Friday, August 31, 2007

C- Allen Coulter: Hollywoodland


Los Angeles, 16 luglio 1959: L’attore George Reeves viene trovato morto nella sua camera da letto; ad avvisare la polizia, la fidanzata del defunto, ed un paio di amici accorsi per una festa.

Reeves, ex attore di grandi speranze e scarso successo, costretto (dopo un brillante esordio nel film “via col vento”) ad accettare ruoli secondari in piccole produzioni, impostosi all’attenzione del pubblico (certo, non il grande pubblico…) nei panni di superman nell’omonima serie televisiva, è riverso sul suo letto, e a poca distanza da lui giace la sua Luger; la polizia di Los Angeles non ha dubbi: Si tratta di un suicidio, ma la madre di Reeves, su consiglio dello squattrinato Luis Simo (Adrien Brody nei panni di uno sgangherato detective in crisi coniugale e non…), deicide di proporre all’attenzione dei giornali un paio di interessanti incongruenze…

Allen Coulter, già regista televisivo, si dedica, per il suo debutto sul grande schermo, alla rilettura cinematografica di un fatto di cronaca, secondo un modello ben collaudato e generalmente fruttuoso (si pensi al mediocre “Wonderland”, ed al successo che ottenne al botteghino), ma lo fa in maniera sobria, solida ed elegante, senza colpi di testa, senza eccessive brutture, ed evitando il più possibile il detestabile effetto videoclip (ahimè, tanto diffuso tra i colleghi registi televisivi prestati al cinema, e non solo… ) in sede di montaggio.

Costruito montando in parallelo sequenze di indagine e flashback della vita di Reeves (ma faccia attenzione lo spettatore a non confondere la realtà con le ricostruzioni di Simo/Brody visualizzate sullo schermo…), Hollywoodland rinuncia all’elemento sorpresa, mettendo in secondo piano la detection, ma senza per questo risultare poco interessante…

Segnato (si pensi agli esterni della prima parte del film) dall’uso dei colori dell’Altman di “Radio America” (e quindi in un certo senso riflesso, dal pittore Edward Hopper) e di “Kansas City” da un lato, dai movimenti di macchina in esterno dell’ultimo e controverso De Palma (i punti di contatto tra questo “Hollywoodland” e la “Dalia nera” sono numerosi, primo tra tutti, l’ambientazione Hollywoodiana …) dall’altro, il film risulta graficamente gradevole ed attraente.
Ottima (sia pure con qualche esagerazione) l'interpretazione di Adrien Brody, e buona persino quella di Ben Affleck (stranamente a suo agio nei panni dell' attore senza talento...)
Unico tratto negativo: Il finale “aperto” stona un po’ con un film che, per intreccio, toni ed ambientazione, si poneva come detective story classica.(1)


(1) Si rassegni lo sceneggiatore Paul Bernbaum: La scelta di “concludere” un noir con un finale aperto non è una sua invenzione, e quando David Goodis per il suo “The moon is in the gutter” (in Italia “La luna nel vicolo”, ed. Fanucci), decideva di non produrre un colpevole, rovesciado così la responsabilità su ambiente e società, lo faceva con effetti decisamente diversi...

Labels: , , , , , , ,

Saturday, August 25, 2007

L- John Ridley: Come cani randagi

E’ il giorno più caldo dell’anno nella cittadina di Sierra, qualche metro quadro rubato al deserto sul quale l’uomo ha costruito quattro case, un bar/tavola calda,un ufficio postale, ed una fermata della linea greyhound.Una Mustang rossa decappottabile del ’64 (e mezzo-) procede surriscaldata tra miglia e miglia di deserto; alla guida John Steward, un giocatore da quattro soldi al quale la fortuna ha voltato le spalle (tanto che per rimborsare un italo-americano del prestito “a strozzo” generosamente concessogli, il protagonista ha dovuto svaligiare la sede del suo ultimo impiego regolare).Steward, in viaggio verso Las Vegas con uno zaino pieno di contante (13000 $ per saldare i suoi debiti col pericoloso “Mr Vesci”…), è costretto a fermarsi a Sierra per via di un guasto all’automobile; qui, mentre passeggia per le polverose strade del “centro”, riesce a perdere tutto il contante in un malaugurato incidente; qui, tra momenti di disperazione e maldestri tentativi di risistemare le cose, incontra Grace, avvenente e pericolosa “nativa americana”; la donna giusta per farvi fare, con l’aiuto del caldo, la cosa sbagliata…

“Come cani randagi” è l’esordio letterario di John Ridley, comico, piccolo produttore, autore, sceneggiatore, aspirante regista.
Breve, grottesco, incredibile nella sua serie interminabile di rovesci e colpi di scena, amaro, ma pur sempre abbastanza ironico da risparmiare al lettore le lacrime per la triste fine del protagonista, “Come cani randagi”, sembra nato per il cinema.

Da “Come cani randagi” di John Ridley, è stato tratto il noto “U-turn” diretto da Oliver Stone ed interpretato da Sean Penn e Jennifer Lopez.

Labels: , , , , , ,

News: David Goodis. La ragazza di Cassidy

Recentemente riproposto al pubblico italiano, per una fortunata scelta della casa editrice Fanucci "La ragazza di Cassidy", uno dei più noti romanzi di David Goodis; riproponiamo qui la recensione (già inserita in data 11/05/06).

James Cassidy, un tempo giovane pilota d’aereo di successo, è finito in rovina per via di un incidente del quale non aveva colpa.
Passato attraverso alcolismo, arresti per rissa, vagabondaggio e simili, si è riciclato come autista di pullman stabilendosi nella zona del porto di Philadelphia; in lotta con un rivale per via della moglie Mildred (una donna crudele e sensuale, provocante ed infedele), Cassidy viene incastrato per un nuovo incidente; inseguito dalla polizia dovrà scegliere se lasciare il paese dandosi alla fuga o cercare di dimostrare la propria innocenza…

Nonostante i recenti tentativi di fare di Goodis un beat (a quanto pare l’ultima moda vuole che il suo nome venga accostato a quello di Kerouac), il suo stile poco descrittivo e anti-lirico lo pone nella grande tradizione del noir classico americano; ciò che di beat si può trovare in lui è l’amore per i reietti, per gli emarginati (si pensi a tutti gli uomini promettenti finiti in rovina che popolano i suoi romanzi) ed un certo genere di sottoproletariato urbano, l’amore per i sobborghi (la zona del porto della nativa Philadelphia è talmente presente da essere co-protagonista del suo noto “la luna nel vicolo” recentemente ripubblicato da Fanucci), nel contempo vitali e letali come la Chicago dei “poems” di Carl Sandburg (questa dualità dell’ambiente sembra riflettersi sui personaggi subalterni che passano repentinamente dalla solidarietà all’aggressività ed all’aperta violenza nei confronti del protagonista).

Il romanzo "La ragazza di Cassidy" di David Goodis è edito in Italia da Fanucci.

Labels: , , ,

Sunday, August 19, 2007

L- James Crumley: La terra della menzogna

Foto: L'autore James Crumley

Milo Milodragovitch, ex poliziotto, ex investigatore, ex militare (…), è stato un uomo d’azione, ma ormai non è più un ragazzino; più che sessantenne, Milo si è trasferito in Texas per amore della rossa Betty Porterfield, e anche se pensa spesso al Montana (“Il Montana mi sembra proprio l’idea che un ragazzino potrebbe farsi del Texas a forza di sentir parlare i texani” dichiara John Steinbeck nel suo “Viaggio con Charley”), riesce a tirare avanti occupandosi della gestione di un bar di sua proprietà, e concedendosi, come diversivo, qualche sporadico lavoretto da investigatore di mezza tacca.

Assunto da un marito geloso per recuperare una giovane moglie in fuga, Milodragovitch si ritrova quasi testimone di un omicidio avvenuto in una bar (con annessa sala da biliardo) posto ai confini dell’Hill Country.

Costretto dalle autorità a collaborare alle ricerche dell’assassino, Milo si trova ben presto coinvolto in un affare molto più complesso del previsto fino a perdere, tra grandi trafficanti e miseri spacciatori, speculatori edilizi e ricchi petrolieri, avvocati corrotti e sbirri sopra le righe, violenze sessuali, truffe e omicidi, le ultime tracce di innocenza e quel poco di fiducia nel mondo ancora concessa ad un sessantenne che già credeva di averle viste tutte…

Ambientato in Texas, ma influenzato (stilisticamente e tematicamente) più dalla frequentazione dei maestri dell’hard-boiled urbano (Raymond Chandler (1) su tutti, ma anche Dashiell Hammett, che è infatti citato dal protagonista…) che dal noir provinciale e rurale (à la Lansdale, ad esampio ) o dal Jim Thompson di “Colpo di spugna” (eco del quale sembrano comunque riemergere qua e là…), “La terra della menzogna” è un opera amara al punto giusto, tanto intricata da rischiare di confondere i lettori meno smaliziati, e non solo loro.
Ben scritto (seppure secondo i canoni ristretti, e dunque vagamente omologanti, del moderno realismo americano ) nonostante qualche scivolata in facili volgarità, vivido, crudo, violento, il romanzo sembra segnato da piccoli squilibri ritmici (vi si trovano parti decisamente lente che cedono il passo, senza soluzione di continuità, a momenti d’azione frenetica), che tendono a normalizzarsi verso la conclusione dell’opera.
L’autore James Crumley, texano, 1939, è un altro rappresentante di quella generazione (quella di C McCarthy e Lawrence Block, per capirci), che a tutt’oggi sembra essere l’ultima in grado di avvicinarsi con discreto successo al grande noir americano.
Sconsigliato a chi abbia difficoltà a tenere a mente una trentina di personaggi spesso appena abbozzati (ma comunque essenziali per seguire l’azione) o a rimettere insieme i pezzi di una trama molto intricata, consigliato agli altri.

Il romanzo “La terra della menzogna”(2) di James Crumley è edito da Einaudi.

(1) L'autore, che in genere ama definirsi "il figlio bastardo di Raymond Chandler", ha inoltre dichiarato, nel corso di un' intervista:“Saccheggio Chandler a piene mani” .

(2) “La terra della menzogna”, del 1983 è la terza ed ultima avventura di Milo Milodragovitch; le altre due ( “Il caso sbagliato” (1975) e “Dalla parte sbagliata” (1983)) sono, al momento, fuori edizione.

Labels: , , , , ,

L- Georges Simenon: La casa sul canale

“… là c’era un uomo con i capelli tutti infarinati, seduto davanti al fuoco con la testa fra le mani.”(1)

Edmée, giovane orfana di città, lascia la natia Bruxelles per trasferirsi in campagna a casa di parenti. Al suo arrivo presso i Van Elst, la giovane trova la casa in subbuglio per la morte dello zio; la gestione del patrimonio familiare viene affidata (secondo il volere del caro estinto) al cugino Fred (primogenito dei Van Elst) il quale ben presto si trova afflitto da problemi finanziari, ed entra in lite con il fratello Jef; intanto la giovane Edmée scopre il gusto sconosciuto della violenza e del potere.

Scritto nel 1933, “La casa sul canale” è il capolavoro stilistico di un Simenon freddo, torbido, fangoso e brutale come l’inverno fiammingo, in grado di dar conto, facendo affidamento sulla semplice esteriorità dell’agire (e dunque muovendo in una direzione alternativa rispetto al romanzo psicologico ottocentesco), delle modulazioni e dei cambiamenti d’animo dei personaggi.
Un’opera di incredibile intensità e vigore, retta da solide descrizioni ambientali (si pensi ai meravigliosi esterni, che assumono, guardati da dietro le finestre di Edmée, un valore spiccatamente simbolico, o a quella allusiva macchia rossa sotto la crosta ghiacciata del canale, che si manifesta in un momento di quasi calma… ) e personaggi invidiabilmente credibili e naturali (sia pure nelle loro miserie).

“La casa sul canale” di Georges Simenon è edito da Adelphi.

(1) Pg. 159

Labels: , , , , , , ,

Tuesday, August 07, 2007

L- Gian Carlo Fusco: Duri a Marsiglia

1932: giovane anarchico (ma di “buona famiglia ligure”) fugge dall’Italia fascista più per insofferenza verso il regime che per problemi politici; giunto clandestinamente a Marsiglia, il giovane si ribattezza “Charles Fiorì” (in onore del Baudelaire dei fiori del male) e trova impiego presso il “compagno” Ramussi, che gli offre dei piccoli lavori di traduzione.Stufo di lavorare per il linotipista, che con il pretesto di inviare in Italia volantini e programmi politici, esporta letteratura erotica e “libri pornografici” (all’epoca vietati…), Fiorì lascia impiego e alloggio, trasferendosi alla “Residencia Miramar”.Passato “dall’altra parte del Vieux Port” (e cioè nel quartiere catalano) il giovane precipita nel “giro rischioso, sozzo [...] ma pur sempre affascinante del milieu”(1).Entrato a far parte del clan dei calabresi, Fiorì guadagna rapidamente un posto di tutto rispetto, diventando uno degli uomini di fiducia del boss, ma la riapertura delle ostilità tra bande, ed un inasprimento dei controlli ai danni degli italiani espatriati per motivi politici (tutti passati oltralpe in qualità di “abusifs”) lo costringono a lasciare la città…

La lingua è un glorioso pastiche di i italiano, calabrese, francese, castigliano, vividamente colloquiale (e dunque anche versatile), aperta e resistente al guignolesco, al macabro, al grottesco; l’intreccio (minimo rispetto alla costruzione e forse ri-costruzione(2) dell’atmosfera di una Marsiglia ormai perduta, popolata da piccoli truffatori,Bambù, Macrò, prostitute, capi mafiosi in abiti stravaganti (e relative pupe), sgherri coraggiosi, fedeli, insubordinati, poliziotti duri, citroen nere, pernod e pistole...), pur popolato dai soliti chlichés (ma comunque rimescolati: si confondono infatti nell'opera i toni picareschi e quelli decadenti, un certo fare da intellettuale e anzi da aspirante scrittore incompreso alternato a pose da gangster e aspirante pugile...), permeato da quel romanticismo tipico del nero francese, è scorrevole, credibile, ironico, piacevole.

Scritto nel 1974, “Duri a Marsiglia” si confronta con grande intelligenza e maturità con i classici del genere noir del versante francese (come non pensare alle opere di Simonin e Le Breton, ai film di Melville e Verneuil…), rivisti e corretti alla luce di uno stile veramente fortunato.
Indimenticabili i dialoghi e meraviglioso il personaggio del protagonista, ragazzo in bilico tra "I fiori del male" e "Piccolo Cesare".

“Duri a Marsiglia” di Gian Carlo Fusco è edito da Einaudi.

Labels: , , , , , , ,