travi; quando ci vado, sento i morti che aspettano negli alti rovi dietro le tombe.”(1)

Thornhill, provincia di Londra, 1983. Il sergente della A14, sezione delitti irrisolti della polizia di Londra, abbandona la “Factory” per indagare sulla misteriosa scomparsa di Marianne Mardy, moglie di un anziano medico di campagna.
Appena arrivato sul posto, il detective si scontra, però, con la realtà del paesino di provincia: la corruzione diffusa rende impossibile la collaborazione con la polizia locale, e un muro di silenzio e omertà circonda la sorte di Marianne Mardy, ritenuta malata (ma in realtà intimamente data per morta) da tutti gli abitanti del paesino, e scomparsa da sei mesi prima che un vecchio ex-militare decidesse di denunciarne l’assenza.
Ma l’omertà, come al solito, cela interessi economici circoscritti, e il sergente, detective “empatico”, sempre pronto ad immedesimarsi con le vittime, non ha nessuna intenzione di lasciare che gli sciacalli del paese si arricchiscano alle spalle di Marianne Mardy e di suo marito, anche a costo di esporsi a sospensione e licenziamento…

Come vivono i morti è probabilmente il più chandleriano dei romanzi di Derek Raymond: tutta la prima parte dell’opera è infatti attraversata da meravigliosi, pungenti, dialoghi nei quali l’innominato protagonista riafferma la propria libertà dai vincoli economici, gerarchici e politici (il tono delle risposte del sergente è tale che non può non venire in mente il Marlowe di La signora nel lago(2)). Coinvolto nel caso, le cui implicazioni morali rappresentano, come di consueto, il fulcro della costruzione dell’intreccio, il sergente lascia però la sua riposante veste da "libero pensatore" per ritrovarsi calato nelle solite miserie esistenziali: quello in azione nel romanzo di Raymond è un Marlowe che ha perso o riposto la sua cinica corazza, e si dedica in maniera esplicita al suo compito morale, senza trarre piacere dalla "detection", e senza l'illusione di poter ristabilire la "giustizia"(3).
Lo stile incostante e frammentario(4) comunica un senso di estraniazione che è perfetto per esprimere la lacerazione del protagonista, perso nella tensione tra il suo compito istituzionale, e la volontà di comprendere le motivazioni, di accollarsi i “mali” di alcuni “colpevoli”(5), tra la necessità di contemplare in maniera distaccata la bassezza del mondo (per poter agire in maniera “professionale”), e la frustrante ricerca di qualcosa di più alto.
Un romanzo amaro e meraviglioso, che eccede, con le sue dolenti pagine sul tema della vecchiaia e della morte (che paradossalmente diviene unica e inaccettabile soluzione al male fisico e morale del mondo), tutti i canoni e i motivi del romanzo d'intrattenimento, pur mantenendo un intreccio poliziesco perfettamente funzionante.

Come vivono i morti di Derek Raymond, è il terzo dei romanzi del ciclo della Factory, tutti editi, in Italia, da Meridiano Zero.



(1) Derek Raymond, Come vivono i morti, Meridiano Zero, Padova 1999, p.20.
(2) Qui Philip Marlowe rivolgendosi a Derace Kingsley, direttore della "Gillerlain Company" -momentaneamente anche datore di lavoro- precisa che, piacciano o no, i suo modi “non sono in vendita” ("-Non mi piacciono i vostri modi- Replicò kingsley con una voce che avrebbe potuo schiacciare una nocedi cocco. -Non importa, mica sono in vendita.-"; Raymond Chandler, La signora nel lago, Feltrinelli, Milano 2001, p. 12). Il passo è generalmente considerato dalla critica come uno dei momenti fondamentali per la definizione del carattere di Marlowe. Questa insubordinazione è poi passata, in maniera più o meno forte (e più o meno manierata), a tutti i detective del noir moderno d’ispirazione classica.
(3)Mentre nelle opere di Chandler, e in tutto il noir classico, l'ingiustizia e la crudeltà diffusa nella società moderna emergono dallo sfondo, e sono "scoperte" (o ri-scoperte nel caso di detective seriali come Marlowe), chiarite, riconfermate, al termine dell'indagine, nei romanzi della Factory, queste sono piuttosto dei presupposti; per questo il sergente si dedica al suo compito con la rassegnazione di chi sa di non avere nulla da vincere o perdere.
(4)I dialoghi segnati da vocabolario spesso colloquiale (o, all’occasione, burocratico) e registro basso fanno da contrappunto alle riflessioni quasi “gotiche” e “alte”, spesso pervase da un toccante lirismo, del sergente.
(5)La vera grandezza del sergente sta nel saper riconoscere la vittima dietro il colpevole; Come vivono i morti offre un esempio perfetto nel personaggio del dottor Mardy: colpevole per la legge, il medico è in realtà vittima di una serie di approfittatori e ricattatori, ma, ancora di più, dell'amore per sua moglie (che paradossalmente diviene "movente" del delitto).

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Monday, January 19, 2009

L- Charles Willams: Finalmente Domenica


Foto: La copertina dell'edizione originale di The Long Saturday Night (Finalmente Domenica), uscito per Gold Medal Books nel 1962.

Carthage, Louisiana, inizio anni ‘60. John “Duke” Warren, rispettabile proprietario di un’agenzia immobiliare, si ritrova sospettato dell’omicidio del compaesano Dan Roberts, freddato durante una solitaria partita di caccia all’anatra. La polizia non ha molto in mano, semplici sospetti fondati sulla presenza di Warren sul luogo del delitto, e i sospetti sono assolutamente inutili in assenza di un movente. Quando, però, una misteriosa telefonata anonima informa lo sceriffo dell’esistenza di una relazione tra il defunto Roberts e Frances Kinnan, avvenente giovane moglie di Warren, la posizione dell’uomo si aggrava.
Intanto, tornato a casa al termine di uno spiacevole interrogatorio, Warren si imbatte nel cadavere orribilmente sfigurato della bella Frances, brutalmente assassinata nel corso della sua breve assenza.
Ricercato dallo sceriffo Scanlon e dal suo vice Mulholland, l’uomo decide allora di darsi alla fuga e dimostrare la propria innocenza facendo luce, con l’aiuto della affascinante giovane segretaria Barbara Ryan, sul misterioso passato (comune?) di sua moglie e di Dan Roberts, entrambi forestieri recentemente stabilitisi in città con il pretesto di aprire un’attività commerciale.

Charles Williams, texano, classe 1909, morto suicida nel 1975, è stato uno degli autori di spicco dell’hard boiled americano dell’epoca classica. Nei suoi romanzi (quasi tutti tristemente introvabili in Italia) atmosfere cupe e decadenti tracciate con la perfezione e la moderatezza stilistica dei più blasonati autori dell’epoca fanno da cornice ad intrecci neri ravvivati da massicce (in rapporto alle mode e ai modi del tempo) dosi di sesso e violenza, e lasciano spazio ad un’interessante rivalutazione della figura femminile: dark ladies, femmes fatales, antagoniste, bugiarde, ladre, semplici comprimarie, donne di casa, biondine svenevoli, determinate collaboratrici (adiuvanti dell’eroe, come nel caso di Finalmente domenica), o vere e proprie co-protagoniste, le donne di Williams dimostrano sempre una visione del mondo più chiara, una migliore e più sviluppata capacità di analisi rispetto a quella degli eroi di turno(1), giocando, così, un ruolo centrale nello scioglimento della trama.
In Finalmente Domenica, ottimo esempio di noir moderno (nel senso in cui è moderna la narrativa di Ross McDonald in rapporto a quella di Chandler), autoironico, autoriflessivo, pronto a stravolgere molti clichés ancora largamente in uso all’epoca della stesura, un intreccio “a orologeria”, avvincente, ben costruito, privo di punti morti, si apre ad un’inusuale comicità che, serpeggiante per tutto il romanzo, diviene esplicita sul finale, accompagnando e completando il senso di sollievo del protagonista, finalmente discolpatosi, e la sua riconciliazione con le atuorità.
Dal romanzo Finalmente Domenica di Charles Williams, edito in Italia da Hobby & Work, è stato tratto l’omonimo film del 1982 diretto da François Truffaut ed interpretato da Fanny Ardant e Jean-Louis Trintignant. (2)



(1)Williams conferisce ai personaggi femminili spessore e personalità spesso irrintracciabili, all’epoca, nelle opere dei più noti maestri del genere (si pensi alle donnicciole sciocche e svenevoli o goffamente "furbe" di Chandler, Hammett, McDonald o alla Miss Blandish del romanzo di James Hadley Chase, quasi una sagoma di cartone sul fondo della brutale narrazione) e li riveste di inusuali (nell’ambito della letteratura di genere, prodotta, allora, per un pubblico di sesso maschile) tratti positivi (si confronti, ancora, la dolce Barbara Ryan con le donne infedeli e fatali di James M. Cain e di Jim Thompson, o con le incostanti co-protagoniste di La ragazza di Cassidy e Il buio nella mente di David Goodis).
Gli “eroi”, tutti di sesso maschile, privati della tradizionale, ipertrofica, capacità di analisi e pianificazione che permette la "pacifica" soluzione dei loro guai, si ritrovano in balia del destino o dipendenti, nella loro corsa verso la salvezza, dalle donne.
(2)Ingiustamente dimenticato in sede letteraria, Charles Williams ha conosciuto un discreto successo (seppure attraverso pellicole di valore mediamente piuttosto basso) al cinema: dai suoi romanzi sono infatti stati tratti una dozzina di film. Tra i più noti ricordiamo, oltre a Finalmente domenica, Ore dieci calma piatta (Philp Noyce, 1989), Il posto caldo (Dennis Hopper, 1990), Buccia di banana (Marcel Ophuls, 1963) e Il triangolo del delitto (Jean Valère, 1964).

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Friday, January 09, 2009

L- L.R. Carrino: Acqua Storta



“Ma a finale, a quelli come noi gli occhi non servono a tanto. A noi servono le mani, e le orecchie, sempre con le orecchie appizzate dobbiamo stare, perché ogni cosa potrebbe essere l’ultima cosa che sentiamo. Quando la terra trema, anche solo un poco, noi sappiamo che dobbiamo correre. È per questo che certe talpe non tornano più nel buco che avevano fatto.
”(1)


Napoli. Giovanni Farnesina, figlio del boss della camorra don Antonio “Acqua Storta”(2), ha alle spalle un’adolescenza turbolenta culminata in un terribile omicidio compiuto nel carcere minorile di Nisida (all’interno del quale era stato rinchiuso per un semplice furto d’auto), ma ormai è un uomo adulto, sposato con Mariasole (la figlia di un boss rivale), e padre di un bambino.
Dietro alla facciata dell’uomo d’onore devoto alla famiglia e attento alle prescrizioni della bibbia (“la bibbia ci dice quello che è giusto e sbagliato”, sostiene don Antonio), Giovanni intrattiene però una pericolosa relazione con Salvatore Annunziata, contabile del clan. Da troppo tempo si reca, con il pretesto di recuperare il contante di persona, in casa dell’amante: in città anche i muri hanno orecchie, e la gente mormora.
Giovanni sa che se le voci relative alla sua relazione extra coniugale dovessero arrivare alle orecchie di suo padre, questo non esiterebbe, pur di recuperare l'onore, a ricorrere alla maniere forti. Allora, se vuole salva la vita, non ha scelta: deve liberarsi di tutti i testimoni, e deve farlo alla svelta…

Acqua Storta, romanzo noir breve e folgorante, è interessante da più di un punto di vista: innanzitutto in quanto opera sulla camorra (tematica quanto mai attuale e strettamente "italiana"), che tanto bene si iscrive nel dibattito sul presente e sul futuro della nostra letteratura; poi, in senso più ampio, per la riproposizione del topos, antico quasi quanto la letteratura stessa, del rapporto (e del conflitto) tra “ragione” e “sentimento” (3).
L’omosessualità dei personaggi non è qui un semplice pretesto narrativo tra i tanti possibili, per quanto funzioni come motore della vicenda: la profonda lacerazione del protagonista, incapace di accettare fino in fondo la propria “diversità”(4), e costretto a nasconderla per non incorrere nella punizione da parte di un potere repressivo, assurdo e cieco, si rivela come dramma esistenziale e perfetto corrispettivo, sul piano intimo e personale, della profonda miseria culturale dell’ambiente circostante; un ambiente nel quale vige ancora l’onore, e l’omosessualità è vissuta come una vistosa piaga, una malattia fisica contagiosa (nel senso che sporca non solo il “portatore” ma anche tutti i suoi familiari).
Il romanzo, costruito su una scarna, ma efficace, trama da thriller, trae gran parte della sua forza dalla perfetta ricostruzione psicologica dei personaggi portati sulla scena, tutti, o quasi (fa eccezione il timido Salvatore) assolutamente brutali, cresciuti e nutritisi in un clima "culturale" in cui, pur tenendo la bibbia sul comodino (e anzi consigliandone l'edificante lettura), si può uccidere un familiare per una banale questione d'onore…
Lo stile sciolto, ristretto, colloquiale e dialettale (in maniera forse un po' troppo misurata, ma d’altra parte, un uso eccessivo del dialetto avrebbe rischiato di scoraggiare un buon numero di lettori…), e la narrazione in prima persona ben si adattano alle vicende di un personaggio come Giovanni, e al carattere “rapido”(5) del romanzo.

Il romanzo Acqua Storta di Luigi Romolo Carrino, finalista al Premio Scerbanenco 2008, è edito in Italia da Meridiano Zero.
Dal romanzo è già stato tratto un recital teatrale dal titolo La versione dell'acqua (6), e l'autore sta discutendo un adattamento cinematografico.




(1) Luigi Romolo Carrino, Acqua Storta, Meridiano Zero, Padova 2008, p. 122.
(2) Il capoclan si è fatto strada bonificando una palude ed adibendola a discarica; da qui il nome “Acqua Sporca”, in seguito cambiato in “Acqua Storta” per ironizzare, non senza malignità, sul vistoso strabismo del suo occhio destro.
(3) Ragione e sentimento è anche il titolo di un brano di Maria Nazionale che, inserito come traccia o indizio delle intenzioni dell’autore (o almeno così ci sembra di poter affermare), fa da colonna sonora al romanzo. Stupisce allora che la critica non abbia evidenziato questo aspetto: perché trascurare un suggerimento esplicito per occuparsi di Acqua Storta come di un semplice romanzo (costruito, è vero, su eventi in parte reali e frutto di una conoscenza più o meno diretta dell’ambiente -quella dei due camorristi omosessuali vittime di “inspiegabili” incidenti è una vecchia voce da bar, ha sottolineato Carrino-) del “dopo-Gomorra”? E perchè farne un semplice romanzo sull'omosessualità?
In realtà il nodo centrale di Acqua Storta è lo scontro romantico tra la spinta verso la libertà, la realizzazione dei propri desideri e aspettative, e l'adeguamento alle regole vigenti, che qui non sono borghesi, ma criminali, per cui la tensione si compone in un intreccio "nero".
(4) La “diversità” del protagonista emerge con prepotenza durante la sua detenzione a Nisida: qui, mentre amici e compari (eterosessuali) abusano sessualmente di un “concorrente” per dimostrare il loro spregio, Giovanni, che scopre la propria omosessualità in maniera improvvisa e inaspettata, si trova costretto a nasconderla, e sfoga la propria frustrazione (in maniera psicanaliticamente “deviata” ma accettabile) uccidendo l’oggetto del proprio desiderio.
In seguito, pur avendo avviato una relazione duratura con Salvatore, Giovanni dimostra di non aver accettato appieno la propria omosessualità (“Si si, ti ho detto che me la ricordo… Stavi vestito come un ricchione però.” Si legge, ad esempio, a pagina 79).
(5) E in questo caso, come spesso accade nella letteratura gialla e soprattutto nera, si può proprio dare ragione a Calvino: “la rapidità della successione dei fatti dà un senso d’ineluttabile” (Italo Calvino, “Rapidità” in Lezioni americane, Mondadori, Milano 2008, p. 42). Il mondo di Acqua Storta è regolato dal fato in senso quasi greco; ineluttabilità degli eventi e andamento dell’intreccio conferiscono al romanzo un effetto da tragedia classica.
(6) Meridiano Zero ha recentemente immesso sul mercato una versione "libro + cd" contenente romanzo e registrazione del recital.

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Tuesday, January 06, 2009

L'ultima corsa di Donald Westlake


(Foto: la copertina di un'opera di Donald Westlake, recentemente ristampata in America nell'affascinante collana Hard Case Crime)


È morto il 31 dicembre Donald E. Westlake, vera e propria leggenda della letteratura gialla e nera. Se ne è andato fulminato da un infarto, mentre guidava la sua automobile sulle strade del Messico, come tanti eroi "maledetti" del noir.
Nato a Brooklyn nel 1933, Westlake ha firmato, con il suo nome o con gli pseudonimi Tucker Coe, Samuel Holt, Richard Stark (1), ecc., più di 100 romanzi di genere giallo umoristico, giallo classico, pulp, poliziesco, fantascientifico e noir.
Con lui scompare un tassello importante della storia della letteratura nera.
Ci restano le sue opere: piccoli capolavori di ritmica, tecnica letteraria, solidità stilistica e sobrietà.




(1) Quest'ultimo molto noto: così infatti l'autore ha firmato le quasi 30 avventure di Parker, l'ultima delle quali, profeticamente intitolata L'ultima corsa, è stata recentemente proposta ai lettori italiani da Alacràn.


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