Sunday, July 30, 2006

L- Patrick Raynal: Sosta d’ emergenza

Patrick Malinsky è un solitario quarantenne che, nei lunghi periodi di inattività, passa le sue nottate seduto su una panchina ad aspettare l’alba, o in qualche locale per singles, buttandosi in qualche “affaire” senza futuro; quando il vecchio amico Max, titolare di un garage di Nizza, gli affida il trasporto di una “Chrisler Town and country” del ’47 da Nizza a Biarritz, Patrick accetta di buon grado; uniche condizioni: La macchina deve arrivare a Biarritz in tre giorni, senza graffi e senza superare i settanta km orari (il motore è stato ricostruito, ed è necessario rodarlo).

Sull’ autostrada Patrick imbarcherà , suo malgrado, Agathe, una splendida autostoppista dai capelli rossi; ben presto i due si troveranno inseguiti da una banda di criminali disposti a tutto… Ma è la macchina che vogliono, o Agathe? Perché la ragazza se ne va in giro con una pistola nella borsetta?

Patrick Raynal, nota firma del noir francese contemporaneo costruisce un thriller on the road dai toni palpabilmente americani, colmo di suspence preparando l’effetto sorpresa fino all’inaspettato epilogo.
La narrazione, che oscilla tra una generica terza persona (in focalizzazione esterna) sul personaggio di Agathe, e la prima persona del protagonista (in focalizzazione interna) alternate nei brevi capitoli che compongono l’opera è inusuale ed efficace (tra i procedimenti utilizzati: per mantenere l’effetto sorpresa, la focalizzazione interna viene applicata a Patrick solo nei momenti in cui si pone interrogativi sulla ragazza, e mai quando riflette sulla propria situazione).
Lo stile asciutto, impreziosito dalle mille citazioni cinematografiche, calza perfettamente l’intreccio nel suo svolgimento.
Buona la caratterizzazione dei personaggi di Bruno Tanzi ed Agathe, discontinua e quasi incongruente quella dell’amico Max.

“Sosta d’emergenza” è edito da Hobby & Work nella collana “Mistery Pocket”.

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L- J.B. Nacray: Binario Morto


Un cadavere del tutto privo di segni particolari viene scaraventato dal finestrino di un treno notturno all’altezza di una piccola stazione nei pressi di Nizza; unico indizio: La foto di una vecchia villa, nota come “la villa del massacro” (per via di una vecchia strage mai risolta, ma ormai dimenticata), trovata in tasca alla vittima.
A Taffanelli, commissario nizzardo incaricato di svolgere le indagini, vengono affiancati “Pimpin” Van Impe, un ex Trotzskjsta che ha deciso di mettere la sua moralità al servizio della legge e Sandro, un ex musicista rock diventato miliardario grazie al lotto.
A più riprese gli uomini di potere cercheranno di far sospendere le indagini, ma i tre, mossi da semplice curiosità, moventi etici, o sete di vendetta decideranno di andare fino in fondo ( e venendo, loro malgrado, in aiuto al potere in fase di "pulizia" e "rinnovamento").

Fragmentario e disperso nei tre stili che lo compongono, punteggiato di minuscole incongruenze (parzialmente risolte dalla traduzione, proprio come lo stile risulta in parte omologato), “Binario Morto” nasce per gioco (sono stati poi gli editori di “Fleuve noir” a decretarne la pubblicazione immediata) dallo sforzo congiunto di tre autori tra i più noti del nuovo noir francese: Daniel Pennac, Jean-Bernard Pouy e Patrick Raynal; il brillante terzetto costruisce un buon thriller dai chiari risvolti politici, che supplisce con il gran ritmo e l’azione folgorante alla mancanza di continuità e alla scarsa definizione dei personaggi.

“Binario Morto” è edito da Hobby & Work, serie “Mistery Pocket”.

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L- Daniel Pennac: Signor Malaussène

A Belleville tira aria di sfratti, ma per fortuna gli abitanti del posto si sono organizzati, e non hanno nessuna intenzione di cedere agli ufficiali giudiziari; così, tra ragazzini che si fingono crocifissi ad una porta, e pignoramenti truccati, la vita va avanti.

Il commissario Rabdomant è appena andato in pensione, lo zio Stojil è morto in prigione senza aver ultimato la traduzione di Virgilio, Clara è pronta per un nuovo amore, Jéremy si è autoeletto grande drammaturgo e ha spostato tutti i fratelli nel cinema Zebre per “familiarizzare con lo spazio…” e Benjamin , l’eterno fratello, è finalmente destinato a diventare padre; messo in maternità dalla regina Zabo se ne va in giro per le strade di Belleville con la pancia in fuori ed i piedi a papera; tutto per il meglio, insomma, finchè una strana lettera del ginecologo di fiducia (momentaneamente scomparso) getterà Benjamin e Julie nella disperazione più fonda.

Con il pretesto di prendere in consegna una collezione di film che Julie ha ereditato da un amico paterno, i due decidono di partire per il Vercors, ma qualcuno sta tentando di incastrarli, e ben presto Benjamin finisce in arresto; a Parigi, intanto, una serie di prostitute scompaiono dalla comunità della suora Gervaise ( figlia del defunto Van Thian)…

Quarto dei sei romanzi dedicati alla famiglia di Belleville, “Signor Malaussène” è un’opera complessa e di ampio respiro, nella quale tre o quattro misteri paralleli si rincorrono verso l’inevitabile scioglimento finale.

Le citazioni letterarie che impreziosivano qua e là le altre opere sono state rimpiazzate da quelle cinematografiche, più adatte all’ambientazione del racconto (il cinema, inteso come spazio fisico, come strumento di indagine sul reale, ma anche come follia occupa un posto centrale nel romanzo).

Da segnalare il primo capitolo, che, costruito sull’ambiguità, e anzi il “depistaggio”, (si pensi alla prima partita di scacchi descritta ne “il paradiso degli orchi” ) fonda l’effetto sorpresa su toni meravigliosamente surreali.


"Signor Malaussène" è edito da Feltrinelli.

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Sunday, July 02, 2006

L- Barry Gifford : Port Tropique

Franz Hall è un americano che vive di contrabbando a Port tropique, nell’America centrale; quando nel paese scoppia la rivoluzione, e Raoul, leader dei rivoltosi, sale al potere, i traffici subiscono un rallentamento; Franz decide allora di tentare la fuga con mezzo milione di dollari in una vecchia valigia.

Resosi conto del rischio che sta correndo torna sui suoi passi e cerca la protezione di Raoul, quindi, dato lo scarso successo ottenuto, lascia nuovamente Port Tropique per recarsi negli Stati Uniti; ma i vecchi compari sono già sulle sue tracce…

Frammentato in una serie di brevissimi capitoli, Port Tropique riconferma la predilezione di Gifford per una narrazione cinematografica e stratificata (si veda anche il post riguardante “Cuore Selvaggio”), che però mal si applica a questo breve romanzo, sbilanciato nella dimensione della memoria, e fermo ad una piatta esteriorità che non rende certo giustizia ai personaggi.
Quasi totalmente privo di trama, stilisticamente meno radicale del più noto “Cuore selvaggio”, e certo non favorito dalla brutta, e tutt’altro che ineccepibile traduzione (es: “il serpente passò la valigia a un uomo sulla barca di cui Franz non riuscì a scorgere il viso, e questi la portò sottocoperta” pg. 24 ) nella quale è riproposto da “Einaudi”, Port Tropique delude e annoia.

“Port Tropique” di Barry Gifford è edito da Einaudi nella collana “Stile libero- Noir”.

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