Sunday, October 29, 2006

L- Jack London: Quattro Bersagli

Un indiano racconta la sua avventura tra i ghiacci a servizio di due giovani cercatori d’oro assetati di vendetta; due cercatori disperati tentano con ogni mezzo di raggiungere la città e la salvezza anche a costo di abbandonare i loro sacchi pieni d’oro; un indiano disposto a tutto per vedere le città dei bianchi commette un omicidio; un giovane messicano si da al pugilato professionistico per finanziare la rivoluzione.

Sotto il titolo particolarmente appropriato di “Quattro Bersagli” la casa editrice Guanda raccoglie in volume i racconti “La pista del sole”, “L’amore per la vita”, “Il sistema dell’uomo bianco” e “Il messicano” di Jack London.
I quattro brevi racconti sono costruiti sulla volontà folle di protagonisti ai quali nessun altra possibilità è data per adattarsi ad un ambiente (non solo geografico-climatico, ma anche sociale e politico come nel caso del racconto “Il Messicano”) sempre ostile e brutale.
Meraviglioso e chiarificante (ci si spingerebbe quasi a dire fondante rispetto a molte esperienze successive del realismo americano) il piccolo manifesto di estetica realista inserito nel racconto “la pista del sole”.

Foto: L'autore Jack London.

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L- Eugene Dabit: Hotel Du Nord (in appendice Ville Lumière)

L’ “Hotel du Nord” è un edificio piuttosto malandato posto alla periferia di Parigi; i gestori, i signori Lecuvreur, hanno dovuto chiedere dei soldi in prestito ad un parente per poterlo prendere in gestione, ma ben presto l’hotel si rivela qualcosa di più di un semplice buon affare, e i due riscoprono, nella familiarità con i poveri ospiti (tutti in condizioni piuttosto tragiche, ognuno per i suoi motivi), l’amore per l’umanità intesa come insieme di individui differenti, tristi, delusi, imperfetti, semplicemente umani.
Il romanzo, che si apre con l’arrivo dei Lecuvreur e si chiude con l’esproprio e la demolizione dell’ edificio da parte della società “Le cuir moderne”, è articolato in una serie di capitoli brevissimi incentrati sui tanti personaggi che si incontrano, si scontrano, si amano, si odiano, si separano lungo gli stretti corridoi dell’hotel, tutti ugualmente importanti, ognuno, a suo modo, protagonista.
Lo stile di Dabit, essenziale ma colmo di immagini, è accompagnato da personaggi tanto veri, vivi, e trattati con tanto affetto da rendere la banale etichetta di “romanzo populista” (con la quale il romanzo è offerto ad i lettori italiani) quasi un insulto.Di fronte ad una simile sfilata di umanità, a personaggi così tristi e memorabili, tanto che si vorrebbe non finissero mai, viene quasi voglia, immoralmente parlando, di ringraziare i costruttori dell’hotel per aver fatto le stanze così piccole…
La spontaneità e la bellezza di “Hotel du Nord”, mancano purtroppo a Ville Lumière, che, attraverso lunghe descrizioni ambientali(dalle quali peraltro vengono fatte meccanicamente emergere divagazioni politiche decisamente invecchiate e rese meno piacevoli da un tono troppo apertamente ideologico), si perde in vaghi ricordi e immagini di una Parigi scomparsa, soffermandosi su luoghi desolati o pieni ma pur sempre muti e privi di aspettative e dunque, verrebbe da dire, inadatti alla poetica di Dabit.

Dal romanzo “Hotel du nord” di Eugène Dabit è stato tratto l’omonimo film del 1938 diretto da Marcel Carné.

“Hotel du Nord” di Eugène Dabit è edito da Garzanti.

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Saturday, October 21, 2006

C- Woody Allen: Scoop

Sondra Pransky (Scarlett Johanson) è una giovane aspirante reporter in vacanza a Londra.Durante uno spettacolo del mago “Splendini” (Woody Allen in ottima forma…) riceve la visita di Joe Strombell, noto giornalista da poco deceduto che, in viaggio per l’aldilà, ha ricevuto una soffiata sul noto caso del “Killer dei tarocchi”.
Secondo l’informatrice l’assassino sarebbe l’affascinante Peter Lyman, giovane figlio di un Lord, e destinato ad entrare in politica.
Sondra, intravista la possibilità di realizzare il suo primo scoop, entra in contatto con il giovane aristocratico e tra i due nasce una storia d’amore.
Il mago Splendini (diventato, nel tempo grande amico della giovane americana) resta però convinto che Peter nasconda qualcosa…

Seconda esperienza Londinese per Woody Allen, “Scoop” segna il ritorno del regista al genere della commedia gialla (già esplorato in opere quali “misterioso omicidio a Manhattan” ); scritto, secondo le dichiarazioni del regista, pensando a Scarlett Johansson il film deve gran parte della sua forza alla presenza di un Allen ancora capace di far ridere in maniera non banale, e senza volgarità, nonostante i 71 anni e 40 film sulle spalle.
La scarsità dell’intreccio, tanto lamentata dalla critica, è controbilanciata dalla brevità e dal tono leggero di questo film che, pur essendo linguisticamente meno raffinato del precedente “Match Point”, risulta assolutamente riuscito.

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Sunday, October 15, 2006

C- Andrew Lau (Wai Keung Lau) e Alan Mak (Siu Fai Mak): Infernal Affairs

Chan Wing Yan (Tony Leung, “In the mood for love”, “Hero”, “Bullet in the head”) è un agente di polizia infiltrato tra le triadi da quasi nove anni, e comincia a dare segni di stanchezza, ma il suo superiore (l’unico a conoscere la sua identità) vuole che incastri il potente Sam prima di tornare alla sua vita da poliziotto “regolare”.

Lau Kin Ming (Andy Lau, “La foresta dei pugnali volanti”, “Nos années sauvages”, “As tears go by”) è un uomo di Sam che, infiltratosi da anni nella polizia, ha raggiunto il grado di commissario.
In occasione della consegna di un grosso carico di droga, capo della polizia e capo della triade si rendono conto della presenza di una talpa nelle rispettive organizzazioni; comincia così una corsa contro il tempo che vedrà Chan e Lau l’uno contro l’altro, fino all’inevitabile, ultimo confronto…

Il film, basato su un intreccio non molto originale (oltre ad “Hard boiled” di John Woo, esplicitamente citato nei primi minuti del film, sono ovvie le eco di opere quali “Face Off”, “A better tomorrow” ecc.), ma complesso, ben articolato e non privo di alcune buone trovate (si pensi ad esempio al primo, casuale incontro tra i due “infiltrati”, ed al ruolo che questo giocherà in seguito) propone una discreta combinazione di temi in parte già visti, ma dilatati all’inverosimile (paradossalmente, nonostante i due protagonisti non arrivino a “scambiarsi le facce”, il problema del doppio sembra più ampio qui che in “Face off”, almeno nella misura in cui i personaggi stessi si “lasciano assorbire” dalla parte che recitano ); dal punto di vista del montaggio, e della costruzione del quadro, il film si dimostra superiore a gran parte dei prodotti americani visti di recente, rinunciando a soluzioni semplici (montaggio ultrarapido e per pezzi brevi sostituito dal ralenty ,e quella fissità estenuante che precede o spezza le scene di violenza di tanti buoni film di Hong Kong) e regalando un’equilibrio grafico difficilmente reperibile nel cinema occidentale contemporaneo.
La caratterizzazione dei personaggi è ottima, e aperta a quegli spazi di irrazionalità (si pensi allo strano rapporto di Chan con la sua analista) che caratterizzano la vita di ogni persona reale.
Bella (anche se, ancora una volta, poco originale) l’analisi psicologica degli infiltrati, combattuti tra un dovere sempre più estraneo e pesante, e l’affetto per i “finti” compagni.
Nel complesso un prodotto non innovativo, ma ben sviluppato, interessante e gradevole, da vedere (o rivedere) senza esitazioni in attesa del remake “The Departed” firmato Martin Scorsese , la cui uscita nelle sale è prevista per il 27 Ottobre.

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Saturday, October 14, 2006

C- Michael Mann: Miami Vice

Due poliziotti della “Vice Squad” di Miami tentano di infiltrarsi in un’organizzazione di narcotrafficanti di alto livello, nel tentativo di vendicare un ex informatore suicidatosi in seguito alla perdita di una figlia ad opera dei malviventi.
All’ FBI sono convinti che i colpevoli appartengano ad un gruppo locale di neonazisti, ma il giro d’affari è molto più ampio, e i due detective (Collin Farrel e Jamie Foxx meno simpatici degli "originali" Don Johnson e Philip Michael Thomas), infiltratisi al vertice dell’organizzazione non hanno intenzione di accontentarsi dei “pesci piccoli”.

Il film, che si colloca a pieno diritto in quel movimento di revival degli anni ’80 che ha già prodotto numerosi remake (o meglio riedizioni cinematografiche di note serie televisive) quali “Stursky ed Hutch” (che, per quanto dichiaratamente commerciale, era sostenuto da un paio discrete interpretazioni, ed una buona ironia), “Charlie’s Angels”, “Hazard”, e ovviamente “Mission Impossible” (che tuttavia, ), si lancia in un disperato tentativo di attualizzazione a base di cellulari ultima generazione, microcamere, spionaggio e controspionaggio informatico e molti altri ingredienti dei quali lo spettatore farebbe volentieri a meno, per coprire un’intreccio mal ritmato e poco solido (si riscontrano anche alcune, pur piccole, incongruenze…).
I dialoghi, in generale abbastanza brutti, sono tristemente sostenuti da una colonna sonora di basso livello, troppo insistente e disposta a casaccio sui quasi 120 minuti di pellicola.
Il montaggio non è per palati fini, e le riprese in notturna, virate al rosso o all’arancio, tali e quali a quelle già viste in “Collateral”, non denotano certo una grande inventiva.
Nell’insieme un film confuso e poco gradevole, banale e graficamente sgraziato, che riesce ad azzerare anche le capacità di un’attrice come Gong Li, “utilizzata” per l’ennesima storia d’amore già vista e rivista in migliaia di action movies con tanta pellicola in avanzo ma poche idee…

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Sunday, October 08, 2006

C- Brian De Palma : Black Dahlia

Hollywood, 1947, gli agenti di polizia Bleichert (Josh Hartnett) e Blanchard (Aaron Eckhart) (due ex pugili dal carattere diverso come “fuoco” e “ghiaccio” ) indagano sul misterioso omicidio della ventitreenne aspirante attrice Betty Ann Short, la “dalia nera” (il soprannomme le fu dato in riferimento al film “la dalia azzurra” diretto da Gorge Marshal del 1946).Coinvolti in uno strano triangolo amoroso con la bella Key Lake (Scarlet Johansson ben truccata ma assolutamente non matura per il ruolo affidatole), ex pupa di un gangster in procinto di uscire di galera, i due agenti procedono verso i rispettivi, divergenti destini, in una serie di azioni sconnesse e apparentemente immotivate.

L’indubbio talento grafico dimostrato da De Palma nelle opere precedenti sembra qui molto lontano, e in ogni caso non bastano le belle sequenze (da segnalare, tra queste, l’omicidio di Blanchard come perfetto esempio del citazionismo di un regista che non ha mai negato la sua passione per Hitchcock) a rendere conto del brutto e intricato soggetto (il film è tratto dal romanzo “la dalia nera” di James Ellroy) con la sua esuberanza simbolica (passi la definizione dei due agenti come “fuoco” e “ghiaccio”, perché in fondo si tratta di una pubblicità...), l’agire assolutamente anti-umano e innaturale e la totale mancanza di ironia (particolare che caratterizza tutti i grandi noir, e che dev'essere sfuggito al romanziere americano) che concorrono a ridicolizzare i personaggi, i dialoghi brutti e manierati corretti alla meglio per l’adattamento cinematografico.
Ottime le ricostruzioni degli ambienti (per ricreare la Los Angeles anni '40 si è deciso di girare il film a Sofia) e dei costumi; la Johansson ha l’aria immatura e poco convinta, decisamente meglio la Swank nei panni della ricca Madeleine Linscott.

Nel complesso Black Dahlia è un opera confusa e poco godibile, che appare mossa più dalla voglia di girare un film in costume e di riportare sulle scene uno dei delitti insoluti più noti degli anni '40 (per informazioni sul caso reale della Dalia Nera si veda ad esempio "Crime Library"), che dall'amore per un romanzo del tutto mediocre.

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Saturday, October 07, 2006

L- Leo Malet: Nestor Burma e il cadavere ingombrante

Nestor Burma, mitico proprietario dell'agenzia investigativa "Fiat Lux", viene ingaggiato telefonicamente dalla signora "Désiris", decisa a far luce su certe "entrate misteriose" riscontrate nel conto in banca del marito.
La donna sembra nascondergli qualcosa, e, se Burma decide di accettare il caso, è solo per "il nome affascinante - e certamente falso - di Désiris [....] nome di battaglia da cocotte, da direttrice di agenzia matrimoniale o sotto-maitresse di postribolo chic".
Al suo arrivo in Avenue de Wagram, però, il Detective trova i coniugi Désiris defunti e la servetta svenuta e incapace di fornire qualunque tipo di ragguaglio.
La polizia (sempre guidata dal noto commissario Florimond Faroux), conformemente alla prima, superficiale analisi di Burma, conclude che il signor Dèsiris abbia ucciso sua moglie (per motivi non ben precisati), togliendosi poi la vita.
Tutto sembra risolversi con poco, un banale caso di omicidio e suicidio, ma quando Dany Darnys ( bionda attricetta di recente fama decisa a ritrovare una sosia che sfrutta la somiglianza vendendo foto di nudo a "Frissons très Parisiens") parlando distrattamente di un' aggressione della quale è stata vittima, fa il nome di Dèsiris, il detective decide di riaprire il caso; si tuffa così nella consueta avventura tutta notti parigine, pedinamenti, tradimenti, ricatti, mezze verità e sfacciate menzogne, gangster e maitresses...

"Nestor Burma e il cadavere ingombrante", ambientato nel XVII arrondissement, fa parte del ciclo "i nuovi misteri di Parigi" (i cui romanzi sono in via di ripubblicazione per "Fazi").

Immagine: Un fotogramma dall'adattamento televisivo "Les cadavres de la plaine Monceau" di Claude Grinberg (1991) con Sophie Broustal (Hélène) e Claude Brosset (Burma).

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