Tuesday, May 27, 2008

L- Joe R. Lansdale: Echi Perduti

Texas Orientale. Harold “Harry” Wilkes ha una strana facoltà: è in grado di rivivere gli eventi violenti accaduti in passato in un determinato luogo semplicemente ascoltando i “suoni” che a questi sono collegati; per scatenare in lui le terribili visioni basta il rumore di una sedia trascinata su un pavimento, il tonfo di un disco che cade in un Juke-box o il cigolio di una porta…
Spaventato dalla sua facoltà, dura da gestire e pesante come una maledizione, Harry arriva, nel periodo dell’università, sull’orlo dell’alcolismo; la sua vita si snoda tra una lezione ed una bevuta, e gli spostamenti avvengono rigorosamente lungo percorsi già battuti (sui quali il ragazzo è sicuro di non cadere vittima dei suoni… ). A nulla, o quasi, serve l’incontro con l’ubriacone Tad, ex maestro di Shen Chuan(1), deciso a ridare al ragazzo un po’ di fiducia in se stesso: a costringere Harry a trasformare la sua maledizione in un dono saranno l’amore per l’amica d’infanzia Kayla, ed una serie di inspiegabili omicidi sui quali far luce…

Scritto nel 2006 e presentato in anteprima mondiale in Italia (Joe Lansdale non ha mai nascosto il suo amore per il bel paese, che trova molto simile al natio Texas orientale, ed in Italia ha sempre avuto un gran successo di pubblico), Echi perduti fonde, come di consueto, in un apprezzabile mélange, l’aspetto autobiografico con l’amore per l’intrattenimento puro, i modi del romanzo di formazione con la cura per le scene d’azione, la morale del praticante di arti marziali con lo sguardo irrequieto e curioso del ragazzino, la lotta al pregiudizio da quasi-illuminista americano con il fascino per gli espedienti e per lo stile fumettistico.

Se c’è una cosa che a Echi perduti si può rimproverare è forse la perdita del senso del ritmo nella parte centrale (relativa al fidanzamento con Talia): Joe Lansdale ha dimostrato di poter scrivere parabole perfette in spazi contenuti (2), e non si vede perché debba qui dilungarsi, se non forse per inserire una seconda(3) riflessione autobiografica; a parte questo, l’intreccio è ben costruito, i dialoghi sono iper-realistici come di consueto, e i personaggi sono ben delineati e piacevolmente autoironici.

Echi perduti di Joe R. Lansdale è edito in Italia da Fanucci.


(1) Letteralmente “pugno dello spirito”; lo Shen Chuan è il sistema di arti marziali e difesa personale creato da Joe R. Lansdale, oggi riconosciuto dalla federazione internazionale arti marziali.
(2) Si pensi per esempio al brevissimo L’anno dell’uragano.
(3) Stando alle dichiarazioni rese ai lettori durante una conferenza tenuta nel corso del salone del libro di Torino, l’abitudine del piccolo Harry di starsene seduto di fronte alla finestra a guardare vecchi film sullo schermo di un vicino drive-in senza poterne sentire i suoni (e dunque trovandosi a dover immaginare la storia) non solo sarebbe un ricordo d’infanzia dell’autore, ma addirittura una vera e propria “palestra” per il futuro narratore…

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Monday, May 26, 2008

L- Charles Willeford: La macchina in corsia undici

Blake, trentenne ex regista televisivo colpito da esaurimento nervoso, è stato ricoverato, con il consenso della giovane moglie Maria Chavez, in una clinica psichiatrica privata; le sue condizioni, buone al momento del ricovero, sono rapidamente peggiorate per la frequentazione ripetuta degli altri folli pazienti (come il vecchio Dave, posseduto ed infine ucciso dal demonio), per incrinarsi definitivamente dietro le minacce del sadico dottor Fellermann, deciso a somministrargli nove sedute di elettroshock (con scopo punitivo, pare)…

La penna di Willeford suggerisce perfettamente, dietro una fragile facciata di normalità, l’orrore della vita all’interno di una clinica psichiatrica. La reclusione di Blake, riportata nella forma letteraria del racconto, diviene metafora della reclusione tout court.
La narrazione in prima persona(1) mantiene il lettore nell’incertezza sulle condizioni del protagonista (sarà un pazzo dotato di rara lucidità o una persona sana ingiustamente rinchiusa?) fino alla fine, quando ci si scopre, chissà come, a giustificare delle azioni delittuose (se non addirittura ad accoglierle con una certa soddisfazione) come unico tentativo possibile da parte di un uomo torturato, di reagire ad un mondo di carnefici.
Scritto nel 1961 e pubblicato sulla rivista "Playboy", poi inserito nell’omonima antologia di racconti uscita in America nel 1963, La macchina in corsia undici è un piccolo capolavoro, e per una volta non hanno esagerato gli editori definendolo “un classico dimenticato della narrativa nera”.

L’autore Charles Willeford, nato nel 1919 a Little Rock, Arkansas, rimasto orfano in giovane età, ha attraversato il periodo della grande depressione viaggiando come clandestino sui treni merci (all’epoca aveva tredici anni ma ne dichiarava diciassette…); tentata la carriera militare (è stato decorato con il purple heart alla fine della seconda guerra mondiale) ha svolto numerosi mestieri (pittore, conduttore radiofonico ecc..) prima di dedicarsi alla scrittura.

La macchina in corsia undici è edito in Italia nella “Biblioteca minima” di Adelphi.


(1)La macchina in corsia undici ricorda, da un punto di vista stilistico e strutturale, i racconti di James M. Cain.

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Tuesday, May 20, 2008

L- Juan Madrid: Un bacio da amico

Madrid, fine anni ’70. Antonio “Toni Romano” Carpintero è stato un buon peso Welter, ma non abbastanza perseverante o fortunato da potersi permettere di vivere di pugilato; entrato nella polizia all’epoca di Franco, ed uscitone ancor prima della morte del dittatore, attraversa il buio periodo della transizione lavorando per la società di recupero crediti “Ejecutivas Draper”. Contattato dalla presunta “signora Schultz” per ritrovare il marito scomparso, Toni si mette sulle tracce di Otto “il tedesco”, e, quando scopre che l’uomo è in fuga con un dossier di documenti riguardanti le sporche speculazioni immobiliari di un pezzo grosso locale ed i suoi rapporti con i circoli di picchiatori fascisti, è ormai troppo tardi per sottrarsi alla rischiosa indagine…

Il romanzo si muove rapido e tagliente attraverso le vie notturne della Madrid (libera ma non troppo) della transizione; lo stile raffinato (o meglio alleggerito, ridotto?) nel corso delle precedenti esperienze giornalistiche(1) permette all’autore di definire personaggi ed ambienti in maniera precisa con pochi, magistrali, tocchi. L’intreccio credibile(2) e ben congegnato, i personaggi interessanti e i dialoghi meravigliosi fanno di Un bacio da amico uno dei capolavori assoluti del noir spagnolo.

Juan Madrid, classe 1947, giornalista, scrittore, sceneggiatore, regista, salutato dall’amico Manuel Vázquez Montalbán come uno dei due “autentici romanzieri del noir spagnolo”, è autore di una quarantina di volumi tra romanzi e racconti(3), quasi tutti inediti in Italia.

Il romanzo Un bacio da amico di Juan Madrid è proposto in Italia dalla casa editrice Alacran, che ha già annunciato l’imminente uscita di L’apparenza non inganna, sempre della serie di Toni Romano.
Nel catalogo di Frassinelli sono invece usciti Conti in sospeso e Caduta libera.


(1) “[il giornalismo] mi fornì gli strumenti necessari per diventare uno scrittore: mi insegnò ad essere conciso, a scrivere puntando al sodo” dichiara Juan Madrid nell’intervista di Andrea Carlo Cappi pubblicata in appendice al volume Un bacio da amico.
(2)Il personaggio di Toni Romano, come dichiara l’autore nell’intervista pubblicata in appendice al romanzo, non è che un pretesto per stendere una cronaca della transizione. L’invenzione romanzesca ed i personaggi che popolano Un bacio da amico permettono all’autore di consegnare al pubblico il resoconto “quasi vero” di una reale speculazione immobiliare scoperta nel corso di un’inchiesta giornalistica, mai pubblicata per insufficienza di prove.
(3) In Italia la “giovane” casa editrice milanese Alacran, da poco sul mercato, ma già dotata di un catalogo invidiabile (gli increduli controllino puri su http://www.alacranedizioni.it) e responsabile dell’affascinante trimestrale “M, rivista del mistero”, ha pubblicato, oltre al romanzo Un bacio da amico, l’antologia di racconti Cronache di Madrid in nero (già adattati per il cinema e portati sugli schermi in Ciudades oscuras dal messicano Fernando Sariñana).


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Monday, May 19, 2008

L- James Crumley: Dalla parte sbagliata

Foto: La US2 in direzione Meriwether, Montana.

Meriwether, Montana. Il quarantasettenne M.C. “Milo” Milodragovitch, ex militare ed ex detective privato (ma ancora attivo, a tempo perso e solo per gli amici…) impiegato come guardia giurata per conto della Haliburton Security, passa le sue giornate alla meglio, aspettando di ricevere una cospicua eredità vincolata fino al compimento del cinquantaduesimo anno d’età, e, per ammazzare la noia, si concede un goccetto ogni tanto, o un po’ di cocaina…
Contattato dalla signora Weddington (vecchia fiamma del suo scomparso padre) per pedinare quella che all’apparenza sembra una normale coppia di amanti, il detective si trova coinvolto in un indagine sui traffici illeciti di una potentissima multinazionale. Inseguito da trafficanti e polizia Milodragovitch non ha altra scelta che scoprire la verità per poter trattare con chi lo vuole morto…

Milodragovitch e Sughrue, protagonisti dei romanzi Hard-Boiled di James Crumley, stoici fino all’inverosimile, resistenti come rocce ma molto più flessibili, invecchiati e cinici ma mai totalmente disillusi, duri ma romantici, instancabili viaggiatori aperti ad ogni vizio ma refrattari ad ogni dipendenza (entrambi sono in grado di somministrarsi una bottiglia di whisky, qualche striscia di cocaina, un po’ di anfetamine o di medicinali a piacimento tanto per tenere viva l’attenzione durante le indagini e poi sospendere tutto senza la minima esitazione…), rappresentano sempre la perfezione del pragmatismo americano in atto. Ignari spettatori dei mutamenti (etici oltre che politici ed economici) intervenuti in America tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, i personaggi di Crumley sembrano nati per rimandare al lettore la weltanschauung amara e materialista dell’autore più che per intrattenere, tanto che la perfezione quasi assoluta degli intrecci, la meccanica precisissima delle scene d'azione ed il ritmo frenetico rischiano di passare in secondo piano.
Nonostante si avverta, nel passaggio dalle inchieste di C.W. Sughrue a quelle di M.C. Milodragovitch, una minor cura nello stile (molto più secco e quasi del tutto privo di immagini), il modello di riferimento di Dalla parte sbagliata (proprio come quello di L'ultimo vero bacio) sembra rintracciabile nella narrativa di Chandler (autore al quale Crumley ha sempre fatto riferimento dichiarandosi suo “figlio illegittimo”), ed in particolare al romanzo Il lungo addio(1), del quale ricalca parzialmente l'intreccio, oltre a riproporne l' amara lettura dell’amicizia(2)…

Originariamente edito da Mondadori nella scomparsa collana “Super Blues Thriller”, poi ristampato nella serie “Il giallo Mondadori” nel 1996, il romanzo Dalla parte sbagliata di James Crumley è attualmente fuori edizione. Nel catalogo Einaudi è disponibile il romanzo La terra della menzogna, avente per protagonista il detective Milo Milodragovitch.

(1)Il lungo addio di Raymond Chandler scritto nel 1953, è il sesto romanzo avente per protagonista Philip Marlowe. Noto anche nell’adattamento cinematografico firmato nel 1973 da Robert Altman (che lo ha però stravolto sottolineandone i risvolti comici ed adattandolo agli anni tra la fine dei ’60 e l’inizio dei ‘70), il romanzo è probabilmente il più amaro di tutto il ciclo.
(2)La visione amara dell'amicizia e dei rapporti umani in generale che permea tutta l'opera di Chandler (Marlowe è la versione Hard-Boiled del tipico eroe solitario della letteratura western o d'avventura), diviene assolutamente centrale nella costruzione di Il lungo addio.
Il lungo addio di Raymond Chandler è edito in Italia da Einaudi.

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Wednesday, May 14, 2008

L- René Frégni: Nero Marsiglia

Foto: la copertina dell'edizione originale di nero marsiglia di René Frégni.

Antoine Briata non aveva più pulito i vetri dalla morte della moglie, cinque anni prima. Su un ottovolante che girava follemente nel cielo di Marsiglia, il cuore di lei aveva ceduto. Non puliva i vetri né toglieva la polvere sopra il frigorifero, ma si occupava della piccola Marie, sua figlia, con un amore ogni giorno più grande.(1)

Antoine Briata, postino rimasto vedovo in seguito ad un malaugurato incidente, vive solo con la figlioletta Marie, di otto anni; un giorno di maggio, impegnato in una partita a bocce, arriva in ritardo di fronte alla scuola di sua figlia, e non la trova. Interrogati invano i pochi compagni rimasti in strada e la maestra di Marie, l'uomo percorre la strada di casa in preda ad una agitazione crescente; dopo alcune ore di infruttuose ricerche l’uomo si rivolge alle autorità, che, anche grazie all’aiuto di una testimone, ricollegano la scomparsa di Marie all’operato di una banda dedita alla produzione di materiale pedopornografico e snuff-movies già responsabile della scomparsa di un paio di bambini della zona. Distrutto dai sensi di colpa e dall’impotenza della sua posizione Antoine cerca rifugio nell’alcool e prende a vagabondare senza meta per le strade di Marsiglia, ma l’ aiuto degli amici d’infanzia Jacky “Cristal” Costello (ormai quasi un boss del quartiere) e Martine “Tania” (una romantica prostituta dai capelli turchini) gli permette di tornare in carreggiata e di occuparsi delle indagini personalmente...

Marsiglia, città intimamente legata all’immaginario noir (in virtù di una serie infinita di evocazioni cinematografiche e letterarie) e patria incontestata del neo-noir francese, sta nel romanzo di Frégni come sfondo inerte e quasi indifferente; invano si cercano, in Nero Marsiglia, gli splendidi scorci sul Vieux-Port, i calanchi, le istantanee del forte, del Panier e della Canebière, i colori e gli odori che impreziosivano la trilogia del compianto Jean-Claude Izzo(2), anche fuorviati dalle dichiarazioni imprecise e scorrette (speriamo senza premeditazione e/o aiuto da parte degli editori…) dei recensori. Se il romanzo di Frégni, breve e di poche pretese, ben lontano dallo stile particolare, profumato, folkloristico ed evocativo di Izzo, funziona, è in virtù di un accattivante incipit, di qualche bella trovata e di un intreccio ben costruito (anche se spesso assolutamente incredibile), svuotato da tutti i personaggi inutili e sostenuto da un ritmo ben calibrato.
All’autore si può forse rimproverare, oltre al sottoutilizzo di uno scenario d’eccezione come Marsiglia, l’improbabile citazione da Nietzsche, che apre e chiude il romanzo come in un cerchio tracciato senza motivo…

Il romanzo Nero Marsiglia di René Frégni è edito in Italia da Meridiano Zero.



(1) René Frégni, Nero Marsiglia, Meridiano Zero, Padova 2001, p. 11.
(2) A Jean-Claude Izzo, giornalista e scrittore scomparso nel 2000, impareggiabile e lucido cantore della città di Marsiglia e ormai termine di confronto obbligato per tutti i nuovi autori del noir francese, soprattutto quello targato Provence-Alpes-Côte d'Azur, il romanzo di Frégni è dedicato.


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Tuesday, May 13, 2008

L- Alejandro Parisi: delivery. coca a domicilio

Martin è un ventenne di Buenos Aires con pochi interessi e una lunga serie di problemi familiari alle spalle; impiegato come fattorino in una rosticceria percorre le strade della città consegnando empanadas a domicilio. Totalmente privo di prospettive ed aspirazioni il ragazzo accetta la proposta dell’amico Flavio e, grazie alla copertura offertagli dal suo lavoro, comincia a fare piccole consegne di cocaina. Simpatico al “Tano”, boss del narcotraffico locale, Martin sembra destinato ad una rapida carriera criminale, ma la paura, il rimorso, e l’amore per la bella Romina, gli impongono di lasciare il giro, fuggendo dalla città…

Narrato in prima persona con l’uso di un vocabolario minimo, descrizioni scarne (se non inesistenti), tono monotono e dialoghi riportati in forma indiretta(1), scandito dal suono di una sveglia e dall’orologio a cristalli liquidi di un vecchio videoregistratore rotto, il romanzo rende perfettamente l’idea della vita senza prospettive del giovane protagonista, appena ventenne, ma già costretto ad una routine senza via d’uscita (almeno in apparenza) se non nella scelta dell’illegalità. Valido più come testimonianza lucida e sentita di una situazione tristemente reale, che per raffinatezza stilistica o eleganza della realizzazione, delivery. coca a domicilio, perde purtroppo gran parte della sua forza per via del finale ottimistico, che spiazza (ed in un certo senso delude) un lettore ormai pronto ad accettare le amare conclusioni di una serie di amari eventi.

Il romanzo delivery. coca a domicilio, di Alejandro Parisi è edito in Italia da e/o.


(1) Questo è forse uno degli accorgimenti più interessanti del romanzo: oltre a dare vita ad una narrazione straniata e straniante, l'assenza di dialoghi diretti rappresenta meravigliosamente le adolescenziali difficoltà comunicative del protagonista, aggravate dalla miseria del suo ambiente e della sua situazione.

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Monday, May 05, 2008

L- William Faulkner: Mentre morivo

L’agonia della vecchia Addie Bundren è accompagnata dal suono dell’ accetta e della sega: suo figlio Cash le sta costruendo una bara, e ogni tanto, in cerca d’approvazione, le mostra le assi attraverso la finestra aperta. Fuori dalla porta il vecchio Anse si dice che infondo, morta sua moglie, potrà spendere qualche soldo per rimettersi i denti. In piedi, di fianco al letto di morte della madre, la giovane Dewey Dell si chiede come liberarsi di una gravidanza indesiderata. Convinti che la loro madre moribonda ne abbia ancora per qualche ora Jewel e Darl, sotto gli occhi esterrefatti dei coniugi Tull, si allontanano da casa, allettati da un guadagno di tre dollari. Il piccolo Vardaman, l’ultimogenito, lasciato solo nel cortile, si convince, pur di non accettare il lutto imminente, che sua madre sia un pesce.
La morte naturale della vecchia Addie Bundren da origine ad una lunga e tragica odissea: decisi a seppellire la donna nella natale Jefferson, Mississippi, i familiari si avventurano in carretto (trascinandosi dietro una scia di famelici avvoltoi), incuranti della pioggia torrenziale, ma il loro viaggio sarà segnato dal crollo di due ponti, da un guado finito male, dall’incendio (doloso) di un granaio e dal disinteresse del padre di famiglia Anse…

L’opera è articolata in una serie di brevi capitoli nei quali la narrazione, costruita con modalità analoghe a quelle dello stream of consciousness europeo, viene affidata a turno ai vari personaggi; la scelta del device permette all'autore di creare effetti di dilatazione temporale potenzialmente infiniti, che conferiscono all’avventura (ma forse sarebbe meglio parlare di sventura) dei Bundren un’aria ancora più penosa, operando un chiaro rovesciamento della tradizionale visione ottimista e vitalistica del viaggio inaugurata, in America, da Walt Whitman(1)(ma mutuata da George Sands).
I brevi monologhi interiori che restituiscono la serie degli avvenimenti concorrono alla costruzione degli effetti grotteschi mettendo in scena l’egoismo ed il completo disinteresse dei personaggi, troppo assorti nella valutazione dei propri guai per piangere la morte della propria madre (o moglie), e guidano il lettore fino al terribile finale, nel quale una vena amaramente comica, latente per tutto il romanzo, riemerge con tutta la sua carica graffiante e distruttiva.
Scritto nel 1929, a ridosso della pubblicazione di L’urlo e il furore, Mentre morivo rappresenta forse uno dei più alti punti d’approdo della sperimentazione stilistica faulkneriana.

Il romanzo Mentre morivo di William Faulkner è edito in Italia da Adelphi.


(1)si legge nel Canto della Strada:
A piedi e con il cuore leggero mi avvio per la libera strada,
In piena salute e fiducia, il mondo offertomi innanzi,
Il lungo sentiero marrone pronto a condurmi ove voglia.
[…]
Forte e contento mi avvio per libera strada.

(Walt Whitman, Foglie d’erba, Einaudi, ET Poesia, Torino 2002, p. 181)

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