Monday, July 30, 2007

L- Jean-Patrick Manchette: Principessa di sangue

1950: una oldsmobile nera si muove senza rumore su una spiaggia deserta; all’interno dell’abitacolo tre uomini e una bambina avvolta in una coperta e tenuta buona a forza di morfina. L’automobile raggiunge un caseggiato nel cui parcheggio riposa una peugeot 203; gli uomini scendono, uno di loro trasporta la bambina; segue una sparatoria.Un uomo ferito si allontana a grandi passi lungo l’oceano; con lui c’è la bambina, sanguinante e malconcia, ma viva.

Capodanno1956: Ivory Pearl, detta Ivy, fotografa freelance spesso impegnata in reportage di guerra, confessa all’amico (e vecchio benefattore) Sam Farakhan, di aver bisogno di una pausa; l’ex militare (ora in qualche modo legato ai servizi segreti) le consiglia la “Sierra Maestra”, rigogliosa e semi-deserta zona montana posta al centro di Cuba.
La giornalista è decisa a prendersi un anno di completo riposo, muovendosi solo per fotografare gli animali esotici o le piante dell’isola, ma ben presto si imbatte in un uomo con visibili cicatrici d’arma da fuoco, ed una bambina, che vivono in maniera semi-selvaggia sul versante opposto della collina…

Scritto nella stagione 1994/1995, e rimasto tristemente incompiuto alla morte dell’autore, “Principessa di sangue” viene riconsegnato ai lettori italiani come unico inedito di Jean-Patrick Manchette.
Lo stile è, come sempre, secco e tagliente in maniera eccezionale. L’intreccio ben congegnato, ammiccante (come solo le grandi opere di spionaggio sanno essere), pieno di rovesci e colpi di scena, si interrompe tristemente in un punto di accelerazione finale che si sarebbe di certo rivelato irresistibile (ed è stato invece sostituito, nell’edizione italiana, come in quella francese, da una serie di vaghi appunti schizzati dall’autore e raccolti dall’editor).
Indimenticabile il personaggio di Ivy, destinato a tornare in una serie di eventuali seguiti per fornire, come appunta l’autore, “…chiarimenti sui fatti occulti di questo mondo.”(1)
Vivamente consigliato agli habitués di Manchette (anche perché permette, grazie alla raccolta di "appunti", un’intrusione al centro del processo creativo, fornendo numerosi indizi sul modo di scrivere proprio dell’autore), “Principessa di sangue” deluderà forse gli altri, per via di quell’ incompletezza che lo coglie sul più bello, rovinando un romanzo altrimenti destinato a divenire un capolavoro del polar.

“Principessa di sangue” di Jean-Patrick Manchette è edito da Einaudi.


(1) pg.187

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Sunday, July 29, 2007

L- Gianrico Carofiglio: Ragionevoli dubbi

Guido Guerrieri (già protagonista di “Testimone inconsapevole”(2002)(1) e “Ad occhi chiusi”(2003)) è un avvocato quarantaduenne nella Bari dei nostri giorni.
Ridotto in pezzi dalla rottura del rapporto con Margherita (partita per New York con poche parole e qualche giorno di preavviso), Guerrieri passa la sua vita tra lavori di routine, uscite notturne in solitaria, pizze e birre consumate in ufficio ed allenamenti pugilistici in palestra o a casa.
Un giorno, mentre se ne sta in ufficio con ben poco da fare, riceve il telegramma del detenuto Fabio Paolicelli, che chiede di vederlo con urgenza.
Raggiunto il parlatorio del carcere di Bari l’avvocato si trova di fronte Fabio Raybàn (proprio come gli occhiali da sole, ma pronunciato alla barese), temuto picchiatore fascista e vero e proprio fantasma della sua adolescenza.
Paolicelli, incarcerato per traffico di droga (sulla sua automobile sono stati reperiti, alla frontiera, 40 kg di cocaina purissima), si dichiara vittima di una montatura (favorita peraltro dal legale scelto in precedenza), e chiede a Guerrieri di assisterlo.
L’avvocato, deciso a difendere l’ex picchiatore fascista (pur essendone stato pestato una trentina di anni prima), si troverà coinvolto in un’ oscura storia di contrabbando internazionale, avvocati corrotti, ottusi burocrati, poliziotti onesti sempre pronti a dare una mano, e vecchi mafiosi incensurati…

Un legal-thriller mediterraneo e “profumato”, che ricorda, un po’ per lo stile, un po’ per la gradevole auto-ironia e il fare introspettivo del protagonista, un po’ per la quasi assoluta rinuncia alla descrizione ambientale (sostituita qua e là dall’ analisi di pietanze e gusti), l’ ormai notissima “Trilogia di Marsiglia”(2) di Jean-Claude Izzo.
Piacevole, interessante (anche perché, qui, l’autore corre su quel baratro che separa “moralità” e semplice “legalità”, e lo fa senza falsi moralismi e senza cedere alla tentazione di trasformare il suo protagonista nel classico cavaliere senza macchia e senza paura) e ben scritto, nonostante i frequenti riferimenti alla musica (spesso troppo puntuali, come capitava anche in Izzo…) che suonano sempre, anche a voler prescindere dalla scelta dei pezzi in se’, vagamente adolescenziali…

“Ragionevoli dubbi” di Gianrico Carofiglio è edito da Sellerio.


(1) Recentemente riproposto da Repubblica nella collezione “Noir italiano”.
(2) “Casino totale”, “Chourmo”, “Solea”, editi in Italia da e/o

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Friday, July 27, 2007

L- Paul Auster: Mister Vertigo

Correva il 1927, l’anno di Baby Ruth e Charles Lindberg”(1).

Walter Rawley è un orfano senza futuro affidato alle “cure” di una coppia di zii beoni e maneschi che si muove senza esitazioni in una meravigliosa Saint Louis notturna piena di ubriaconi e di orchestrine jazz; tutto fa pensare che il protagonista sia destinato ad una mediocre carriera da truffatore, da straccione, o tutt’al più da gangster, ma una sera, mentre si aggira per le strade senza niente da fare, Walter si imbatte in un elegante signore (con l’aria da straniero), che dichiara di aver visto in lui “il dono”, e gli promette di insegnargli a volare (ed anzi giura che, se in due anni non sarà in grado levitare, il ragazzo potrà tagliargli la testa).
Superate le incertezze iniziali (maestro Yeudhi afferma di aver già chiarito la questione con gli zii di Walter, felicissimi di liberarsi del ragazzo e senza richiedere nessun compenso), il giovane segue l’uomo in nero nella sua villa fuori Wichita; qui, in compagnia del giovane nero Esopo e di una vecchia indiana trascorrerà gli anni della sua “formazione”.
Nel ’29 Esopo e la Cheyenne perdono la vita per mano del KKK; Walter (ormai trasformato in ragazzo prodigio) e maestro Yeudhi, costretti a fuggire, si lanciano in una lunga tournée per le strade d’America.
Tra problemi e incertezze (legati soprattutto alla comparsa del malvagio zio Slim, che, preso atto del crescente successo del ragazzo, decide di ottenere una percentuale sugli incassi), Walter ed il maestro procedono spediti verso New York, tappa più importante della carriera del “bambino prodigio”, ma con l’arrivo della pubertà l’orfano (che ha ormai trovato nel maestro un padre) perde il suo dono…

Un romanzo fantasioso, tutto giocato sul contrasto dono/normalità, che si muove senza incertezze, e con fare da parabola, in un’ambientazione che forse avrebbe meritato qua e là, descrizioni più accurate (l’attenzione è tutta puntata sui personaggi, e dunque chi si aspettasse, infilandosi in questo libro, di essere catapultato nell’atmosfera della Saint Louis degli anni ’20, resterebbe forse deluso).
Indimenticabili i personaggi di Esopo, Maestro Yeudhi e Mrs Whiterspoon.


“Mr Vertigo” di Paul Auster è edito da Einaudi.

(1) pg. 5

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Thursday, July 26, 2007

L- Cormac McCarthy: Non è un paese per vecchi

Llewelyn Moss, trentaseienne reduce del Vietnam impiegato come saldatore, vive in una cittadina al confine tra Texas e Messico; felicemente sposato con la giovane Carla Jean, Moss ha un solo hobby: La caccia; proprio durante una battuta di caccia l’ex militare si ritrova sul luogo di una strage di trafficanti; due o tre Pick-Ups fermi in uno spiazzo, tracce di eroina, e tra i cespugli poco distanti, un cadavere con una valigetta contenente due milioni di dollari.

Tornato alla roulotte con i due milioni, Moss è convinto di poter cambiare la sua vita, ma qualcosa va storto, e in breve tempo l’ex militare si trova inseguito dalla polizia e da una serie di crudeli gangsters decisi a riprendersi il malloppo…

Cormac Mc Carthy (Rhode Island 1933) noto ai lettori italiani come moderno interprete della dimenticata letteratura western (si vedano i tre romanzi della “trilogia della frontiera”(1)), confeziona con “Non è un paese per vecchi”, un racconto noir fortemente morale (poggiando anche sui toni biblici scelti per la voce narrante dello sceriffo Bell che fa da contrappunto all’azione) coinvolgente e pieno di ritmo.
Dialoghi meravigliosi e personaggi semplicemente indimenticabili.

Un romanzo nel quale tuffarsi (o ri-tuffarsi) senza esitazione, anche in vista dell’ imminente uscita della trasposizione cinematografica firmata da Joel ed Ethan Coen .

Non è un paese per vecchi di Cormac McCarthy è edito da Einaudi.

(1) “Cavalli selvaggi”, “Oltre il confine” e “Città della pianura”.

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Tuesday, July 24, 2007

L- Léo Malet: Un cadavere in scena

Il signor Colin, in arte Nicolss, è un vecchio “attore e fine dicitore dei Concerti Parigini”, rimasto disoccupato.
In un primo pomeriggio di ottobre il vecchio si presenta negli uffici dell’agenzia investigativa “Fiat Lux” per chiedere alla bella Héléne (storica segretaria di Nestor Burma) un prestito in onore di un’antica amicizia che lo legava al defunto padre della ragazza.
Hélène, costretta a chiedere a Burma di concederle un anticipo per la metà della somma, prende un appuntamento con Colin la sera stessa, promettendogli di portare il denaro, ma, quando il vecchio non si presenta al “Batifol”, detective e segretaria decidono di effettuare una verifica…

Pochi giorni dopo la misteriosa scomparsa del vecchio Colin (l’attore è uscito di casa, per non farvi più ritorno, dimenticando le chiavi sulla porta), Mado, un’ affascinante e maliziosa impresaria intorno ai quaranta, assume Burma per indagare sulla strana irrequietezza di un cantante di grido; il detective, incuriosito e divertito dal fatto di essere venuto a contatto con il mondo dello spettacolo per due volte nell’arco di pochi giorni, accetta il caso, anche se in apparenza nulla lega l’anziano e squattrinato Nicolss ed il giovane e poco talentuoso Gil Andréa…
Nel corso della sua indagine nel X arrondissement, Burma dovrà vedersela con attori senza scrupoli, cantanti fallite, giovani star, fan sull’orlo della follia (o oltre), e una banda di gangsters argentini coinvolti in un giro di tratta delle bianche…

Scorrevole (anche grazie alla bella traduzione di Federica Angelini) e ben scritto come di consueto, ironico ed intricato, pieno d’atmosfera, impreziosito dai due capitoli nei quali Burma è fuori gioco ed è Hélène ad assumere il duplice ruolo di detective e voce narrante, un “cadavere in scena” è un altro piccolo capolavoro della letteratura noir finalmente riproposto ai lettori italiani.

“Un cadavere in scena” di Léo Malet è edito da Fazi.

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Saturday, July 21, 2007

L- William Least Heat Moon: Strade Blu

17 febbraio 1978: William Trogdon, professore di Inglese al college di Columbia, Missouri, riceve la notizia del suo licenziamento dovuto al “calo degli iscritti”; in cerca di un po’ di conforto, telefona alla moglie dalla quale è separato da nove mesi (non senza essere convinto di poter risistemare, prima o poi le cose), ma la donna, per tutta risposta, annuncia di aver trovato un nuovo fidanzato.Convinto di essere “sul punto di esplodere”, Trogdon decide di risistemare il suo vecchio furgone Ford ribattezzato Ghost Dancing(1)) e, ripreso il suo nome indiano di Least Heat Moon (in quanto secondogenito e dunque figlio minore di “Heat Moon”), lanciarsi in un viaggio circolare attraverso l’America.

Nasce così “Strade Blu” (2) di Least Heat Moon, insieme saggio sull’America periferica e dimenticata (corredato da ampie note storiche), studio di geografia umana, ma anche diario di un uomo che, in perfetta sintonia con la letteratura classica americana, spera di poter cambiare se stesso (e affermare se stesso) nel viaggio(non a caso la fonte letteraria più citata da Trogdon è proprio il Whitman autore del “Canto della strada” e di “Odo l’America cantare”). Rimaneggiato per quattro anni (1978-1982), rifiutato da una serie di editori (la prima edizione è del 1983; nei 5 anni che separano la conclusione del viaggio dalla pubblicazione del libro l’autore si è visto costretto ad adattarsi a lavori di ogni genere)“Strade blu” è una lunga galleria di luoghi e personaggi che, per un motivo o per un altro, volontariamente o involontariamente, sono rimasti “esclusi” dall’inesorabile processo di rimodernamento, omologazione, dall’ edilizia selvaggia, e da tutti quei fenomeni che hanno investito le zone strettamente urbane.

Impropriamente paragonato a “Sulla strada” di Jack Kerouac (nel quale, come dichiara Least Heat Moon, si viaggia pochissimo), “Strade Blu” è un ottimo esempio di narrativa di viaggio, impreziosito da descrizioni ambientali degne di J. Steinbeck, rimodellato attraverso un estesissimo lavoro di ricerca storica, ed un gusto (talvolta persino eccessivo) per le citazioni colte; come unico aspetto negativo si può forse indicare la tendenza dell’autore a scivolare in riflessioni misticheggianti che suonano poco originali (chissà, forse anche poco sentite…), o per lo meno difficilmente conciliabili con l’adesione al pragmatismo (di stampo tipicamente americano, e anzi “ultra-americano” proprio perché ri-usato in chiave antiamericana) rinnovata in molte occasioni.

“Strade Blu” di William Least Heat Moon è edito da Einaudi.



(1) il "Ghost dancing" è un culto diffusosi tra i pellerossa nel momento di massima pressione dei coloni bianchi sulle tradizioni "indiane"; danzando in onore degli antenati i pellerossa speravano in un ritorno all' "età dell'oro" precedente alla comparsa dei bianchi...

(2) L'espressione "Blue Highways", coniata dall' autore è diventata poi un modo di dire comune.

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