Sunday, November 30, 2008

L- Victor Gischler: La gabbia delle scimmie



“Spari. Vetri rotti. Il parabrezza del Suburban sembrava un urlo in braille. Lou rialzò la testa. Impugnava una delle mie automatiche, mirò alto, svuotò un caricatore su una fila di asciugatrici. I poliziotti si sdraiarono a terra.” (Victor Gischler, La gabbia delle scimmie, Meridiano Zero, Padova 2008, p. 126.)



Orlando, Florida. Charlie “sarto” Swift, è uno degli uomini di punta della banda di Stan, anziano ma incontrastato boss locale. Quando il capo gli chiede di andare allo strip club “toppers” e recuperare, per conto del temibile gangster Beggar Johnson, in visita da Miami, una valigetta in pelle marchiata “AA”, il killer affronta la faccenda come un qualunque lavoro di routine: arriva sul posto, si libera delle guardie armate, mette sotto torchio il gestore e, ottenuto ciò che vuole, lo uccide. Quando però, già pronto per tornarsene alla “gabbia delle scimmie”, quartier generale della banda, scopre di aver ucciso quattro agenti del dipartimento di polizia, Charlie si rende conto di essere nei guai. D’accordo con Stan, apre allora la valigetta, e scopre di essere entrato in possesso di alcuni libri contabili pieni di dati relativi alle attività illegali di Johnson. Intanto, gli uomini della sua banda vengono sterminati, e il capo scompare.

Fedele al vecchio boss, pronto a tutto per ritrovarlo ed impedire che la città di Orlando finisca in mano a qualche gangster venuto da fuori, Swift getta il necessario in una sacca da ginnastica e, tallonato da una serie di agenti FBI decisi a mettere le mani sui registri oltre che da Johnson e scagnozzi, si lancia in una fuga disperata…


Il modello stilistico di La gabbia delle scimmie è chiaramente Miami blues di Charles Willeford e, più in generale, tutto il ciclo delle avventure di Hoke Mosley, ma sono soprattutto le influenze cinematografiche, dall’action-thriller degli anni ’80, al nuovo gangster movie americano, a farsi sentire nel romanzo di Gischler.

L’intreccio è abbastanza ben strutturato e lineare da risultare credibile (resistenza fisica del protagonista a parte, ma questo, si sa, è uno dei tratti distintivi del genere action nel quale La gabbia delle scimmie rientra a pieno titolo), ma il ritmo della narrazione è tanto frenetico da non lasciare spazio alla benché minima domanda: così anche le conseguenze naturali di azioni necessarie stupiscono, spiazzano e sorprendono il lettore.

Lo stile di Gischler, frutto di un lungo, impagabile lavoro di artigianato (l'autore è stato per anni docente di scrittura creativa, e la confidenza, la sicurezza nell’uso delle parole che permeano ogni sua pagina sono degne di un vero veterano della letteratura), è un riuscito mix di moderno minimalismo all’americana e humour nero, escursioni nel macabro, nel grottesco (nel "pulp", per servirsi di una parola tanto inflazionata da suonare vuota e fastidiosa...), dialoghi all’insegna della più classica spacconeria neo-noir e metafore, perfette e durissime, usate con senso del tempo e moderazione.


Il romanzo La gabbia delle scimmie di Victor Gischler è edito in Italia da Meridiano Zero.


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Monday, November 24, 2008

L- James Sallis: Cypress Grove Blues




If your kneebone achin’ / and your body cold…/ you just gettin’ ready, honey /for the cypress grove.

(Se il ginocchio duole /e il tuo corpo è freddo… /ti stai solo preparando, tesoro /per il boschetto di cipressi.)

Skip James, Cypress Grove Blues


Tennesse. Turner, reduce del Vietnam, si è trasferito nella periferia rurale per dimenticare le troppe brutture viste a Memphis, prima come poliziotto e poi come psicoterapeuta, ma il destino vuole che torni ad indagare: quando un giovane vagabondo che ha in tasca la corrispondenza privata del sindaco viene trovato vittima di un omicidio dal carattere apparentemente rituale, la polizia locale chiede il suo aiuto in quanto ex agente della omicidi con un’altissima percentuale di delitti risolti.


Con l’aiuto dello sceriffo Don Lee e dell’agente Valerie Bjorn della Polizia di Stato, Turner fa luce sulla delicata vicenda, ma per farlo è costretto a uscire dal suo volontario esilio, a vedersela con i fantasmi del suo passato, e ad ignorare gli inviti del sindaco che vorrebbe risolvere il tutto restando fuori dalle indagini…

Lo stile è secco, scarsamente descrittivo (fanno eccezione sonorità(1) tradizionali e luoghi naturali fortemente caratteristici della regione in cui i fatti si svolgono), riflessivo; la prosa, fluida, è impreziosita da citazioni letterarie più o meno esplicite da opere più o meno note(2); il romanzo poggia sui dialoghi iper-realistici (ben tradotti – c’è forse bisogno di dirlo? – da Luca Conti) e sulla credibile psicologia dei personaggi.

La narrazione è frammentata e interessante: lo scioglimento del caso avviene in parallelo alla scoperta del misterioso passato del protagonista ed al suo ritorno alla vita.


Il romanzo Cypress Grove Blues di James Sallis, è edito in Italia da Giano.




(1) Sallis fa spesso riferimento ad autori ed interpreti classici del blues (uno su tutti Skip James, al quale il titolo del romanzo fa riferimento) e del country pre-Hank Williams (Riley Puckett, Gid Tanner ecc.), evidentemente considerati depositari della saggezza, dello spirito proprio degli stati del Sud.

(2) La durezza dei suoi romanzi, e la scelta di fare della letteratura di genere, potrebbero forse indurre in errore: James Sallis è, prima che un ottimo scrittore, un grande appassionato di Letteratura (di quella con la L maiuscola). Si è infatti cimentato nella traduzione di autori quali Queneau, Cendras, Lermontov e Pasternak.

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C- Clint Eastwood: Changeling


Los Angeles, California, 1928. Le concessioni fatte agli agenti dell’LAPD al solo scopo di fronteggiare il crimine organizzato hanno permesso, a individui duri e senza scrupoli quanto i gangster che hanno scacciato, di raggiungere posti di responsabilità. La città è in mano ad uno dei dipartimenti di polizia più corrotti del mondo, e i cittadini se ne stanno lentamente rendendo conto.

Christine Collins (Angelina Jolie, quasi irriconoscibile nella sua acconciatura anni ‘30) è una giovane ragazza madre impiegata alla compagnia dei telefoni; la sua vita trascorre monotona tra gli straordinari a lavoro (accettati di malavoglia, ma con la prospettiva di un’importante promozione) e il tempo trascorso con l’amatissimo figlio Walter, di nove anni. Un giorno, tornata a casa con un leggero ritardo, Christine si rende conto che il bambino è scomparso.

Il caso di Walter Collins (aperto con 24 di ritardo perché, secondo le statistiche della polizia, il 90% dei minori scomparsi si “allontana volontariamente” e torna a casa entro un giorno…), viene preso come esempio dal reverendo Briegleb (John Malkovich), impegnato in una crociata radiofonica contro la corruzione e l’inefficienza del dipartimento.

Pressati dall’attenzione della stampa e del pubblico, gli alti funzionari della polizia decidono di dare una rapida soluzione al caso, e, sotto gli occhi di tutti, riportano a casa il giovane Walter Collins ad “appena” quattro mesi dalla sua scomparsa, ma Christine è convinta che ci sia stata una sostituzione, che il bambino portatole non sia veramente suo figlio: decide allora di sposare la causa del reverendo Briegleb, testimoniando contro l’LAPD, e mettendo a rischio la sua esistenza…


In questa ultima prova Clint Eastwood si riconferma fautore di un cinema classico “intelligente”, pronto a veicolare, dietro pretestuosi intrecci da cinema di consumo, curati e messi in scena con sobrietà ed eleganza, messaggi importanti, attuali: da Changeling, oltre che un’ovvia (e doverosa) condanna della psichiatria in voga all’epoca dello svolgimento dei fatti, emerge un’interessante (anche se forse un po’ trita), americanissima riflessione sul rapporto tra potere e popolo, tra organi di polizia e cittadinanza.

L’integrità di Eastwood e la sua compassione emergono chiare e lampanti dalle poche scene di violenza del film (si pensi, per esempio, alla brillante sequenza dell’impiccagione del diabolico Hutchins, girata da un uomo chiaramente contrario alla pena di morte).

L’eleganza della messa in scena coincide con il rifiuto di qualunque “abbellimento” post-moderno: il regista si lascia un po’ andare solo nella sequenza della confessione del giovane Hutchins, nella quale, un ralenti avente per oggetto la cenere di una sigaretta, segnala chiaramente, più per qualità dell’immagine, che per scelta montaggistica, l’appartenenza del film all’era digitale.

Ottime le interpretazioni di Angelina Jolie e Michael Kelly, attore principalmente televisivo che dimostra, qui, di essere più che adatto al grande schermo.



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Saturday, November 22, 2008

M- Marianne Dissard: L’entredeux


"On s'aime Bien, ça ne se dit pas / On est en guerre, ça ne se voit pas."
(Ci amiamo, non si direbbe / siamo in guerra, non lo si vede.)
Marianne Dissard, Indiana Song


Carla Bruni, attuale first lady francese, si è conquistata, a partire dal 2003 (anno d’uscita del suo primo album Quelqu’un m’a dit), l’attenzione del pubblico internazionale, con la riproposizione di una formula musicale tipicamente francese, quella della canzone d’amore sussurrata, da ascoltare a basso volume.

Il recente crollo di immagine(1) della Bruni, che ha portato il pubblico a snobbare l’album Comme si de rien n’était (uscito lo scorso 21 luglio), ha ovviamente lasciato un buco nel panorama musicale: qui entra in gioco L’entredeux, disco d’esordio di Marianne Dissard.

Nell’album, arrangiato, prodotto e registrato con la collaborazione di Joey Burns dei Calexico, strumentazione e modi tipici del moderno “alt. country” (o dell’ “americana”) incontrano la chanson di tradizione francese.

Brani come Le lendemain(2) e Indiana song sembrano la rivisitazione francofona del cantautorato orchestrale di Nick Drake o di Tim Buckley; l’embelie sembra luogo di un improbabile (ma piacevole) incontro tra Françoise Hardy e le atmosfere dilatate e scarne dei Willard Grant Conspiracy; Sans-Façon cuce, su un arpeggio alla Leonard Cohen prima maniera, un’armonica alla Nick Cave(3) e piacevoli inserti di violino pizzicato e archi.

Belle le francessissime Les Draps Sourds (ballata tinta di sonorità “manouche” contenuta nell’album in una versione 4/4 e una 3/4 decorata da percussioni metalliche che evocano atmosfere est-europee, quasi da esuli russi a Parigi) e Trop exprès, duetto beat che strizza l’occhio alle performance di Serge Gainsbourg e Brigitte Bardot/Jane Birkin, nella scelta dell’organo lounge, e nel testo costruito su un doppio senso a sfondo sessuale.

Poetessa, visual artist, regista di documentari, attrice di teatro, autrice di testi ecc., nata nel sud della Francia ma residente a Tucson, Arizona, dall’età di 16 anni, Marianne Dissard, è giustamente considerata una delle rivelazioni dell’indie-pop in lingua francese.

Nel suo primo lavoro, fonte di una sintesi(4) tra la sua anima americana e la francese, non originale ma curato, ben costruito, piacevole, Mariane Dissard dimostra grande maturità musicale e lirica (nonostante la voluta pochezza dei testi…) .

Agli ascoltatori non resta che sperare che l’artista, recentemente separatasi dal marito(5), non si renda antipatica conquistando qualche capo di stato…



(1) Il passaggio da attrice/modella/cantante ecc. a “premierè dame” insopportabilmente abbigliata alla Jaqueline Kennedy non ha giovato all’immagine di donna libera, sinistrorsa, talentuosa, alternativa e intelligente che la Bruni si era tanto faticosamente costruita…

(2) Uscito dritto dritto, almeno per quanto riguarda la parte strumentale, dall’album Five leaves left di Nick Drake.

(3) L’introduzione ricorda da vicino, nelle sonorità e nella melodia, il brano Watching Alice di Nick Cave & The Bad Seeds (dall’album Tender Prey, del 1988) .

(4) Questa sintesi tra chansonnierismo alla francese e cantautorato post-folk all'americana era già stata tentata, con risultati molto meno interessanti, da Carla Bruni.

(5) Alla recente separazione fanno riferimento i testi dell’album, e in particolare Indiana Song.

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Thursday, November 20, 2008

C- Marc Forster: 007 Quantum of Solace

Deciso a vendicarsi per la morte della bella Vesper Lynd (Eva Green, deceduta al termine del film Casino Royale, al quale questo Quantum of Solace si riallaccia), 007 si imbatte in una misteriosa organizzazione la cui esistenza è ignota al Mi6.

Sulle tracce dell’ambientalista Dominic Greene (Mathieu Almaric, Marie Antoinette, Lo scafandro e la farfalla,…), pezzo grosso dell’organizzazione, Bond scopre che gli uomini del “Quantum” stanno appoggiando, con la complicità della CIA, la salita al potere di un dittatore sudamericano, e che tutto quello che pretendono in cambio è un pezzo di deserto apparentemente privo di valore.

Accorso in Bolivia sulle tracce del suo nemico, Bond porta in luce, con l’aiuto della bella Camille (Olga Kurylenko, attrice e modella ucraina, già nota agli spettatori italiani come protagonista femminile del film Hitman di Xavier Gens) (1), la complessa macchinazione dei terroristi, decisi ad assumere il potere attraverso il controllo delle risorse idriche…



Basato su una trama mediocre, incostante e poco convincente, segnata da una serie di evidenti vizi (ai quali si è malamente tentato di rimediare cambiando spesso location, dilatando al massimo le scene d’azione, e riducendo dialoghi e tutto il resto), quasi del tutto privo di caratterizzazione psicologica dei personaggi, chiassoso e poco elegante nelle scelte narrative, Quantum of Solace, 22° film della serie dedicata a 007, delude le aspettative costruite con quasi un anno di campagna pubblicitaria, anticipazioni, interviste ecc.

Se Casino Royale di Martin Campbell aveva segnato un apprezzabile ritorno, dopo il Bond ultra-curato e iper-teconologico di Pierce Brosnan, ad uno 007 più attivo, duro, manesco, diretto, meno impeccabile ma ben più convincente, in Quantum of Solace queste ritrovate qualità del personaggio si perdono dietro una miriade di brutture montaggistiche e fotografiche che rischiano di annullare del tutto la discreta interpretazione di Daniel Craig (sempre più volutamente somigliante a Steve McQueen, tanto che il regista Marc Forster gioca a citare, nella sequenza della motocicletta, La grande fuga).

Inesistente l'analisi della scelta, imposta al protagonista, tra tentazione alla vendetta e fredda professionalità.

Mediocre l’interpretazione di Giannini; ma con una sceneggiatura così c’è poco da fare…




(1) Il personaggio di Camille, tratto da For Your Eyes Only è uno dei pochi punti di contatto tra il film Quantum of Solace e l’omonima antologia di racconti.


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Thursday, November 13, 2008

L- Charles Willeford: Miami Blues

Freddy Frenger Junior, “brillante psicopatico californiano”(1) appena uscito dal carcere di San Quentin, arriva a Miami con una valigia piena zeppa di abiti da donna e una collezione di carte di credito e documenti rubati.

È deciso a darsi da fare finché possibile, tanto è sicuro che prima o poi finirà per tornare in galera.

Unitosi alla giovane Susan Waggoner, studentessa e prostituta, Freddy porta a termine una serie di “lavoretti”, ma l’arrivo dello sbirro Hoke Mosley, occupato nel caso dell’omicidio del fratello della ragazza, un Hare Krishna/truffatore, morto d’infarto dopo essersi fatto rompere un dito da un energumeno appena sbarcato all’aeroporto di Miami, lo metterà sul chi vive(2).

Deciso a godersela ancora per un po’, Frenger da una lezione a Mosley, mandandolo all’ospedale, e riprende i suoi furtarelli, ma, proprio sul punto di portare a termine un grosso colpo in una gioielleria, qualcosa nel rapporto con la sua complice si incrina e il poliziotto, appena uscito dalla convalescenza, è già sulle sue tracce…


Scritto nel 1984 da un autore ormai sessantacinquenne dal passato travagliato (fughe dalla casa materna, arruolamento nell’esercito prima dell’età consentita, una marea di lavori temporanei…), amato da Quentin Tarantino (che ha dedicato a questo romanzo Pulp Fiction, e che all’autore fa spesso riferimento come modello imprescindibile del noir moderno), salutato da Elmore Leonard come “hot stuff”, roba che scotta, Miami Blues è un perfetto esempio di quello che il thriller americano moderno dovrebbe essere e che tanto spesso non è: avvincente, ben scritto, scarno, ironico, capace di gettare uno sguardo distaccato, ma ben informato, sulla società contemporanea.

Intrattenimento allo stato purissimo.


Dal romanzo Miami Blues di Charles Willeford, primo capitolo della serie di avventure aventi per protagonista il detective Mosley, è stato tratto l’omonimo film diretto da George Armitage ed interpretato da Alec Baldwin (Freddy), Jennifer Jason Leigh (Susan) e Fred Ward (Hoke Mosley).


Il romanzo Miami Blues di Charles Willeford è edito in Italia da Marcos y Marcos.




(1) Charles Willeford, Miami Blues, Marcos y Marcos, Milano 2003, p. 13.

(2) Anche perché, come il lettore già sa, ma i personaggi lo scopriranno solo in seguito, l’energumeno in questione è proprio Freddy Frenger Junior…

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Tuesday, November 04, 2008

L- Elmore Leonard: Che razza di coppia

Il fragore degli spari echeggiò nello spazio ristretto della stanzetta di mattoni. Terry tese il braccio per portare la pistola all’altezza degli occhi – grossa e pesante com’era, la Tokarev sembrava una vecchia colt calibro 45 – e con la canna fece il segno della croce sui morti.

‘Riposate in pace figli di puttana’ disse, poi si voltò e uscì dalla casa della signora della birra, fermandosi ad aspettare al bordo della strada.” (1)


Ruanda, fine anni ’90. L’“eccentrico” padre Terry Dunn, missionario dell’ordine di San Martin de Porres(2), preso da un momento di sconforto (connesso, probabilmente, alla morte della madre), si vendica di una serie di assassini hutu responsabili del massacro (avvenuto pochi anni prima nel bel mezzo di una funzione) di una sessantina di tutsi rifugiatisi nella sua piccola chiesa, e si vede così costretto a cambiare aria.

Tornato nella natia Detroit il sacerdote viene accolto dal fratello avvocato che, in sua assenza, ha tentato con successo di porre rimedio a qualche piccolo “errore di gioventù”: al momento della sua partenza per l’Africa Terry era infatti accusato di evasione fiscale per aver contrabbandato diversi carichi da 10.000 stecche di sigarette evadendo la tassa di 75 c./pacchetto imposta dallo stato del Kentucky. Il chiarimento della sua posizione legale non basta però a calmare l’ira dei suoi due complici, ancora in attesa della loro fetta di bottino…

Intanto, mentre si riconcilia con i vecchi amici e cerca di organizzare una raccolta fondi per una fantomatica organizzazione umanitaria volta ad aiutare gli orfani del Ruanda, Padre Dunn incontra la trentatreenne Debby, avvenente ex-galeotta, detective privata e aspirante cabarettista, decisa a vendicarsi dell’ex-fidanzato Randy, che l’ha lasciata per sposare una ricca ereditiera.

Terry e Debby decidono di ricattare Randy, che ormai gestisce un ristorante di lusso, estorcendogli 250.000$, ma dietro all'attività di questo c’è un socio silenzioso, e in breve tempo i due si trovano ad avere a che fare con un vecchio boss della mafia di Detroit, e i suoi tirapiedi…


Il romanzo di Leonard è, come di consueto, ironico, caotico, divertente, avvincente, pieno colpi di scena e inaspettati e pirotecnici rovesci, subplots (molti dei quali semplicemente abbozzati con funzione di depistaggio del lettore (3)), incroci, ammiccamenti e retromarce.

Splendidi i personaggi, folli, sciocchi, duri, sbruffoni, maneschi, sconclusionati, tutti, dai protagonisti ai comprimari, disegnati, mossi e animati con maestria dalla penna esperta e agile di Leonard.

Incredibilmente naturali, o almeno perfettamente rispondenti all’idea del parlato dei piccoli gangster che la migliore tradizione del nuovo cinema noir americano ha contribuito a creare in noi, i dialoghi.


Il romanzo Che razza di coppia di Elmore Leonard è edito in Italia da Net.




(1) Elmore Leonard, Che razza di coppia, Marco Tropea, Milano 2001, p. 53.

(2) San Martìn de Porres, nato in Perù nel 1579, dall’unione del governatore spagnolo Juan de Porres con la serva panamense Anna Velasquez, è probabilmente il santo più venerato di tutta l’America Latina e ricopre inoltre un particolare valore in quanto primo santo “nero” d’America.

(3) Si pensi, per esempio, agli sviluppi collegati ad una eventuale testimonianza di Padre Dunn nel processo contro Tony Amilia, suggerita dall’autore fin dal rientro del protagonista a Detroit.



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Monday, November 03, 2008

L- Ian Fleming: Quantum of Solace (Complete James Bond Short Stories)


From a view to a kill: Inviato ad indagare sulla misteriosa scomparsa di un portalettere dei Royal Corps avvenuta poco fuori Parigi, 007 scopre che un gruppetto di spie nemiche si nasconde nei boschi della zona di St. Germain.

For your eyes only: Bond viene inviato sul suolo canadese per eliminare l’ex nazista Hammerstein, entrato nell’esercito del cubano Batista come capo del controspionaggio e fuggito dall’isola in vista della rivoluzione castrista. Per portare a termine il suo compito dovrà scendere a patti con una giovane decisa a vendicarsi dell’uomo che le ha ucciso i genitori.

Quantum of solace: Bahamas. Una noiosa cena formale apre la strada ad una serata interessante quando il governatore di Nassau racconta a Bond le tristi avventure coniugali di una delle sue ospiti di riguardo.

Risico: Roma. Il signor Kristatos coinvolto in un grosso traffico di oppio ed eroina, ha deciso di tradire l’organizzazione, vendendo informazioni al governo inglese. James Bond, inviato a negoziare, raggiunge un accordo, ma il traditore pone come condizione che l’agente inglese uccida il temibile Enrico Colombo; l’azione si sposta a Venezia dove 007 prende accordi con Lisl Baum, avvenente amante della sua potenziale vittima, ma le cose non sono chiare e semplici come Kristatos vorrebbe farle sembrare…

The Hildebrand Rarity: Durante una pausa di lavoro alle Seychelles, Bond si lascia convincere dall’amico Fidele Barbery, giovane possidente del luogo, ad accompagnare un eccentrico milionario e la sua signora alla ricerca dell’Hildebrand Rarity, un pesce di piccole dimensioni (avvistato solamente una volta nei pressi di una poco distante piccola isola corallina) al quale lo Smithsonian Institute sarebbe interessato. Di ritorno dal breve viaggio Bond dovrà liberarsi del cadavere di un presuntuoso e manesco americano di origini tedesche.

Octopussy: Ex agente segreto inglese resosi colpevole (durante la guerra) di omicidio e coinvolto in un traffico d’oro, muore affogato dopo aver ricevuto la visita di 007 , inviato dai "servizi" per convocarlo di fronte alla corte marziale.

The property of a Lady: Un’asta da Sotheby’s fornisce a Bond l’occasione per scoprire l’identità del principale agente KGB a Londra quando una semplice impiegata (notoriamente in combutta con i russi) dei servizi segreti inglesi mette in vendita un oggetto di Fabergé dal valore inestimabile che esperti gioiellieri ritengono proprietà del Cremino (e che dunque potrebbe esserle stato dato come pagamento per i servizi resi).

The living daylights: 007, esperto tiratore, oltre che agente super addestrato, viene inviato a Berlino per coprire la fuga di un agente russo dalla zona esta alla zona ovest attraverso il Checkpoint Charlie, ed eliminare un misterioso cecchino del KGB del quale i servizi segreti conoscono solo il nome in codice.

007 in New York: 007, impegnato in una missione da poco, passa un paio di giorni a New York dedicandosi ai suoi vizi e maledicendo i cattivi gusti e le cattive abitudini dell’America e degli americani.


Il volume Quantum of Solace, edito da Penguin in occasione del centenario della nascita di Fleming (1908) (1), distribuito anche in Itlaia in vista dell’uscita dell’omonimo film (prevista per il 7 novembre di quest’anno) rende disponibili ai lettori italiani tutti i racconti di James Bond, introvabili dal 1987 (anno dell’ultima ristampa di Solo per i tuoi occhi in edizione Oscar Mondadori).

I racconti, brevi, meravigliosamente scritti, meno pirotecnici dei più noti romanzi aventi per protagonista James Bond, costruiti su trame più lineari e segnati da un maggiore realismo, popolati da uomini corrotti e imprevedibili, cinici avventurieri e splendide donne romantiche ma fatali (siano esse timide mogli sottomesse o temibili cecchini in gonnella, agenti del controspionaggio o giovani orfane intenzionate a vendicarsi), sono piacevoli, intriganti, irresistibili; dispiace che non siano stati ripubblicati anche in Italia, magari ri-introducendo il titolo originale: siamo infatti convinti che, pure accolta come operazione commerciale (a giudicare dalle indiscrezioni trapelate riguardo alla trama del già citato "Quantum of Solace", XXII film avente per protagonista Bond, pare improbabile che questo possa avere in comune con la raccolta omonima molto più del titolo...), la riedizione non avrebbe deluso i lettori italiani.



(1) La casa editrice americana ha ristampato tutti i romanzi e i racconti del ciclo di Bond donandogli una nuova accattivante veste grafica; chi fosse interessato a dare uno sguardo alle copertine, piccoli capolavori di gusto lounge, nei soggetti e nelle tinte, può farlo qui. (Nella pagina iniziale scegliere "Bond Books" nella barra in alto e quindi selezionare "Penguin Paperbacks" nel menù sulla destra. )

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Sunday, November 02, 2008

L- Friedrich Glauser: Morfina


Liceale aspirante scrittore si vede costretto a cambiare scuola dopo aver pubblicato una pungente parodia dell’opera letteraria di uno dei suoi professori. Un uomo maturo scrive, dall’interno di un manicomio, toccanti lettere ad un’amante lontana. Passando la notte in un asilo notturno un uomo assiste alla tranquilla dipartita di un barbone. Alcuni coltivatori sfruttati si accordano per farla pagare al proprietario del vivaio dove lavorano. Un morfinomane racconta il suo rapporto con la droga. Quattro suonatori d’armonica russi abbandonano l’esercito francese nel bel mezzo delle celebrazioni del 14 luglio…


Friedrich Glauser (1896 – 1938), svizzero, noto in Italia soprattutto per i romanzi polizieschi aventi per protagonista il sergente Studer (Il sergente Studer, Il regno di Matto, Il grafico della febbre, Il cinese, Krock & Co, I primi casi del sergente Studer, tutti editi da Sellerio), fu in realtà anche autore di una serie di pregevoli racconti autobiografici e piccoli affreschi dell’Europa degli anni venti e trenta.

In Morfina Glauser rende conto, con stile limpido e lineare, e senza reticenza, di una gamma di esperienze (i ampiezza stupefacente (soprattutto se rapportata alla brevità della vita dell’autore, morto ad appena 42 anni). Nonostante la durezza, l'atrocità di tante esperienze vissute (la droga, l’internamento in un ospedale psichiatrico, gli arresti, il vagabondaggio ecc.) non vi è nulla di decadente nelle pagine di Morfina, quello che traspare è invece una visione lucidissima del mondo, che, pur ponendo l'accento sulle molte miserie dell'esistenza, non intacca l’amore per la vita ed il gusto per la sua osservazione distaccata, quasi disinteressata (1), senza il quale in nessun modo i piccoli casi che forniscono argomento ai racconti potrebbero trasformarsi nelle meravigliose miniature che il lettore si ritrova tra le mani.


L'antologia di racconti Morfina di Friedrich Glauser è edita in Italia da Sellerio.




(1) Non a caso Glauser fu accanito sostenitore del genere poliziesco: la distanza, il disinteresse, l'ironia nei confronti del mondo borghese ed un certo modo di guardare al mondo "dall'alto" sono caratteri immancabili di qualunque detective che si rispetti. Nei racconti di Morfina, in assenza del mascheramento poliziesco e della trama gialla, ritroviamo lo sguardo indagatore, la curiosità tutt'altro che morbosa tipica del detective negli occhi del "semplice" scrittore.

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